IL PARTITO- Linea Rossa
INDONESIA: IL MASSACRO DELLA SINISTRA E IL PKI

----- Amar Mounir -----



Al quarto posto nel mondo per popolazione (202 milioni di abitanti), l'Indonesia è anche il più grande paese musulmano del pianeta (87% della popolazione), anche se l'Islam non è mai riuscito ad imporsi completamente sul terreno politico.
Il fatto è che il movimento per l'indipendenza, dichiarata nel 1945 ma raggiunta con le armi solamente  quattro  anni  dopo,  sotto  l'autorità carismatica di Sukarno, è caratterizzato da un nazionalismo laico, osteggiato da un'opposizione islamica (armata dal 1948 al 1962).  Da questo crogiolo emerge uno dei più potenti partiti comunisti di questo secolo:  il Partito  Comunista Indonesiano PKI (Partai Komunis Indonesia),  forte di  3,5 milioni di iscritti, che dal 1959 al 1965 partecipa alla guida del paese.
Non è trascorso neanche un anno dalla "liberazione" del paese dal dittatore-despota (il fantoccio USA, generale Suharto) che il suo sostituto (B.J.Habibie, delfino del precedente dittatore, prontamente insediato dagli imperialisti) continua la politica di affamamento e repressione del suo predecessore. Contro la miseria crescente e la disoccupazione è riesplosa la protesta sociale con scontri di piazza, che hanno portato all'uccisione di decine di manifestanti da parte dell'esercito. Le masse popolari in questi mesi hanno constatato come il regime "democratico" non è poi tanto differente o meno sanguinario del precedente: alla protesta e alla lotta di operai, studenti e masse popolari risponde col piombo dell'esercito. Per nascondere la reale origine degli scontri, ce li presentano come scontri religiosi tra musulmani e cristiani.
(La Redazione)

IL MASSACRO DELLA SINISTRA INDONESIANA
Nel quadro della guerra fredda, questa forza preoccupa i militari e le forze conservatrici che nel 1965 decidono di liquidare fisicamente il PKI. Il capo della repressione, il generale Suharto, ne approfitta per stabilire la propria dittatura in un bagno di sangue; quasi un milione di comunisti, o presunti tali, vengono massacrati. Altri 500.000 sono imprigionati, ed alcuni verranno in seguito giustiziati.
La dittatura cerca di legittimarsì dando una parvenza di continuità costituzionale al proprio regime e richiamandosi ai principi di Sukarno (Pantjasi1a= Dio, Nazione, Umanismo, Democrazia, Giustizia sociale). Essa adotta un sistema totalmente controllato, con una camera puramente consultiva, un sistema di partiti successivamente limitato a tre (per arrivare a questa cifra il dittatore impone agli 11 partiti legali di unificarsi!), tra cui quello al potere (Golkar) e due opposizioni apparenti,  una  musulmana  (PPP-Partito Unità Sviluppo) e l'altra democratica per dar rifugio ad alcuni sukarnisti: il Partito  Democratico  Indonesiano  (PDI)  che conserva un'influenza nei quartieri poveri. I partiti devono fare ufficialmente atto di sottomissione e l'anticomunismo diventa legge.
Il regime si evolve. La sua laicità originaria, diffidente  nei  riguardi  di  un  islamismo concorrenziale, ha lasciato il posto alla ricerca di un'alleanza con questa corrente rivitalizzata negli anni '80. Il sistema economico iniziale, che favoriva una borghesia nazionale, si è evoluto verso un liberalismo mondialista facendo dell'Indonesia uno dei  migliori  allievi  degli  istituti  finanziari internazionali. Un notevole afflusso di capitali stranieri, un indebitamento gigantesco assicurano una crescita spettacolare ma fragile, una corruzione stimata al settimo posto al mondo ed un nepotismo assoluto.
Le  resistenze vengono soffocate e represse fino al momento in cui scoppia la crisi asiatica, abbattendo la prima facciata. In un colpo solo la moneta perde l'80% del valore, il livello di vita crolla del 43%, 5 milioni di persone si ritrovano senza lavoro. La rabbia esplode nei quartieri poveri e nelle università, con forza sufficiente da spingere, il 21 maggio 1998, il vecchio (77 anni) dittatore a dare le dimissioni, mentre pensava di non doversi ritirare fino al 2003; ma non sufficiente per rovesciare il regime. Gli succede il suo vice Yussuf Habibie, che introduce per la prima volta al governo rappresentanti degli altri due partiti legali.

