nelle foto da sinistra: Potente, comandante della Brigata Sinigaglia, assassinato alla vigilia della liberazione di Firenze nell'agosto del 1944; la bandiera del Comitato di Liberazione toscano e Angelo Gracci partigiano (nel 1945) e negli ultimi anni

LA RESISTENZA CONTINUA:

UN MOVIMENTO SOCIALE DEGLI ANNI SETTANTA

Philip Cooke

Dal nr.4/04 di IL PONTE

(aprile 2004)  

Presentiamo in questa pagina un articolo dello storico inglese Philip Cooke. Non condividiamo l'insieme delle considerazioni che in esso sono contenute, ma crediamo sia un tentativo di ricostruzione plausibile del movimento La Resistenza continua, perchè basato su fonti di prima mano, quali quelle dello stesso Gracci. Perchè la memoria di 'Gracco' deve continuamente essere riattualizzata. La Resistenza continua, appunto.


 

La Resistenza è stata spesso considerata come un punto di riferimento fondamentale per il movimento studentesco che si sviluppò alla fine degli anni sessanta. In particolare, il concetto di “resistenza tradita” era talmente diffuso fra gli studenti che diventò un luogo comune. Analogamente, si ritiene, e anzi si afferma esplicitamente, che alcune delle organizzazioni terroristiche degli anni settanta, e in particolare le Brigate rosse, fossero influenzate dai loro progenitori della Resistenza. (1) Come ha osservato Richard Drake, nell'edizione del 1970 di Sinistra proletaria Renato Curcio e i suoi compagni lanciarono un appello per «l'organizzazione di una nuova Resistenza, per portare a termine l'opera lasciata incompiuta nel 1945» (2). Tuttavia, mancano quasi del tutto ricerche che indaghino seriamente il ruolo della tradizione resistenziale in questo particolare periodo della storia italiana. Lo scopo di questo contributo è avviare un'indagine preliminare su questo tema, prendendo in esame la storia del movimento «La Resistenza continua» (d'ora in avanti RC),  fondato a metà degli anni settanta da un gruppo di ex partigiani, e il cui omonimo periodico (d'ora in avanti «RC») esiste ancora oggi. (3). Verranno presi in considerazione anche movimenti analoghi, che ebbero però vita più breve, quali «Resistenza!» e «Nuova Resistenza»

 

La fondazione del movimento

 

Il movimento RC e il suo periodico vennero fondati nel 1974, dopo lo scontro che avvenne nel corso di una riunione tenutasi il 6-7 giugno a Milano, e i cui protagonisti principali furono da una parte un gruppo di partigiani della «linea rossa» del Pcd'I (m-l), il Partito comunista d'Italia marxista-leninista, dall' altra il gruppo dirigente, di area Pci, dell'Anpi (Associazione nazionale dei partigiani d'Italia). La riunione doveva coinvolgere tutti i presidenti provinciali dell'Anpi e tutti i comandanti partigiani, ed era stata convocata in risposta all' attentato terroristico di destra avvenuto il 28 maggio 1974 in piazza della Loggia a Brescia. Dopo il discorso di Arrigo Boldrini, presidente nazionale dell'Anpi, la sera del 7 giugno alcuni comandanti partigiani (Achille Stuani, Corrado Bonfantini (4), Alberto Sartori e Angiolo Gracci) presentarono a Tino Casali (presidente dell'Anpi milanese) la richiesta che il giorno successivo fosse consentito a Gracci di parlare per presentare una mozione intitolata Per la mobilitazione unitaria e urgente delle fòrze popolari e partigiane contro le "trame nere" e i crimini della reazione imperialista e fascista. La mozione chiedeva innanzi tutto il riconoscimento di partigiano caduto o invalido a tutti i lavoratori, a tutti i giovani stroncati o colpiti - dopo il 25 aprile 1945 - per avere sostenuto e difeso gli stessi ideali per cui caddero o furono colpiti i loro fratelli maggiori o i loro padri nel corso della prima Resistenza (5).

Prima dell'8 giugno Bonfantini, su pressioni del Pci, aveva chiesto che il suo nome fosse depennato dalla mozione. L’8 giugno stesso Ca­sali si rifiutò di dare la parola a Gracci, adducendo a motivo che quest'ultimo era stato espulso dall'Anpi diversi anni prima. In seguito alle ripetute proteste di esponenti dell'Anpi di Bergamo contro tale rifiuto, alla fine venne ammesso a parlare Alberto Sartori. Non è chiaro se poi l'Assemblea abbia votato o meno la mozione; comunque sia, dopo quest' episodio i partigiani dissidenti fondarono RC, che alla fine del 197 4 pubblicò il primo numero della sua rivista.

I fatti di Milano sono ovviamente fondamentali per poter comprendere la fondazione del movimento, ma sarebbe errato limitare la nostra analisi agli anni settanta. La formazione di RC non fu una reazione a un singolo evento o a una serie di circostanze specifiche della metà degli anni settanta. Mi sembra piuttosto che le ragioni della costituzione di RC possano essere individuate in un'insoddisfazione di più lunga data verso quelli che erano i canali ufficiali attraverso i quali si formava la memoria resistenziale della sinistra, in primo luogo l'Anpi e il Pci, un'insoddisfazione che anticipa il movimento studentesco e l'epoca dell' azione collettiva.

