linea Rossa
(nr.15 - aprile-maggio 2000)

 

UN SECOLO FA



Galarico "il barbaro" propone, nel suo sito Intenet (www.criad.unibo.it/galarico/FILOS_MY.htm), un articolo che abbraccia il periodo 1900-1905 nella Russia di Lenin, cruciali per la lotta che il grande rivoluzionario bolscevico condusse all'economicismo e all'opportunismo e che lo condusse alla coscienza di un'organizzazione autonoma della classe per sviluppare e dirigere il processo rivoluzionario. Il corretto inquadramento storico di Galarico consente, di fronte a scimmiottamenti attuali (alcuni farseschi e grotteschi, altri meno) di alcuni settori della sinistra di classe, con cui bisogna comunque insistentemente interloquire, di comprendere i presupposti di base dell' azione leninista e le caratteristiche della fase storica: "nessun movimento rivoluzionario senza teoria rivoluzionaria", la necessità di "definirsi e delimitarsi", ma nel contempo"la forza di un'organizzazione rivoluzionaria sta nel numero dei suoi collegamenti", vasta rete di organismi locali, programma minimo e programma massimo. Inoltre, come può l'organizzazione proletaria essere combattiva pur in periodo di ripiegamento e "riflusso" rivoluzionari. Linea politica e modalità organizzative come discrimine dei comunisti rispetto all'opportunismo. Da un secolo fa ad oggi, l'attualità della lezione leniniana correttamente interpretata per la sua applicazione creativa. Alcune sottolineature ed evidenziazioni del testo sono nostre.

DALL'ISKRA ALL'AVANTI!

Il quadro storico-politico (1900-1905) in cui avvenne la lotta di Lenin contro l'economicismo e l'opportunismo

di Galarico "il barbaro"




1900: NASCE L’ISKRA

A cavallo tra il XIX e il XX secolo il capitalismo entrò nella sua fase estrema e conclusiva, quella imperialistica. I monopoli divennero il fattore decisivo nella vita economica delle maggiori potenze capitalistiche e nella politica mondiale. Appena portata a termine la suddivisione del mondo in sfere d’influenza tra le nazioni colonialistiche, cominciarono a scoppiare le guerre imperialistiche (ispano-americana, anglo-boera e russo-giapponese) per la redistribuzione delle colonie e la modificazione delle sfere d’influenza. Nel corso del primo decennio del Novecento si formarono i blocchi imperialistici che in seguito avrebbero scatenato la Ia guerra mondiale.
In Russia il capitalismo, utilizzando l’esperienza tecnica e le ultime forme organizzative del progresso industriale degli altri paesi capitalistici, si sviluppava impetuosamente. Anzi, per i ritmi e la concentrazione della produzione la Russia già superava i paesi occidentali più avanzati, dei quali comunque continuava a restare l’anello più debole, poiché, accanto alle grandi fabbriche e officine, sopravvivevano imprese di dimensioni piccole e medie, dove i rapporti di lavoro erano caratterizzati da forme di sfruttamento pre- o paleo-capitalistiche. Inoltre nelle campagne predominavano le grandi aziende a conduzione di tipo semifeudale, che impoverivano enormemente i contadini (rappresentanti i 5/6 della popolazione attiva); e nell’eterogenea struttura economica russa conservava ancora una notevole importanza la produzione artigianale.
Allo sviluppo industriale degli anni ‘90 fece seguito la grave crisi europea del triennio 1900-1903, che coinvolse in breve tempo anche la Russia, dove si verificarono la rovina di un gran numero di piccoli e medi imprenditori, la conseguente formazione di grandi monopoli, una forte disoccupazione di massa, la carestia e la fame per milioni di persone. Questa situazione determinò la nascita del movimento rivoluzionario di emancipazione, di cui il proletariato urbano e industriale, di orientamento marxista, divenne l’elemento portante. La forza di quest’ultimo stava soprattutto nell’elevato livello della sua coscienza di classe, derivante dall’asprezza delle contraddizioni esistenti nel paese; e anche dai suoi stretti legami con gli strati proletari e semiproletari delle campagne.