LA CRESCITA PROGRESSIVA DELLE LOTTE SOCIALI

Il massacro dei comunisti aveva dissanguato la sinistra. Di fatto le prime manifestazioni di opposizione, che erano scoppiate negli anni '70 nei campus, erano espressione di studenti anticomunisti delusi dal regime. Bisogna aspettare fino al 1974 e al 1978 per vedere segnali netti di resistenza tra gli studenti, nei quartieri più poveri e, più tardi, nella classe operaia. La repressione ebbe la meglio. I movimenti erano disarticolati, divisi tra l'esilio e lo scoramento. Si ripresero negli anni '90, soprattutto nel 92-94, con manifestazioni cui presero parte parecchie decine di migliaia di persone, e poi particolarmente nel 95-96.

OPPOSIZIONI DEMOCRATICHE E MUSULMANE

Nonostante la loro relativa integrazione al sistema, i due partiti d'opposizione costituiscono, a diversi livelli, veri e propri elementi di resistenza alla dittatura. Quando nel 1993 Megawati, figlia di Sukarno, fu eletta presidente del PDI, divenne rapidamente la rappresentante naturale dei più poveri ed il simbolo di un'alternativa possibile a Suharto. Pur preoccupandosi di rispettare certi limiti imposti dalla dittatura, non esitò a proclamarsi candidata alla Presidenza. Il pericolo per il potere divenne tale che esso decise di favorire una manovra interna al suo partito, giungendo alla sua messa in disparte e alla nomina al suo posto di una figura inoffensiva: Suryadi. Nel luglio del 1996 si appropriò con la forza della sede del PDI. Questo misfatto servì da detonatore per scatenare la rabbia dei partigiani dì Megawati e, per contrappunto, servì da pretesto per un'ondata di repressione.
Il PDI rimane dunque diviso tra una base largamente devota (la parola non è troppo forte) a Megawati ed una direzione fantoccio, l’unica riconosciuta. Alle elezioni del 1997, nonostante le frodi, gli effetti sono immediati. I partigiani di Megawati favoriscono il partito musulmano (PPP) che passa dal 17 al 23%,  il PDI dì Suryadi crolla dal 15 al 3%. Suharto sembra il grande beneficiario, con un risultato record del 74%, ma si va delineando per lui lo spettro dell'unificazione dell'opposizione sotto l'egida islamica. Gli islamici costituiscono in effetti un vasto spettro di forze diverse, di cui alcune si richiamano alle tradizioni progressiste  e  tolleranti  della  religione,  che favoriscono la convergenza con forze democratiche di altro orientamento. D'altra parte, in nessun momento appare un vero e proprio fronte unito dell'opposizione.

IL PARTITO DEMOCRATICO DEL POPOLO

Nell'ambito  di  una  sinistra  decimata, clandestina o in esilio, viene alla luce un giovane partito (fondato il 2 maggio 1994, sotto il nome di Unione Democratica Popolare) che si impone subito alla ribalta: il Partito Democratico del Popolo (PRD), in indonesiano Partai Rakyat Demokratik. Piccolo ma molto attivo, raccogliie i propri quadri tra i movimenti sociali  apparsi negli anni '90, in primo luogo il movimento studentesco.
Politicamente l’organizzazione  si   considera rivoluzionaria e si caratterizza per la lotta in favore della democrazia, contro il capitalismo, contro il FMI e la Banca Mondiale e per il diritto all'autodeterminazione di Timor  Est.
La repressione si abbatte sul PRD il 27 luglio 1996, con  l’accusa  da  parte del  regime  di “comunismo” e di aver fomentato i disordini in difesa del PDI. l2 dei suoi principali dirigenti, trai 24 e i 27 anni d'età- tra questi il Suo presidente -vengono arrestati e imprigionati. In seguito altri quattro li raggiungono in galera.
Entrato in clandestinità dopo questi avvenimenti, il PRD tuttavia non scompare.
 Nel 1998 si distingue per l’animazione di un movimento studentesco che raccoglie una quarantina di campus.
Tuttavia,    dal    punto    di    vista dell'organizzazione, dopo la caduta della sua direzione il PRD sarebbe in preda a divisioni interne e oggetto di una certa emarginazione.

