IL PARTITO- Linea Rossa
(nr.12, luglio-agosto 1999)

 
LA PROPAGANDA AL TEMPO DELLA GUERRA
Tempo di guerra, tempo di propaganda

di Pietro Secchia 





 

 
La guerra acuisce il bisogno di propaganda delle classi dominanti; l’informazione in regime democratico, infatti, si nutre di pluralismo, percorre le aspre vie  dell’inchiesta, cerca fonti sicure e offre a chi ne fruisce un veicolo di formazione. Così viene insegnato, così viene rivendicato dalle classi dirigenti borghesi e dal suo ceto politico, dalle sue grandi penne e dalle sue testate a grande tiratura. Così concepivano i costituenti quando licenziarono l’art.21 della Costituzione repubblicana antifascista del 1948. Ma così non è. E che così non sia,  non è astrazione ideologica marxista, ma la realtà che ciclicamente ci viene squadernata davanti. Per massacrare popoli, come quello serbo, l’imperialismo ha bisogno di chiudere gli spazi del dissenso: quando la loro politica si colora di morte è la morte della politica. E non di dissenso si tratta: la guerra mette a nudo le nefandezze di regimi sociali basati sulla forza militare imperiale, il carattere di classe delle strutture del dominio. I popoli sono contro la guerra, le classi dominanti borghesi sono contro i popoli: di qui la guerra. Stupefacenti le similitudini che attraverso l’articolo di Pietro Secchia che vi presentiamo, e che fu pubblicato da Rinascita  nel nr.8-9 dell’agosto-settembre 1950, possono farsi con i giorni nostri. Allora ‘i crociati della menzogna’ dovevano giustificare perché i coreani non avessero diritto a vivere in uno stesso sistema sociale senza egida imperialistica, oggi perché, in nome di false ragioni umanitarie, si sia colpito un popolo sovrano nei propri confini nazionali. E il compito della stampa e dei media di sinistra? Anche su questo problema l’articolo di Secchia interroga il nostro presente. Quando l’informazione delle classi dominanti si fa propaganda, i loro oppositori, le avanguardie coscienti, scoprono la loro inadeguatezza. Fra questi i comunisti e non quelli governativi, s’intende. Ma da questa inadeguatezza bisogna pur partire per capire che cosa fare. Oggi.
[a cura del Centro Studi e documentazione marxista – Archivio opere Secchia]

I crociati della menzogna
[articolo di Pietro Secchia in Rinascita nr.8-9, a.VII, agosto-settembre 1950, pp.388/390]

"La prima libertà della stampa consiste nel non essere un’industria, un mestiere"
CARLO MARX