«Liquidare il terzo periodo!»

Lenin cominciò a svolgere la propria attività propagandistica nella cintura industriale di Pietroburgo, dove già operavano una ventina di circoli marxisti, che nel 1895 si unificheranno nell’Unione di lotta per l’emancipazione della classe operaia, da lui stesso fondata.
L’Unione non si limitava a continuare l’indirizzo ideologico del gruppo plechanoviano Emancipazione del lavoro, del 1893, ma mirava anche a fondere il socialismo scientifico col movimento operaio, passando dalla propaganda del marxismo fra pochi operai d’avanguardia, all’agitazione politica sulle questioni di attualità fra le grandi masse della classe operaia.
In tal modo l’Unione preparava la formazione di un partito operaio rivoluzionario marxista. Sennonché, quand’essa riuscì a estendersi in tutti i principali centri industriali, organizzando gli operai che volevano scioperare, Lenin venne immediatamente arrestato e deportato in Siberia, dove resterà dal 1897 al 1900.
Nel 1898 si cercò ugualmente di costituire a Minsk il Partito operaio socialdemocratico russo (Posdr) (1), raccogliendo l’eredità dell’Unione, ma il Manifesto, lanciato a nome del congresso, non parlava di rivoluzione socialista guidata dall’alleanza operaio-contadina. Inoltre mancavano il programma e lo statuto, e i membri del comitato centrale furono ben presto arrestati.
Lenin, intanto, nel suo esilio proseguiva l’opera demolitrice delle idee populiste, dimostrando con lo studio scientifico, Lo sviluppo del capitalismo in Russia, che il capitalismo andava sviluppandosi non solo nell’industria ma anche nell’agricoltura.
Purtroppo una serie di fattori e circostanze di tipo sociale, politico e ideologico provocarono in quegli anni un arretramento della socialdemocrazia russa verso posizioni opportunistiche. Probabilmente ciò dipese anche dal fatto che nella polemica con i populisti i marxisti fecero valere soprattutto le ragioni ideologiche, tralasciando di considerare le possibili alleanze politiche in funzione anticapitalistica e antifeudale.
Anche in questo senso si può affermare che tra i fattori, diretti e indiretti, che generarono l’opportunismo, si possono segnalare: 1) lo sfascio dell’Unione di lotta e la mancata realizzazione di un partito operaio rivoluzionario, unitamente alla disorganizzazione dei vari comitati marxisti, circoli e gruppi locali, slegati tra loro e persino divergenti a livello ideologico; 2) la definitiva vittoria ideologica sul populismo e il successo di certi scioperi, tumulti e manifestazioni del movimento operaio, che resero il marxismo un fenomeno di «moda» fra la gioventù rivoluzionaria, spesso caratterizzata da idee confuse e inesperienza nelle questioni pratiche; 3) l’influenza negativa che sul piano teorico esercitava ancora la cosiddetta corrente del «marxismo legale» (cioè il marxismo di quegli intellettuali marxisti solo a parole che, scrivendo i loro articoli sulla stampa permessa dal regime, evitavano di riferirsi alla rivoluzione socialista); 4) l’imperversare delle feroci persecuzioni della zarismo, il quale sosteneva la moderna organizzazione della borghesia e la grande proprietà fondiaria.
Tutto ciò produsse tra le file della socialdemocrazia, disordine ideologico, oscillazioni politiche e confusione organizzativa, al punto che si decise di abbandonare l’agitazione politica a favore di una pura e semplice lotta per le rivendicazioni economiche (aumenti salariali, riduzione dell’orario di lavoro ecc.). Proprio mentre l’ascesa sempre più vigorosa del movimento operaio e l’evidente approssimarsi della rivoluzione esigevano, oggettivamente, la fondazione di un partito unico e centralizzato, capace di dirigere il movimento, s’imponeva invece, sul piano soggettivo, una tendenza radicalmente opposta, che dava al frazionamento organizzativo e allo sbandamento ideologico una giustificazione teorica.
La corrente che meglio incarnò questo atteggiamento opportunista -simile al revisionismo di Bernstein- fu quella del cosiddetto «economicismo» (l’economia agli operai e la politica alla borghesia liberale). Il suo «manifesto» venne scritto dalla Kuskova e da Prokopovic, e le due riviste che meglio la rappresentavano erano in Russia «Rabociaia Mysl» (Il pensiero operaio) e all’estero «Raboceie Dielo» (La causa operaia).
Il primo documento contro l’opportunismo economicista, cioè la Protesta dei socialdemocratici russi, Lenin, con altri 17 deportati marxisti, lo scrisse in Siberia nel 1899. Qui appare netta l’esigenza di creare un partito operaio indipendente che agisca nella più rigorosa clandestinità e che -come Lenin dirà qualche anno dopo nel Che fare?- si ponga come compito la liquidazione del «terzo periodo» della storia della socialdemocrazia russa, quello che, iniziato nel 1898, procedeva contemporaneamente alla prigionia siberiana di Lenin.