I primi episodi di questo fenomeno possono essere fatti risalire almeno al 1963, quando in un volantino firmato dai «Gruppi partigiani marxisti-leninisti» e distribuito al Congresso nazionale dell'Anpi, si denuncia l'Anpi stessa come una «organizzazione burocratico-commemorativa, [un] museo di cimeli», di cui il Pci ha preso il controllo, utilizzandola come strumento per la propria legittimazione politica. A causa di questa ap­propriazione da parte delle forze revisioniste del Pci, si sostiene, lo Stato borghese è riuscito a impossessarsi degli ideali della Resistenza. Ciò che appare ancora più grave, prosegue il volantino, è che il movimento par­tigiano italiano non è stato in grado di contribuire ai movimenti della stessa natura che si sono sviluppati in tutto il mondo (Grecia, Malesia, Corea, Vietnam, Cuba, Venezuela, Angola). Ritornando all'Italia, il volantino mette in guardia dal rischio che 1'attuale situazione spezzi «ogni continuità tra la generazione partigiana che è stata sul campo venti anni fa e la generazione dei suoi figli». Gli obiettivi «di ieri sono ancora quelli di oggi», e tutti i partigiani devono combattere per essi.

Non si sa con certezza chi fosse l'estensore del volantino, tuttavia la sua presenza nella documentazione dell' archivio di Angiolo Gracci lascia pensare che egli sottoscrivesse le argomentazioni in esso contenute.

 

Cinque anni dopo, nel 1968, Gracci venne espulso dall'Anpi in seguito al violento scontro che lo aveva opposto, all'interno della dirigenza fiorentina, a Mario Piricchi, presidente dell'Anpi toscana (6). I partigiani che dettero vita a RC, come esponenti della sinistra extraparlamentare, erano convinti che il modo migliore per portare avanti il loro lavoro fosse quello di formare una associazione partigiana che si ponesse fuori dall'Anpi.

Come abbiamo visto, due dei principali esponenti del movimento erano Angiolo Gracci e Alberto Sartori. A essi dobbiamo aggiungere Guido Campanelli, che non era presente alla riunione di Milano, ma sarebbe diventato una delle figure di punta del movimento. Erano tutti ex garibaldini, che un tempo avevano militato nel Pci. Per comprendere le caratteristiche di coloro che si impegnarono attivamente per promuovere RC, è opportuno soffermarsi brevemente su queste tre figure.

Campanelli entrò nel Pci nel marzo del 1942 e fu coinvolto nella preparazione degli scioperi di Milano del marzo 1943. Entrò nei partigiani nel settembre del 1943, diventando commissario politico di una brigata che aveva la sua base a Reggio Emilia. Usci dal Pci nel novembre del 1947, per protesta contro l'amnistia concessa da Togliatti e per l'inclusione dei Patti lateranensi nella Costituzione. Dopo il 1968 si iscrisse al Pcd'I (m-l). Venne processato per contatti con le Brigate ros­se alla fine degli anni settanta. Ha passato gli ultimi anni della sua vita a Bedford (Inghilterra), dove era diventato rappresentante di Rifondazione comunista.

La biografia di Alberto Sartori è a dir poco misteriosa. Emigrato in  Francia nel 1938, si trasferì successivamente in Africa. Qui accettò di collaborare con i servizi segreti alleati, i quali nell'agosto del 1943 riu­scirono a paracadutarlo ad Alessandria, dove venne quasi subito catturato dai tedeschi. Fuggito di prigione nel maggio del 1944, ricoprì diversi incarichi per conto della divisione Garemi, che operava nella zona fra il Lago di Garda e Vicenza. Per ragioni che rimangono poco chiare, dopo la guerra Sartori venne arrestato dagli Alleati, e passò un periodo in cella con Valentino Bortoloso, che era stato arrestato dopo gli omicidi di Schio. Quest'ultimo, sospettandolo di essere un infiltra­to degli Alleati, non gli riferì niente (7).  Poi Sartori scappò in Venezuela; ritornato in Italia negli anni sessanta, militò nel Pcd'I (m-l). Il «rapporto» in cui parla delle sue relazioni con Giovanni Ventura, accusato in­sieme ad altri di aver compiuto l'attentato di Piazza Fontana, venne pubblicato in appendice a Pum! Pum! Chi è? La polizia, il testo teatrale di Dario Fo.

Angiolo Gracci era stato uno dei comandanti della Brigata Sinigaglia a Firenze, e in tale veste si era scontrato con gli ufficiali alleati riguardo alla strategia da seguire per la liberazione della città. Dopo la guerra ritornò al suo lavoro con la Guardia di finanza, che lo inviò in una remota cittadina del Meridione per limitarne l'attività politica. Dive­nuto avvocato, fu poi fra i fondatori del Pcd'I (m-l) e negli anni settan­ta e ottanta fece parte del collegio di difesa in diversi processi per reati di terrorismo (come per esempio quelli a carico di esponenti di Prima linea e delle Brigate rosse).

