linea Rossa

(nr.14 - gennaio-febbraio 2000)

 

LA MEMORIA TRADITA



PREFAZIONE A
Angiolo Gracci: LA RIVOLUZIONE NEGATA - Il filo rosso della Rivoluzione italiana, La Città del Sole, 1999
di Guido D'Agostino
Presidente dell'Istituto Campano di Storia della Resistenza

È importante, e oltremodo significativo, che sia Angiolo Gracci, partigiano e antifascista militante, a porsi in questo libro il tema della "rivoluzione negata", o, più precisamente, quello del "filo rosso" che unisce le diverse fasi della rivoluzione italiana, dal 1799 a oggi.

Per una serie di circostanze legate alla sua peraltro tutt'altro che banale autobiografia, l'Autore si è occupato nel tempo prima del 1799, quindi del Risorgimento nazionale - epilogo della stessa Repubblica Napoletana - infine della Resistenza e della Costituzione, con al centro le straordinarie Quattro Giornate di Napoli nel 1943. Così, nell'architettura finale del volume, la ricostruzione della vicenda storica incentrata sul ruolo del Mezzogiorno nella rivoluzione risorgimentale e sulla già ricordata Repubblica giacobina, con il suo tragico esito, prelude alla sezione della riflessione politica, il cui "cuore" è costituito, appunto, dall'individuazione e dall'analisi del filo rosso, di cui s'è detto, dalla Rivoluzione giacobina meridionale alla Rivoluzione resistenziale nazionale.

L'opera si conclude con importanti approfondimenti che riguardano le costanti interne e quelle esterne nel processo della rivoluzione italiana, la rivoluzione negata, la continuità rivoluzionaria e la normalizzazione moderata; infine, sul diritto di resistenza dei cittadini; in appendice, il preambolo alla Costituzione della. Repubblica Napoletana del 1799.

Com'è ovvio, il libro va letto e meditato da ciascuno vorrà accostarsi ad esso (e noi ci auguriamo francamente che siano in tanti), in quanto rappresenta un esempio non frequente, invero, nel quadro della pubblicistica storico-politica odierna, di coraggio intellettuale, anticonformismo, spirito critico e militante, ancora più apprezzabili in uno storico non professionale qual è il Gracci, toscano, ex-militare, già militante del P.C.I. e dell' A.N.P.I., animatore di lotte sociali e politiche nel Mezzogiorno negli ultimi decenni. E intanto, esso va segnalato per la sua tempestività e opportunità, nel pieno delle celebrazioni del bicentenario della Repubblica del '99, perché pone in un modo del tutto personale - la questione di fondo del rapporto di una comunità, nel caso, quella meridionale, con il proprio passato e il proprio futuro.
Chi scrive è del tutto persuaso della crucialità di tale punto, sotto il profilo della psicologia e dell'antropologia storico- politica.

Il passato di una comunità, in effetti la sua storia, prima variamente appresi e quindi percepiti e rivissuti attraverso il costante rapporto/contatto con l'ambiente e il territorio in cui è insediata e vive, è un fattore di identità e di cultura. Può avvenire, però, che qualità e ruolo della memoria agiscano in senso negativo e influiscano sulla carenza di autostima o sulla scarsa considerazione da parte degli altri (esterni alla comunità stessa). E questo sembrerebbe il caso, a lungo del Mezzogiorno e di Napoli, un caso che solo da relativamente pochi anni sta cambiando i propri caratteri (negativi) di fondo. Ne è una riprova, insieme una testimonianza ed anche un elemento propulsivo dei nuovi processi in atto, proprio ciò che si è verificato in occasione del Bicentenario del '99 e delle connesse celebrazioni. Al riguardo, è risultato davvero sorprendente lo straordinario impatto che la ricorrenza ha avuto dappertutto, spingendo ad una sorta di auto-inchiesta di massa sulle proprie origini moderne ed europee.

Napoletani e Meridionali hanno ravvisato in uno degli snodi fondamentali della propria storia l'esplicarsi di un altrettanto decisivo istinto di libertà, hanno riconosciuto i fili che al 1799 pervengono e quelli che di lì procedono e conducono ai moti costituzionali e risorgimentali, fino a quelli resistenziali nel cuore di questo secolo. È qui il filo rosso, rintracciato, di cui parla Gracci nella sua bella e importante opera, quel filo che connota una traiettoria lunga di una parte sostanziale e decisiva della società napoletana e meridionale nel suo cammino di democrazia, libertà e solidarietà, e nel corso della quale il testimone è passato anche per le mani di ceti diversi in un intreccio di forme e di forze che ha contagiato, ha pervaso di valori condivisi settori sempre più ampi di quella società stessa.

Insomma, una lezione esemplare di politica e di cultura, per tutti, nella consapevolezza che la memoria di un popolo non è racchiusa nell'attitudine antiquaria del guardarsi indietro, inseguendo miti e illusioni di improbabili e lontane stagioni felici, ma è cosa del tutto diversa, è progetto, tensione proiettata in avanti, sul presente e più ancora sul futuro dell'intera comunità.

PROF. GUIDO D'AGOSTINO
Presidente dell'Istituto Campano di Storia della Resistenza


 

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