«Bisogna sognare!»

Scontata la pena, Lenin cercò di riprendere i contatti con i circoli marxisti di Pietrogrado, ma le intenzioni «omicide» della polizia zarista lo costrinsero nuovamente all’esilio. Convinto che «nell’Europa moderna, senza un organo di stampa politico, è inconcepibile un movimento che meriti d’essere chiamato politico», cioè che è «assolutamente impossibile concentrare tutti gli elementi di malcontento e di protesta politica», egli pensò di realizzare questa idea (2) a fianco di Plechanov, che allora viveva in Svizzera.
Il problema, in effetti, non era solo quello di ricostruire il disciolto Posdr, ma anche e soprattutto quello di ripristinare l’unità ideologica che gli economicisti avevano spezzato. E per poter fare questo occorreva un giornale che contribuisse a evidenziare i contrasti presenti all’interno della socialdemocrazia russa e a sviluppare, mediante l’attività politica, la linea che si riteneva più aderente all’ortodossia marxista. Esso insomma avrebbe dovuto svolgere un compito di propaganda ideologica, di agitazione politica e di coordinamento delle forze del partito.
Consapevole che senza «teoria rivoluzionaria» non avrebbe potuto esserci alcun «movimento rivoluzionario» e che questa teoria andava fatta acquisire agli operai «dall’esterno», attraverso i «rivoluzionari di professione», portando la protesta spontanea degli operai a un livello di chiara consapevolezza politica e scientifica - Lenin era giunto ad affermare che anzitutto ci si doveva «delimitare» risolutamente e con precisione dagli opportunisti.
Non intendendo fare del giornale «un semplice ricettacolo di concezioni diverse», ma, al contrario, lo strumento direttivo di una «tendenza rigorosamente definita», Lenin pensava di non precludere affatto le colonne del giornale alla polemica fra compagni, anzi, sperava che proprio in virtù di questa polemica si sarebbe potuto mettere in chiaro «la portata delle divergenze esistenti», permettendo in tal modo alle organizzazioni locali di scegliere con cognizione di causa fra le due correnti dominanti: marxismo (o, se si vuole, leninismo) ed economicismo.
E così, dopo aver contattato numerose organizzazioni socialdemocratiche della Russia ed essersi accordato per un loro appoggio al giornale e aver designato i futuri collaboratori e corrispondenti, Lenin, con l’appoggio di Plechanov -il quale comunque si assicurò la maggioranza della propria linea nella redazione (3) - e con l’assistenza della sua infaticabile moglie, fece dell’Iskra (la scintilla) il centro illegale di unificazione delle forze del partito, di reclutamento e di formazione dei quadri.
Sperando di passare inosservati, essi scelsero come sede della redazione una città brulicante di studenti, Monaco, ma la corrispondenza passava per Praga, affinché le spie zariste non scoprissero il luogo dove veniva edito il giornale. Il primo numero apparve a Lipsia nel dicembre 1900; quelli successivi vennero pubblicati a Stoccarda, Monaco, Londra e Ginevra.
Dopo che Lenin e gli altri della redazione furono costretti a trasferirsi a Londra perché, riconosciuti dagli studenti che simpatizzavano per loro, temevano di essere espulsi dal paese, Plechanov (4) e Axelrod, tornati in Svizzera, si limitarono a collaborare in modo discontinuo, non avvertendo con l’urgenza dovuta il compito di legare il socialismo scientifico al movimento operaio. Un compito che l’Iskra bene assolveva pubblicando cronache, corrispondenze inviate da tutta la Russia, resoconti di scioperi, tumulti, dimostrazioni, battaglie polemiche sulle questioni teorico-pratiche più importanti.