Gracci, Campanelli e Sartori furono i principali protagonisti del movimento. Ma quali furono gli elementi che influirono maggiormen­te su di esso? Se guardiamo a quelli che venivano considerati i suoi punti di riferimento, senz' altro uno dei principali era rappresentato da Pietro Secchia, che durante la Resistenza era stato il commissario poli­tico nazionale delle Brigate Garibaldi. Anche se continuò a far parte del Pci fino alla morte, un misterioso scandalo finanziario noto come affare Seniga ne aveva distrutto l'influenza sul partito, e per tale motivo egli godette di una certa popolarità nella sinistra extraparlamentare (8). Gracci stesso, nel 1966, si era inutilmente impegnato in un tentativo mirante a persuadere Secchia ad accettare la presidenza onoraria del Pcd'I(m-l) (9). Vi erano molti motivi che avrebbero reso ovvia la scelta come presidente di questo ex partigiano, che riteneva vi fosse un legame diretto fra l'antifascismo del periodo resistenziale e i movimenti di contestazione sociale e politica del 1968 e che era stato messo ai margini dalla dirigenza del Pci. Ma Secchia era morto nel 1973, avvelenato dalla Cia, almeno secondo quanto lui stesso e altri hanno affermato. Così, scomparso Secchia, alla carica di presidente onorario venne nominato Achille Stuani, che era stato uno dei fondatori del Partito co­munista italiano, ma ne era uscito a metà degli anni sessanta. Poco tempo dopo, nel 1976, anch'egli morì. Oltre a Secchia e a Stuani, un altro punto di riferimento di RC nel periodo iniziale fu Gianbattista Lazagna, il quale rappresenta il più singolare, per non dire enigmatico, caso di un ex partigiano trascinato nei frenetici eventi degli anni settanta. Autore di una delle più interessanti opere di memorialistica sulla Resistenza (Ponte rotto), venne arrestato e tenuto in prigione per diversi mesi nel 1972. Il provvedimento si basava in gran parte sulla testimonianza di Marco Pisetta, al quale, come poi emerse, essa era stata dettata da altri. Anche se in quell' occasione Lazagna non venne processato, le autorità rimasero convinte di un suo attivo coinvolgimento in attività terroristiche, ed egli venne arrestato nuovamente nel 1974, nell'ambito di un'indagine sulle Brigate rosse. Il numero di RC, dell' aprile del 1975 riporta il testo di una lunga lettera di Lazagna, scritta dal carcere di Fossano il12 gennaio 1975. Vi si discute la situazione politica dell'Italia in quel momento, per poi affermare: «Noi ex partigiani [...] possiamo dare un contributo molto valido al processo unitario della sinistra rivoluzionaria» (RC, n. 2, aprile 1975, p. 3). La lettera si conclude con un' agghiacciante previsione di ulteriore violenza: «Ma dobbiamo accettare il fatto di avere morti, feriti e prigionieri, come ci sono stati in questi anni e come ce ne saranno ancora per molto tempo». Ancora una volta, però, venne rilasciato. Secondo la ricostruzione del terrorismo italiano proposta da Philip Whillan, i servizi segreti italiani avevano progettato di utilizzare Lazagna nell' ambito della loro strategia dopo il rapimento da parte delle Brigate rosse del giudice Mario Sossi del 1974. Sembra che i servizi segreti intendessero rapire a loro volta Lazagna per costringerlo a rivelare il nascondiglio delle Brigate rosse, per poi uccidere tutti quanti (compreso lo stesso Sossi)(10)

 

Lo sviluppo del movimento e la sua rivista

Passiamo ora a considerare lo sviluppo del movimento nella sua fase iniziale. Dopo gli eventi del giugno 1974, il successivo atto di militanza di RC ebbe luogo a Firenze il 22 settembre dello stesso anno, in occasione del trentennale della liberazione della città. A quella che veniva descritta come la «manifestazione ufficiale borghese-revisionista­-imperialista»,  i compagni di RC erano gli unici fra i partigiani che indossassero i loro fazzoletti rossi, disobbedendo in tal modo alle disposizioni ufficiali che prescrivevano di indossare fazzoletti tricolori. Vennero distribuiti volantini che attaccavano la Dc, e i soldati americani in parata vennero accolti al grido di «buttiamo a mare le basi Usa!» (11)

Gli anni di più intensa attività del movimento furono però, senza dubbio, il 1975 e il 1976. Il l e il 2 marzo 1975 si tenne a Bologna il primo congresso; vennero stampate due edizioni milanesi della rivista e quattro edizioni fiorentine, e vennero pubblicati un libro di Gracci e uno di Campanelli. Nel corso di una settimana di autogestione, i partigiani di RC intervennero in varie scuole della Toscana, di Milano, Monza e Rho. Il maggior colpo propagandistico venne messo a segno il 2 febbraio a Bergamo, quando Lydia Franceschi accettò, a nome di suo figlio Roberto, che due anni prima era stato ucciso all'esterno della Bocconi a Milano, la tessera di «partigiano ucciso in combattimento» (secondo quanto previsto dalla mozione presentata alla riunione mila­nese alla quale si è fatto riferimento). In occasione di un' altra dimostrazione, a Lecco, dopo il discorso di un partigiano di RC, la folla scandì lo slogan: «Partigiani non siete morti invano, riprenderemo presto il mitra in mano» (RC, edizione milanese, aprile 1975, p. 4).

Il primo congresso del movimento si tenne dunque a Bologna, con un numero di partecipanti che è difficile valutare. E certo che l'edizione milanese di «RC, prevedeva un afflusso limitato. I documenti di cui disponiamo parlano della partecipazione di partigiani, lavoratori, con­tadini e studenti sia del Nord che del Sud, anche se forse con qualche esagerazione. I lavori furono presieduti da Stuani, e giunsero messaggi di adesione da parte di Lydia Franceschi e di Lazagna. Era presente anche Adelmo Cervi, il figlio di uno dei sette fratelli Cervi. L'episodio principale del convegno fu la presentazione da parte di Gracci di un documento che tracciava la linea politica del movimento (e che venne pubblicato nell' edizione di «RC» dell' aprile 1975). Il documento è divi­so in cinque parti, e si apre con un'analisi della sconfitta della Resistenza dopo la guerra. I punti più importanti descrivono gli obiettivi del movimento, i suoi rapporti con la "sinistra di classe" e la diffusione del movi­mento in modo da coprire la situazione al Sud. È significativo, comunque, che il documento non venisse approvato dal congresso. Un articolo che analizzava gli eventi del congresso esprime disappunto per il fatto che la «proposta di linea rivoluzionaria e unitaria» non fosse stata accet­tata. La mozione conclusiva del congresso afferma invece che il «manifesto-programma» costituisce un «primo contributo», ma che la «linea politica» del movimento avrebbe dovuto. essere discussa in un secondo congresso nazionale, da tenersi entro il settembre seguente.