Non da oggi la stampa è un potente strumento di cui si serve la classe dominante per mantenere la sua dittatura. Il grande capitale non domina solo con le banche, i monopoli, il potere finanziario, il tribunale e la polizia, ma con i mezzi quasi illimitati della sua propaganda e della corruzione ideologica. Mai, però, come oggi, il malcostume della stampa capitalista si è manifestato in forme così volgari e abiette.
Vi fu un'epoca,  agli  inizi dell'età moderna, fino alle rivoluzioni del secolo XVIII in cui, come ebbe a scrivere Lenin, la lotta per la libertà di stampa ebbe la sua grandezza perché era la parola d'ordine della democrazia progressiva in lotta contro le monarchie assolute, il feudalesimo e la Chiesa.
Ma nella fase di decadenza del capitalismo la stampa conservatrice e reazionaria ha perduto ogni senso morale e ogni pudore. Il giornalismo al servizio dei gruppi imperialisti è una forma corrente di prostituzione.
Il capitalismo in putrefazione ha bisogno per reggersi di mentire continuamente. La realtà lo accusa: dunque dev'essere falsificata. La fabbrica della menzogna è diventata arte, tecnica, norma di vita.
Non si deve sottovalutare il pericolo rappresentato
dalla propaganda e dalle menzogne del nemico. La menzogna, anche la più grossolana riesce sempre, soprattutto quando è insistentemente ripetuta, a ingannare una parte dell'opinione pubblica. La ripetizione sino all'abbrutimento su quasi tutti i giornali e alla radio della stessa notizia falsa, riesce quasi sempre a disorientare, a creare confusione, a falsare il giudizio non solo degli ingenui, ma anche di molte persone di spirito. Quanti, ad esempio, il 25 giugno u.s. e dopo, hanno finito per credere che i coreani del nord avessero aggredito i coreani del sud!
Non l'hanno detto e ripetuto ogni giorno, ogni ora con esasperante monotonia la radio e il 90 per cento dei giornali? Ciò che è stampato, nero su bianco, ha sempre agli occhi del grande pubblico un valore di verità.
Questa tecnica della menzogna ereditata dall’hitlerismo e dal fascismo è applicata e monopolizzata dalla propaganda americana. La stampa è diventata, nei paesi de] Patto atlantico, un'industria di montaggio coi produzione standardizzata.
I temi ideologici arrivano dall'America assieme ai carri armati: si tratta della parte ideologica del piano Marshall. Veramente non so se si possa parlare di ideologia, giacchè non si tratta mai di argomentazione seria, ma di disinformazione, di propaganda subdola che non tende a convincere i più intelligenti, ma che ha lo scopo dichiarato di conquistare la parte più arretrata, di influire sulla parte meno esperta del pubblico e di soddisfare i gusti più bassi.
Tutta la “propaganda” organizzata in tutti i paesi capitalisti dall’imperialismo americano e dalle sue agenzie è un cumulo di menzogne. Basta dare uno sguardo alla stampa dei vari paesi per accorgersi che gli stessi temi vengono trattati in Inghilterra, in Francia, in Italia, in Belgio, con le stesse parole d'ordine, gli stessi slogan vengono lanciati dappertutto contemporaneamente.
Ultima e più recente, la crociata della verità è stata iniziata da Truman e condotta per suo ordine in tutti i paesi alleati dal Patto atlantico. In Italia come in Inghilterra, come in Francia viene condotta la stessa campagna, sugli stessi temi, nella stessa forma, con gli stessi argomenti, con eguali parole: quinte colonne, traditori della patria, ecc. ecc. Gli scioperi vengono presentati come      sabotaggio, le lotte sociali come complotti, l'opposizione alla politica di guerra come tradimento.
I temi trattati in questi anni dalla stampa americanizzata sia in Francia che in Italia, sono principalmente i seguenti:
1) La riabilitazione in Francia dei collaborazionisti, degli uomini di Petain e di Vichy, e in Italia dei vecchi gerarchi fascisti e anche dei fascisti repubblichini; l'apologia delle imprese e dell'assoluzione di Borghese, di Graziani e degli altri eroi del tradimento e della disfatta.
2) La sistematica diffamazione della Resistenza. Si falsifica la storia della guerra di liberazione nazionale; si vuol far dimenticare che la classe operaia, i lavoratori sono stati la forza motrice e decisiva della Resistenza e della guerra partigiana; che i partiti comunisti sono stati alla testa di quella lotta, l'hanno diretta e organizzata, hanno inviato al combattimento contro lo straniero, per la libertà della patria, le loro forze migliori; si tenta di insinuare, con l’orchestrazione di insistenti campagne, che la guerra di liberazione è stata condotta in Francia dai gaullisti, e in Italia dai conservatori borghesi, dai ‘democristiani’ e si presentano i comunisti come delinquenti che hanno cercato di approfittare della lotta per scopi criminali.