Proprio in quegli anni infatti iniziarono le prime manifestazioni veramente di massa degli operai. Dal 1o maggio del 1900 fino allo sciopero politico generale dell’ottobre 1905, che bloccò la produzione industriale di tutta la Russia, inaugurando l’insurrezione armata degli operai di Mosca contro l’autocrazia, fu tutto un susseguirsi di manifestazioni operaie sempre più combattive e politicamente consapevoli.
A Rostov sul Don (1902) gli scioperi partirono direttamente dalla lotta rivendicativa degli operai, invece di svilupparsi per adesione all’iniziativa politica degli intellettuali e degli studenti, come quasi sempre era avvenuto in precedenza. Lo sciopero nella Russia meridionale del 1903 fu caratterizzato da un’intera catena di agitazioni operaie -come mai prima era accaduto- all’interno delle quali svolsero un ruolo organizzativo di primo piano le associazioni socialdemocratiche collegate all’Iskra. La redazione infatti non si limitava a chiedere un’ampia diffusione del giornale in tutta la Russia, ovvero una collaborazione semplicemente «letteraria», ma pretendeva anche una collaborazione più propriamente «rivoluzionaria» (p.es. attuando il trasferimento da un punto all’altro del paese, nei momenti critici, delle forze aggregate mediante il giornale, onde costituire un legame effettivo fra tutte le città della Russia).
I corrispondenti dell’Iskra -o, come venivano chiamati, i suoi «agenti»- svolgevano in Russia un lavoro molto difficile e pericoloso. Soggetti a costanti repressioni poliziesche, i vari Babushkin, Bauman, Sverdlov, Kalinin, Zelikson, Petrovskij, Stasova e molti altri ancora diffondevano le copie del giornale, le ristampavano con tipografie in loco, inviavano alla redazione lettere, articoli, materiali, organizzavano le raccolte dei fondi.
Lenin non si stancava di ripetere che «la forza di un’organizzazione rivoluzionaria sta nel numero dei suoi collegamenti». E’ proprio in virtù di questi collegamenti che l’Iskra potrà percorrere clandestinamente le maggiori arterie europee: da Londra a Kiev per Vienna e Leopoli, da Londra a Varna (porto bulgaro sul Mar Nero) da dove raggiungeva Odessa, e poi ancora da Londra al Mar Nero via Alessandria d’Egitto, da Tabriz (estremo nord della Norvegia) ad Arcangelo, da Stoccolma a Riga e Pietroburgo e così via.
Nella primavera del 1903 Lenin è costretto a lasciare Londra per Ginevra, dove comincerà a elaborare, insieme alla redazione, un progetto di programma del partito. Resosi conto che la linea dell’Iskra aveva già conquistato la maggioranza fra i comitati marxisti russi, pensò fosse giunto il momento per preparare la convocazione del IIo congresso del Posdr. Il compito più importante dell’Iskra era stato infatti questo: porsi come strumento capace di educare alla lotta politica cosciente le masse e soprattutto i dirigenti socialdemocratici (operai colti e intellettuali), attraverso i quali -coinvolti in forti organizzazioni politiche di base- si sarebbe poi dovuto costituire un partito di tipo nuovo. Ecco perché gli articoli del giornale erano scritti da quegli stessi militanti che, a livello locale e nazionale, stavano preparando concretamente la rivoluzione.
Il sogno di Lenin, espresso nel libro Che fare?, era appunto quello di far nascere un partito forte, omogeneo, centralizzato, marxista, rivoluzionario, prevalentemente operaio, reparto avanzato della classe operaia (al cui interno dovevano maturare i rivoluzionari di professione), dotato di una vasta rete di organismi locali, che lottasse per realizzare un programma minimo (l’instaurazione di una repubblica democratico-borghese) e un programma massimo (la rivoluzione socialista).