Nel corso del congresso, oltre al documento politico di Gracci vi fu il tentativo di Campanelli di introdurre una qualche organizzazione for­male. Anche in questo caso, l'ipotesi venne respinta, come riferisce lo stesso Campanelli nell' articolo Unire, organizzarsi, pubblicato nel secondo numero della rivista del 1975. Il motivo del rifiuto fu, anche se ciò può sembrare paradossale,  che  «essendo il livello organizzato troppo elevato, non era possibile accoglierle» «RC», n. 3, 1975, p. 7). Ven­ne raggiunta una soluzione temporanea, che assegnava al Comitato direttivo della rivista la responsabilità dell' organizzazione del movimen­to. Tuttavia, come sostenne Campanelli, la situazione non era semplicemente inadeguata, ma addirittura «paralizzante». Egli proponeva che prima del successivo congresso venissero istituiti dei circoli locali ovun­que vi fosse una presenza di RC, assegnando ai componenti una tesse­ra; ciò al fine di consentire lo sviluppo di un certo livello di organizza­zione regionale. Campanelli predispose poi una bozza di statuto da discutersi al secondo congresso, ma ancora prima di quella data le sue proposte dovettero scontrarsi con varie difficoltà. In un articolo sulla rivista del dicembre 1975 egli discusse le reazioni suscitate dalla sua proposta di attribuire una tessera ai membri di RC, sostenendo che nel Sud i compagni del movimento guardavano con molto favore all'idea della tessera, perché ciò li avrebbe aiutati a mantenersi uniti nella batta­glia contro il «nemico di classe» (p. 8). Altri, tuttavia, soprattutto quelli di impostazione anarchica o autonoma, sostenevano che l'idea della tessera «dev'essere categoricamente rifiutata». Un terzo gruppo riteneva che la tessera fosse importante, ma che i veri compagni che non desideravano averla non dovevano essere discriminati. Campanelli si dichiarava favorevole a questa terza via.

. È chiaro, quindi, che in questa prima fase della storia del movimento esistevano vari problemi con cui RC si doveva confrontare. Abbiamo già visto che il documento politico elaborato da Gracci non aveva riscosso una approvazione unanime, e che i tentativi di Campanelli per introdurre elementi di organizzazione avevano incontrato reazioni di segno diverso. Anche l'esistenza di edizioni distinte della rivista po­trebbero suggerire la presenza di una pluralità di approcci all'interno del movimento e di qualche contrasto su chi di fatto lo dirigesse. Una lettera ai «compagni di "La Resistenza continua", edizione di Milano» (apparsa in «RC», n. 3, 1975), è a tale proposito alquanto significativa, in quanto si apre con l'osservazione che «il Comitato redazionale unitario de "La Resistenza Continua"» era riuscito a ottenere una copia del numero di aprile (di Milano) solo a giugno, e che tale ritardo indicava un non adeguato funzionamento delle linee di comunicazione; ciò nonostante, proseguiva, differenze e contraddizioni del genere erano tipiche delle prime fasi di ogni movimento sociale.

Assieme al «manifesto-programma», l'edizione dell' aprile 1975 con­tiene vari altri articoli e la citata lettera di Lazagna del gennaio. Gli articoli affrontavano vari temi: le celebrazioni del trentennale della Liberazione, la figura di un gappista genovese del quale RC e altri avevano organizzato una commemorazione, le nuove leggi sull' ordine pubblico (con un'intervista a due anonimi magistrati), una lettera aperta ad Arrigo Boldrini e la “lotta antimperialista” a livello mondiale.

Fra i componenti del Comitato direttivo figuravano undici nomi provenienti da tutte le parti d'Italia, comprese la Sardegna e la Sicilia, ma non è chiaro quale fosse il loro effettivo contributo alla pubblicazione. Gli articoli erano firmati solo in qualche caso, e personalmente ritengo che la mag­gior parte di essi fosse scritta da Gracci.

A questo punto, vale la pena di chiedersi quale fosse la diffusione di RC. Non esistono statistiche sul numero totale degli aderenti, ma a metà del 1975 esistevano due circoli culturali di RC a Genova e a Salerno, e alcuni appunti manoscritti fanno pensare che del giornale venissero stam­pate 3.000 copie, la maggior parte delle quali dirette al Sud.

Il successivo numero di «RC» contiene diversi lunghi articoli. Quello di fondo analizza la situazione dell'lndocina, sostenendo che «l'impe­rialismo Usa ha subito in Indocina la più gigantesca sconfitta della sua storia». Le pagine 4 e 5 contengono contributi di Campanelli, Renzo del Carria e Gracci sulle elezioni imminenti12; «Annullare la scheda con scritte di protesta» è il consiglio che Gracci dà all' elettore (p. 5).

Ma probabilmente l'articolo più rivelatore e forse pili controverso che appare in questo numero è quello nel quale Gracci traccia un'analisi del significato della vicenda di Mara Cagol, che un mese prima era stata «uccisa in combattimento», e della quale si fa una fiera difesa.

L’articolo sulla Cagol, con il suo dichiarato sostegno alle Br, ci porta alla questione cruciale. Fino a che punto i membri di RC erano disposti a prendere le armi? Entriamo qui in un terreno delicato. Campanelli, come abbiamo visto, venne processato per associazione con le Br. Nessun altro esponente di RC è stato mai processato per imputazioni del genere, anche se mi sembra ipotizzabile che ci furono momenti nei quali la tentazione di passare a uno stadio ulteriore fu forte. L' abbozzo, molto sommario e non datato, di un «giuramento del partigiano garibaldino» di mano di Gracci mostra fino a che punto egli possa essersi spinto:

Giuro di lottare con fedeltà e onore sino all' estremo sacrificio per la liberazione del mio paese; di non deporre l'arma che mi conquisterò [...] prima di avere spazzato via del suolo della Patria l'ultimo occupante imperialista Usa e l'ultimo traditore fascista, di aiutare la riscossa autonoma del popolo del nostro meridione oppresso [...] di combattere sino alla morte contro ogni intrusione [...] di lavorare con tutte le mie forze - a vittoria ottenuta - per la ricostruzione socialista del mio paese e per fare del mio popolo un popolo veramente libero