IL PARTITO COMUNISTA INDONESIANO (PKI)

Nato il 23 maggio 1929 il Partito Comunista Indonesiano condusse, a partire dal 12 novembre1926, una prima ribellione iniziale contro il colonialismo olandese. Ne seguì la sconfitta e la messa fuori legge. Qualche mese dopo i suoi iscritti e dirigenti furono giustiziati o deportati.
La sua influenza tornò a farsi sentire durante la seconda guerra mondiale, nella lotta contro i giapponesi e contro gli olandesi. Nel 1948, esso fu vittima di un secondo “terrore bianco” (teror putih), e poi di un terzo nel 1950. In questo periodo venne formato un nuovo Politburo, guidato da D.N. Aidit.
A partire dal 1959 il PKI, molto vicino al presidente Sukarno, raggiunse l'apice della sua inflenza. Nel quadro di un regime detto di "democrazia guidata", la Repubblica di Sukarno era allora minacciata dalle forze musulmane. Ma i militari erano più preoccupati per il peso del PKI. Fomentarono  allora un  colpo  di  stato  che, prendendo a pretesto un "golpe" tentato nel 1965 da ufficiali progressisti, portò di fatto alla fine di quest'esperienza repubblicana, per giungere al regime dittatoriale detto "dell'ordine nuovo"
[Il 30 setteritre 1965 alcuni ufficiali progressisti, preoccupati delle minacce contro il regime di Sukarno, organizzano un tentativo dl colpo di stato militare. Si sia trattato di una provocazione preordinata o di un tentativo maldestro, portato a termine  nonostante qualcuno li avesse preavvertiti, fatto è che ciò servì da pretesto per scatenare immediatamente il massacro.]
Il generale Suharto guidò la repressione che in poche settimane si trasformò in un massacro. Il partito comunista fu, nel giro di qualche mese,  liquidato (è il quarto "terrore bianco"). Nonostante la scomparsa della quasi totalità dei suoi dirigenti, il PKI - messo fuori legge - riuscì a convocare il congresso clandestino nel 1966 in cui venne eletta una nuova direzione guidata da Ruslan. Nonostante le perdite il PKI cercò di ricostituirsi e fu in grado di condurre una lotta armata di resistenza fino al 1978. Dopo la decimazione dei suoi partigiani a Giava Kalìmantan, il PKI riorientò la propria attività verso la costituzione dì un fronte unito. Molto indeboliti, i comunisti animano oggi una pubblicazione diffusa all’interno del paese, Suara Patriot (La Voce del Patriota).
Nella sostanza l'arrivo di Habibie al potere non ha modificato molto la situazione del PKI. In effetti, se il nuovo potere si è dimostrato favorevole a liberare alcuni prigionieri politici (ne resterebbero in tutto 200), ha fermamente escluso di fare altrettauto per gli ultimi  13 dirigenti del PKI ancora in prigione dal 1966. Inoltre, anche se è di nuovo possibile costituire partiti politici (ne sono nati una cinquantina nelle settimane successive), il partito comunista è ancora fuorilegge.
La strategia dei comunisti indonesiani di costituire un ampio fronte sotto il nome di Alleanza
Democratica e Patriottica passa per l'appoggio a Megawati, figura di primo piano dell'unione delle forze democratiche. Il giornale comunista Suara Patriot ha ad esempio annunciato che sosterrà la formazione di un collettivo presidenziale per governare l'Indonesia,  a condizione che questo annoveri Megawati tra i suoi membri.
"La cosa più urgente - scrive il giornale – è risolvere il problema della soddisfazione dei nuovi  bisogni quotidiani ("sembaku": riso, sale, olio, cipolla, aglio, pesce salato, zucchero, legumi, petrolio). A questo scopo dobbiamo rafforzare la nostra creatività, la nostra solidarietà, il lavoro collettivo (...). Non distruggiamo gli strumenti produzione! Evitiamo il vandalismo. E' importante  che gli  intellettuali si  uniscano al popolo. Chiediamo agli ufficiali sukarnisti di non attaccare la gente (...). Il movimento per le riforme non è riformista o opportunista. E’ un mezzo per coinvolgere ed educare il popolo sull’importanza di riunirsi e organizzarsi, di avere una disciplina ed una vita democratica (...). Ci sono molte maniere di contribuire a questo movimento: dalle semplici discussioni per risolvere i problemi della vita quotidiana alle manifestazioni e allo sciopero" (Suara Patriot, febbraio 1998).
E' ancora difficile, nell'attuale contesto di clandestinità, sapere quale sarebbe l'influenza di un PKI legalizzato, da un lato con le sue profonde radici storiche e l'azione che conduce attualmente, e dall'altro con le conseguenze della repressione, la dispersione delle reti clandestine, e, inoltre, i 23 anni di propaganda ostile.

Amar MOUNIR,
Corrispondenze Internazionali,
ott-nov-dic 1998





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