Il congresso, che aprì i suoi lavori nell’estate del 1903 a Bruxelles e che li concluse a Londra, fu teatro di una grande lotta sulle questioni tattiche, programmatiche e soprattutto organizzative. Gli appartenenti al gruppo dell’Iskra si batterono efficacemente contro gli economicisti, i bundisti (5) e altri elementi opportunisti spalleggiati da Trotski.
Si approvò un programma coerentemente marxista, quale non possedeva a quell’epoca nessun altro partito operaio al mondo, un programma che i militanti dovevano accettare integralmente, impegnandosi di persona in una delle organizzazioni del partito. «Bisogna preparare uomini che consacrino alla rivoluzione non solo le sere libere, ma tutta la loro vita», aveva scritto Lenin nel no 1 dell’Iskra.
Purtroppo però la vittoria del giornale -divenuto organo centrale del «nuovo partito»- fu di breve durata. I profondi dissensi venuti alla luce nel corso del congresso fra la maggioranza iskrista (bolscevichi) e la minoranza economicista (menscevichi) determinarono ben presto gravi conseguenze. Approfittando della posizione conciliante assunta da Plechanov, i menscevichi s’impadronirono dell’Iskra e, successivamente, anche del comitato centrale del partito. A capo di questa campagna antibolscevica si posero Martov, Axelrod e Trotski. Ciò poté avvenire anche perché il congresso non era riuscito a smascherare sino in fondo l’opportunismo dei menscevichi nelle questioni organizzative.
Il riflusso venne documentato da Lenin nello scritto Un passo avanti e due indietro (1904), nel quale sono delineati i principi fondamentali dell’organizzazione del partito, validi ancora oggi: stretta osservanza dello statuto; salda, unica e cosciente disciplina di partito; elettività di tutti gli organi dirigenti dal basso in alto; resoconto periodico di tali organi a quelli superiori; subordinazione della minoranza alla maggioranza; sviluppo della critica e dell’autocritica.
A partire dal no 52 l’Iskra, divenuta organo dei menscevichi, prese il nome di Nuova Iskra: era il 1° novembre 1903. La svolta non colse alla sprovvista Lenin e i suoi seguaci. Da tempo essi avevano compreso che un’organizzazione combattiva può essere creata anche in una situazione di declino dello spirito rivoluzionario. Ed è con questa organizzazione ch’essi potevano affrontare, sicuri di vincere, la linea scissionista dei menscevichi.
Nell’agosto del 1904 già erano impegnati per la convocazione del III congresso del partito; e il 4 gennaio 1905 uscì il primo numero del loro nuovo giornale: Vperiod (Avanti).
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NOTE
(1) La parola «socialdemocratico» va ovviamente considerata in un’accezione diversa da quella odierna.
(2) Già il Io congresso del Posdr l’aveva nominato caporedattore del futuro organo centrale del partito.
(3) Al suo fianco erano Martov, Axelrod, Zasulic e Potresov. Plechanov tendeva a sopravvalutare il ruolo della borghesia liberale e a sottovalutare quelle delle masse contadine rivoluzionarie. Questi errori furono il germe delle sue future concezioni mensceviche.
(4) Plechanov dirigeva anche la rivista scientifico-politica Zarià (Aurora), con la quale appoggiava il lavoro dell’Iskra.
(5) L’Unione operaio-ebraica generale raggruppava in prevalenza gli elementi semiproletari degli artigiani ebraici della Russia occidentale. Essi erano di mentalità piccolo-borghese e politicamente nazionalisti.



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