E' importante sottolineare che questo rimase nient'altro che un abbozzo, e che non fu un documento pubblicato ufficialmente da RC. In questo contesto, è opportuno fare riferimento anche al supplemento dell'edizione del dicembre 1975, nel quale si ricorda ai lettori che nel progetto originale della Costituzione italiana era compreso un articolo che proclamava il diritto alla resistenza, e il cui testo, accantonato a quanto pare in seguito all' obiezione del ministro democristiano Gonella, era il seguente: «Quando i poteri pubblici violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla costituzione, la resistenza all'oppressione è diritto e dovere del cittadino». Al testo di questo articolo poi lasciato cadere si farà spesso riferimento negli anni a venire, in quanto esso avrebbe fornito una giustificazione legale, almeno dal punto di vista di RC, del ricorso alla violenza.                               

La copertina del numero di dicembre del 1975 è interamente dedicata a Pietro Bruno, un' attivista di «Lotta continua» morto a Roma «as­sassinato dai carabinieri» (p. 3). Come Roberto Franceschi, egli viene considerato un partigiano: «è caduto un altro partigiano». Il numero e il supplemento del dicembre 1975 segnano la conclusione delle pub­blicazioni di quell' anno, almeno per quanto riguarda la rivista. Vi fu­rono tuttavia, come abbiamo già ricordato, due altre significative pub­blicazioni: il libro di Campanelli e la ristampa del volume di memoria­listica di Gracci.

Il libro di Guido Campanelli (I943-1945: Resistenza come rivoluzione) rappresenta una delle opere chiave del movimento e una fonte fon­damentale per comprenderne le idee e gli atteggiamenti. Oltre al testo dell'autore, il volume contiene anche una prefazione di Gracci e il «manifesto-programma» del movimento. Il primo dei dieci capitoli è intitolato polemicamente «La Resistenza è stata rossa» (che era anche uno degli slogan più popolari fra i giovani degli anni settanta). Per sostenere le sue argomentazioni, Campanelli utilizza lunghe citazioni, e l'autore che ricorre maggiormente è, cosa che non sorprende, Pietro Secchia. Il libro venne scritto nell'arco di pochi mesi e rappresenta una diretta risposta al clima e alla situazione che si erano creati in Italia a metà degli anni settanta. Possiamo comprenderne meglio l'importanza e le ragioni che stavano alla base della sua rapida redazione grazie ad alcuni appunti manoscritti di Gracci, relativi a una discussione tenutasi a Castelfiorentino fra esponenti di RC, e all'iniziativa di "lancio" del libro che avvenne a Firenze il 16 maggio 197513.

Dagli appunti presi da Gracci durante la riunione di Castelfiorentino emerge che Campanelli fu quello che parlò di più; assume un'im­portanza fondamentale non solo il fatto che egli avverta che è imminente un ritorno alle «condizioni di 30 anni fa», ma anche il confronto che stabilisce fra la situazione del momento e quella del 1920-21: «oggi stiamo percorrendo una strada paurosamente simile a quella del '20­-21». Nel prosieguo della discussione Campanelli sottolinea come il punto centrale del libro dal punto di vista politico sia la svolta di Salerno (cioè la decisione di Togliatti di cooperare con gli altri partiti e di rinviare la risoluzione delle differenze politiche a dopo la guerra), con­siderata come un momento decisivo per la sconfitta della Sinistra (14). L’esigenza di trasmettere il significato del libro e della Resistenza ai giovani viene appassionatamente sottolineata. Nel momento cruciale della discussione, Campanelli procede quindi a esaminare quale debba essere il ruolo di RC: «Il nostro compito di vecchi partigiani non è di stare alla testa, ma dentro il movimento per trasmettere ns. esperienze» (il corsivo è una sottolineatura nell' originale).

 

Nella successiva presentazione fiorentina del libro vengono sviluppate alcune delle idee che abbiamo potuto ricostruire in base alla discus­sione di Castelfiorentino. Campanelli apre la manifestazione affermando che il libro avrebbe dovuto essere presentato da Gianbattista Lazagna: ma in quel momento, come sappiamo, Lazagna era in carcere a Fossano; poi prosegue sottolineando la natura "rossà' della Resistenza, tema affrontato dal primo capitolo del libro. Il tradimento della Resistenza da parte di Togliatti è manifestato non solo dalla svolta di Salerno, ma dal suo atteggiamento verso i partigiani per tutto il corso della Resi­stenza. Cosi, secondo negli appunti di Gracci, «Togliatti non ha mai amato i partigiani [...]. Togliatti, solo il 4.4.44 manda un messaggio ai partigiani, ben 6 mesi dopo essere sbarcato». La discussione prosegue quindi con l'intervento di «Michele», che attacca la storia della Resistenza scritta da Roberto Battaglia (15), un libro che dedica soltanto due righe alla brigata «Stella rossa», il cui orientamento politico si poneva molto a sinistra rispetto al Pci (16). La discussione si sposta quindi sull' attualità, con Campanelli che chiede: nel caso di un colpo di Stato di tipo "cileno", dovremmo «andare in montagna o stare in città?» I presenti proseguirono quindi a considerare le difficoltà che gli elicotteri nemici avrebbero potuto rappresentare nel contesto di una “nuova” guerra partigiana. E chiaro che quelli che parteciparono alla discussione, come molti altri nella sinistra, avevano sinceramente paura di un colpo di Stato delle destre. Gli appunti di Gracci, per quanto a questo punto siano di difficile decifrazione, sembrano suggerire che se si fosse verificato un colpo di Stato «gli elementi catalizzatori [per una contro­rivoluzione] sarebbero necessariamente rappresentati i vecchi partigiani" (il corsivo è una sottolineatura nell' originale).

Il libro di Gracci, Brigata Sinigaglia, pubblicato nell'aprile del 1945, era stato uno dei primi libri di memorie sulla Resistenza a uscire. La ristampa di una seconda edizione, presso Feltrinelli, rappresentò chiara­mente un atto politico. Si deve ricordare che il libro di Giovanni Pesce, Senza tregua, con la sua famosa descrizione della morte del gappista Dante di Nanni, era in quegli anni fonte di particolare ammirazione per i giovani. L'edizione Feltrinelli si differenziava da quella del 1945 per un aspetto significativo, la fotografia di copertina. Nella versione del 1945 l'immagine era stata artificiosamente corretta, a quanto pare con l'assenso di Mauro Scoccimarro, facendo si che i pugni levati dei partigiani scomparissero. Nella nuova versione i partigiani salutavano nuovamente con il pugno alzato, sottolineando in tal modo, come avveniva nel libro di Campanelli, il carattere di «guerra di classe» della lotta partigiana. .

Rispetto al 1975, nel 1976 le attività di RC sembrano diminuire. Venne pubblicato un solo numero della rivista, nel quale si annuncia che il secondo congresso di RC si sarebbe tenuto il 19 e il 20 marzo. In preparazione dell'incontro, si pubblicava il testo di uno statuto, nel quale viene esposto in dettaglio il modo col quale sarebbero stati strut­turati i vari circoli e quali sarebbero stati i loro rapporti con la dirigen­za. Ma il numero seguente di «RC» uscirà solo nel gennaio del 1978, dopo una lunga pausa che sembra indicare un ridimensionamento del­le attività e delle fortune del movimento. Tuttavia, è improbabile che RC sia rimasta inattiva nel corso del 1977 , l'anno che rappresenta il canto del cigno dell'epoca dell'azione collettiva. Ma cosa accadde in realtà? Per quanto riguarda il secondo congresso, non disponiamo di informazioni sufficienti. Comunque andassero le cose, sembra che la situazione finanziaria del movimento fosse precaria, e ciò ostacolava la pubblicazione della rivista. Nel numero del 1976, infatti, ci si scusava per la scarsa qualità del prodotto. Allo stesso tempo sembra che Gracci si fosse interessato all'uso della radio come strumento per diffondere il messaggio di RC (come testimoniano gli appunti conservati nel suo archivio). Inoltre, egli cominciò a impegnarsi attivamente nelle lotte del Meridione, pre­stando la sua opera come avvocato a difesa di una serie di persone che erano state arrestate in seguito ai fatti di Battipaglia (uno dei principali centri del conflitto nel 1969) (17). Di fatto, questa vicenda portò all'elaborazione della più memorabile­ e duratura immagine di Re, un manifesto nel quale su un lato era stampata una foto che ritraeva dei partigiani e sull' altro era riportata l'immagine dei detenuti di Battipaglia nell' atto di salutare a pugno chiuso lo stesso Gracci quando egli si era recato a dar loro l'annuncio che erano stati rimessi in libertà (18).

Il crescente meridionalismo di RC è ben dimostrato dal numero della rivista uscito nel gennaio del 1978, che contiene un supplemento intitolato Meridione svegliati, nel quale vengono descritti in dettaglio gli scioperi dell' anno precedente a Battipaglia e nei dintorni.

l contatti con gli altri movimenti

RC non era certo l'unico movimento del suo genere. Nel 1976 un gruppo di ex partigiani fondarono il Cuam (Collettivo unitario antifascista militante), della cui rivista «Resistenza!» vennero pubblicati cinque numeri fra il marzo del 1977 e il maggio del 1979. Analogamente, ancora una volta a Milano, il «Coordinamento dei comitati antifascisti» pubblicò il foglio «Nuova Resistenza». Quest' esperienza fu tuttavia più breve, e si esami nell' arco di due numeri (aprile e luglio 1977) (19).

I I primi passi di «Resistenza!, possono essere fatti risalire al giugno del 1976, come dimostra una lettera indirizzata a Gracci il 2 giugno 1976, nella quale si chiede a lui e ad altri partigiani di concedere il loro nome per un appello all'unità nelle elezioni del 20 giugno successivo. Il testo dell' appello collega esplicitamente la “prima” Resistenza con la seconda. Così, le «aspirazioni a una società socialista» vengono viste come «il filo conduttore che unisce la Resistenza alle lotte studentesche e operaie del '68 e del '69». I partigiani del Cuam proseguono invitan­do i lavoratori, le donne, i giovani e tutti i sinceri antifascisti a votare in modo che «lo spirito e i contenuti della Vecchia e della Nuova Resistenza diventino concreta piattaforma politica per la trasformazione socialista del nostro paese».

La risposta (10 giugno 1976), che reca le firme di Gracci, Sartori,Campanelli e di quattro altri membri di RC, esprime sostegno per l'appello, ma evidenzia anche l'esistenza di due diverse aree ideologiche. In primo luogo, RC chiede che nel testo venga inserito l'impegno a «scac­ciare gli imperialisti Usa dal nostro paese»; in secondo luogo, e ciò appare fondamentale, RC esprime le proprie riserve in merito all'idea che le masse, nella prospettiva del Cuam, saranno infine capaci di modellare il loro destino mediante il voto. RC suggerisce un approccio più rivoluzionario alla lotta contro gli sfruttatori, sostenendo che «il voto non può sostituire in alcun modo questa lotta» (il corsivo è una sottolineatura nell' originale).

«La Resistenza continua» dopo il 1977

 

Come abbiamo visto, gli altri due movimenti che vennero fondati negli anni settanta ebbero vita breve. Da parte sua, RC ha una storia pili lunga, anche se a partire dalla fine degli anni settanta sembra aver conosciuto una fase decisamente difficile. Le difficoltà sono ampia­mente illustrate nella minuta di una lettera di Gracci al Comitato di­rettivo della rivista, datata 2 dicembre 1979.  La lettera, che a quanto pare venne effettivamente spedita, comincia con la constatazione che negli ultimi due anni il movimento aveva subito le conseguenze di «una crisi generale della sinistra rivoluzionaria» (20). Inoltre, esistevano contraddizioni irrisolte all'interno del movimento operaio internazionale. Per tali ragioni, prosegue Gracci, «la semplice evocazione della Resistenza non appare più sufficiente nel nostro paese». Ciò detto, Gracci ritiene comunque che alcune cose siano state realizzate; la linea esposta nel «manifesto-programma» rimane valida, «i giovani fortemente politicizzati vi si riconoscono» ed essa ha influenzato anche il pensiero di movimenti sindacali del Meridione. È giunto il tempo di rilanciare il giornale «come periodico di un fronte potenziale di forze più vaste». Questo cambiamento di accenti dovrebbe essere reso chiaramente evidente nel titolo della rivista, dove le parole «Avanti popolo» dovrebbero dominare o almeno avere lo stesso rilievo de «La Resistenza conti­nua», e dovrebbe comparire anche il motto «proletari e popoli oppressi di tutto il mondo, unitevi».

Il successivo numero della rivista, datato luglio-agosto 1980, viene pubblicato a circa due anni e mezzo di distanza dal precedente. Si no­tano dei cambiamenti nella grafica, ma l'identità della rivista non è mutata in modo cosi deciso come Gracci aveva suggerito, circostanza che implica un certo ripensamento da parte sua. Nel decennio successivo il foglio mantiene la propria linea antimperialista, dedicando ampio spazio al caso di Silvia Baraldini, detenuta negli Stati Uniti e considerata dalla sinistra italiana una prigioniera politica. Sempre nel corso degli anni ottanta Gracci fondò una associazione insieme al filosofo della scienza Ludovico Geymonat, che contribuì con diversi articoli informati alla sua personale visione del comunismo. Negli anni novanta la pubblicazione di RC continuò in modo sporadico, e il culmine della sua attività si ha con il numero speciale del cinquantesimo anniversario della Liberazione.

Conclusione

 

Sulla base di questa prima ricostruzione della storia del movimento è possibile trarre alcune conclusioni riguardo al suo significato e prendere in esame ciò che essa ci rivela della sua forza e della sua debolezza. Infine, possiamo cominciare a valutare se un'analisi dell'esperienza di RC possa fornirci elementi utili per valutare la tradizione resistenziale nel suo complesso.

La Resistenza continua non può certo pretendere di essere stata un fenomeno di massa. Il suo momento più alto, come per altri movimen­ti sociali, coincide con la metà degli anni settanta, ma essa non ha mai attirato lo stesso numero di aderenti di organizzazioni quali, per fare un esempio, Lotta continua. Quale che sia stato il suo successo, è evi­dente che il primo motore di RC è stata, ed è tuttora, la figura carisma­tica di Angiolo Gracci. Ma spiegare RC solo in rapporto a questa figu­ra dominante è ovviamente insoddisfacente. Penso che dovremmo collocare il movimento all' interno della lunga tradizione dell' antifascismo italiano, e in particolare dell'antifascismo fiorentino. Non è un caso che il centro organizzativo di RC sia la stessa città nella quale è sorta la comunità dell'Isolotto, che oggi è una delle ultime vestigia viventi dei movimenti di protesta della fine degli anni sessanta. Come la protesta dell'Isolotto, il movimento RC è stato caratterizzato dalla sua attenzio­ne per una solida «questione fondamentale», e ha dimostrato al tempo stesso una notevole flessibilità e capacità di "assorbire" un' ampia varie­tà di altre questioni. Ma in fin dei conti, penso si possa ipotizzare che anche questa duttilità è stato uno dei motivi dell'insuccesso di Re. La tendenza a mettere insieme la Resistenza, l'antimperialismo, il meridionalismo e così via, e a vederli tutti come parti di un unico continuum, è servita senz' altro a mantenere viva la memoria della Resistenza, ma a costo di pagare un prezzo. Il prezzo è che la Resistenza che continua non è la Resistenza, ma la Resistenza come metafora o come simbolo. Di fatto, su una scala più ampia, è possibile applicare questo stesso concetto di elaborazione metaforica al movimento resistenziale nel suo complesso.

Dalla manifestazione de massa del 25 aprile 1994 a Milano si sono tratte molte conclusioni, ma in realtà quella manifestazione aveva poco a che fare con la Resistenza in quanto tale. Analogamente, nel 1999 il numero dei partecipanti alle celebrazioni del 25 aprile è stato impressionante, ma in quell' occasione il vero tema era rappresentato dalla situazione in Kosovo, e la celebrazione della Liberazione agiva da pretesto. Il discorso di Arrigo Boldrini, centrato sulle repubbliche partigiane, si rivolgeva a orecchie in gran parte sorde. La Resistenza rimane nella memoria pubblica, ma solo nei termini dei suoi aspetti evocativi.

Lo studio del movimento RC ci fornisce quindi una serie di indicazioni riguardo a un aspetto della tradizione resistenziale negli anni settanta, ma può anche, come si è tentato di suggerire in questo paragrafo conclusivo, essere emblematico del motivo per cui il movimento della Resistenza in generale non è stato mai pienamente capace di portare avanti il proprio messaggio e di diffonderlo alle generazioni successive.

(traduzione dall'inglese di David Scaffei)

  Philip Cooke, da Il Ponte nr.4/04 - aprile 2004, pp.120/135

NOTE

* L' undici marzo (ndr, è il 9 marzo) dopo una breve ma inesorabile malattia, è mancato Angiolo Gracci, comandante  partigiano. Questo saggio, già comparso in lingua inglese nella rivista «Modern Italy» (2000, n. 2, pp. 161-173), vuole essere un omaggio alla Sua persona e alla Sua opera.

1 Ho affrontato più dettagliatamente il tema dell'influenza della Resistenza sul terrorismo degli anni settanta nella mia relazione A (ri)conquistare la rossa primavera: la neo­Resistenza negli anni Settanta, tenuta nell' ambito del convegno «Italy in the 1970s», Università di Bath, 20-21 novembre 1999.

2 Cfr. Richard Drake, The Revolutionary Mystique and Terrorism in Contemporary Italy, Bloomington-Indianapolis, Indiana University Press, 1989, p. 10. Nella prefazione al volume, Drake rileva che «definendosi espressamente studi della Resistenza, le Brigate rosse descrivono l'Italia come un paese occupato [..] Nelle loro menti il parallelo storico, nonostante alcune differenze superficiali, risulta esatto in quasi tutti i punti essenziali" (p. XIV).

3 La fonte principale utilizzata in questa ricerca è l'archivio del «Fondo Gracci - La Resistenza continua» (FG-RC), depositato presso l'Istiruto storico della Resistenza in Toscana di Firenze da Angiolo Gracci, uno dei fondatori del movimento. L:archivio è attualmente in corso di inventariazione. Sono particolarmente grato a Paolo Mencarelli e a Laura Bitossi, che mi hanno permesso di accedere alla documentazione. Desidero inoltre ringraziare la British Academy, che ha finanziato le mie ricerche a Firenze.

4 Bonfantini era stato coinvolro, fin dal 1966, nella formazione dell'Unione italiana della Resistenza (Uir), che ebbe una breve esistenza. Per maggiori informazioni al riguardo, cfr. la Lettera agli amici della Resistenza e l'Appello dell'assembLea dei promotori del!'UIR, in FG-RC.

5  Il testo integrale della mozione si trova in un volantino ciclostilato, intitolato Morte al fascismo, NO al revisionismo! I compagni partigiani marxisti-leninisti smascherano il falso antifascismo dei dirigenti revisionisti, in FG-RC, oltre che in Il perché delle stragi di Stato. L'azione dei marxisti-leninisti contro la trama nera delle stragi di Stato, a cura della "Linea rossa" del Pcd'[ (m-l), Edizione di «Avanti popolo», Firenze 1974, pp. 165-67. Il volantino è un documento molto utile per comprendere quale fosse in quegli anni la natura dell'atteggiamento di questo gruppo marxista-leninista nei confronti dell'Anpi, e in particolare di Boldrini. Questi, per esempio, viene descritto come «ridottosi da decenni a ossequiente e burocratico presidente delI'Anpi», e il suo discorso viene bollato come il «più vergognoso rapporto della sua carriera politica».

6  Per i particolari della vicenda cfr. Athos Fallani, Note su quarant'anni di vita de!­l'ANPI provinciale di Firenze, Anpi, Firenze 1985, e inoltre la ricerca di Serena Innamorati, Per l'unità della Resistenza: quarant'anni di vita dell'ANPI a Firenze e in Toscana. 1945-1985, Milano, La Pietra, 1990. Fallani fa riferimento a un «duro scontro, in merito alle «posizioni anti-unitarie» di Gracci. L’incidente è descritto anche da «Il resto del Carlino», 20 agosto 1968 e da «Nuova Unità», 21 ottobre 1967.

7  Ringrazio Sarah Morgan, studiosa dei fatti di Schio, per l'informazione relativa all'incontro di Sartori con Bortoloso.

   8  Seniga era uno stretto confidente di Secchia, che sparì con ingenti fondi di partito, a quanto pare per protesta contro le scelte che il Pci stava compiendo.

   Per ulteriori particolari sull' episodio cfr. Ferdinando Dubla, Secchia, il PCI e il '68, Roma, Datanews, 1998, p. 62.

  10  Per maggiori dettagli su questa strana vicenda, cfr. Philip Whillan, Puppetmasters:The Political Use of Terrorism in ltaly, London, Constable, 1991, p. 199.

  11 Queste informazioni sono ricavate dalla prefazione al Manifèsto-programma statuto del Movimento Militante Antimperialista-Antifascista ''La Resistenza Continua", in FG­ RC .

12 Del Carria  è noto in particolare per il suo Proletari senza rivoluzione, Roma, Samonà-Savelli, 1975.

   13  Gli appunti sono conservati in FG-RC.

 

14  I partigiani di RC parteciparono a un dibattito a Sesto Fiorentino su Togliatti, attaccando "due  professori del Pci" (Gruppi e Ragionieri): cfr. "RC", edizione milanese, 2, n. 1, marzo 1975, p. 2.

15  Roberro Battaglia, Storia della ReJistenza italiana, Torino, Einaudi, 1964.

16  La "Stella Rossa" ha ricevuto una trattazione piu ampia in Riccardo Anfossi, La Resistenza spezzata, Roma, Prospettiva, 1995.

 

17 Su queste varie attività esiste un'imponente documentazione audio, riprodotta su CD e conservata presso l'Istituto De Martino di Sesto Fiorentino. Quando ho condot­to la ricerca il materiale non era però ancora consultabile.

 

18  Il manifesto ebbe un'ampia diffusione nel 1977. Una foto conservata in FG-RC mostra varie copie affisse sul muro vicino alle foto dei partigiani uccisi in Piazza Maggiore a Bologna.

19 In un articolo del numero di maggio-giugno del 1975 di «RC» si rileva l'importanza del mantenimento dei contatti: «con i Comitati antifascisti-antimperialisti, con Ora e sempre Resistenza [...] e con movimenti politici come Avanguardia operaia, Lotta continua, Avanguardia comunista e vari movimenti marxisti-leninisti, sì da essere sempre presenti a ogni iniziativa popolare di massa» (p. 7).

   20  La lettera è conservata in FG-RC.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

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