3) La diffamazione e la lotta contro i partiti comunisti, condotta quotidianamente in modo sempre più bestiale.
4) La diffamazione sistematica dell’Unione Sovietica.
Quest’ultimo è il tema centrale. Su di esso la stampa americana e filoamericana ritorna continuamente negli articoli, nel notiziario, nell’informazione falsa, nel commento tendenzioso.
Lo scopo  è evidente. L’imperialismo americano prepara la guerra contro l’Unione Sovietica e contro i paesi a democrazia popolare. La campagna ideologica e propagandistica ha quindi soprattutto per obiettivo l’Unione Sovietica.
A dire il vero dal 1917 ad oggi la campagna di calunnie e diffamazione contro l’Unione Sovietica non è mai cessata un istante. Nessun paese del mondo è mai stato sottoposto ad un attacco denigratorio di questa durata. La fabbrica delle invenzioni non è mai in crisi. La stessa merce, le stesse menzogne vengono rimesse in circolazione con esasperante monotonia. Gli stessi argomenti ritornano, abbandonati oggi sono ripresi domani. Vi sono alcune idee fisse alle quali la propaganda del dollaro ritorna senza posa: l’aggressività dell’URSS, l’assenza di democrazia, di partiti, di libertà.
Ma queste idee fisse sono ogni giorno accompagnate da un cumulo di notizie false, di testimonianze inventate, di interpretazioni tendenziose.
L'antisovietismo e l'anticomunismo  sono  stati i mezzi più efficaci impiegati da Hitler e Mussolini per ingannare i loro avversari, ubriacare l'opinione pubblica e creare una psicosi di guerra.
Non è sempre facile per il grande pubblico comprendere che cosa si cela di falso e di tendenzioso dietro a certe notizie. I fatti s'incaricano poi di ristabilire la verità, ma occorre del tempo e spesso è necessaria una dura esperienza. Quanti prima del 1941 in Italia e negli altri paesi erano convinti che l'Esercito Rosso era tecnicamente arretrato e mal equipaggiato, guidato di capi ignoranti, tenuto assieme solo da una disciplina terroristica, incapace di tener testa ai grandi eserciti moderni! Persino Hitler e Mussolini finirono col credere alle menzogne da essi stessi fabbricate: pensarono seriamente alla conquista di Mosca e dell'intiera Russia.
Oggi non è più possibile far credere che l'esercito sovietico è un'accozzaglia di pezzenti e la propaganda
antisovietica ha rettificato il tiro. I giornali del Patto atlantico ripetono a sazietà che l'esercito sovietico è una forza immensa, terribile, fanatizzata, pronta a lanciarsi, ad un segnale di Stalin e con l'aiuto delle  quinte colonne, alla conquista dell'Occidente e che i cosiddetti “popoli liberi” devono stringersi in un patto di difesa sotto la paterna protezione degli Stati Uniti.
Nel campo dell'azione ideologica e propagandistica gli imperialisti americani agiscono in Italia direttamente e indirettamente senza risparmio di mezzi : direttamente con l'invio in Italia di una abbondante letteratura che va dal quotidiano, al settimanale a rotocalco, al romanzo a fumetti, ai giornaletti per fanciulli, alle edizioni italiane del Reader Digest, del Life, del New Week, del Time, ecc.; indirettamente col progressivo accaparramento, pel tramite del partito clericale dominante, di tutta la stampa italiana.
Milioni di italiani che ogni giorno leggono Il Messaggero, Il Corriere della Sera, Il Giornale d’Italia, La Stampa, Il Tempo, ecc., ignorano che tutte le notizie provenienti dal mondo intiero e pubblicate su questi giornali vengono cucinate nelle cucine di Hearst e degli altri agenti dell’imperialismo americano.
Attualmente si pubblicano in Italia 105 quotidiani dei quali 50 di partito o cosiddetti politici e il rimanente chiamati comunemente “indipendenti” o “di informazione” nonostante la loro smaccata faziosità.
Complessivamente questi 105 quotidiani hanno una diffusione giornaliera di tre milioni di copie, ma i due terzi di essi non superano le 30 mila copie di tiratura.
I quotidiani democratici non sono più di quindici (il più diffuso di tutti è l’Unità) con una tiratura complessiva di un milione di copie al giorno. Poiché una copia di giornale, specie nelle classi popolari, è letta in media da 3-4 persone, si può ragionevolmente stimare il numero complessivo di lettori quotidiani in 10-12 milioni, concentrati soprattutto nell’Italia settentrionale. Vi sono ancora, specie nell’Italia meridionale,  molti  comuni dove non arriva alcun giornale, o dove arriva solo un giornale reazionario.
Per quanto riguarda la diffusione dei giornali comunisti e democratici il grafico segue la stessa linea discendente dal Nord al Sud, anzi la curva si abbassa ancora di più perché nell'Italia  meridionale e nelle isole sono più diffusi i giornali democristiani e di destra che non quelli democratici.
Però, se la tiratura dei quotidiani comunisti e democratici corrisponde ad un terzo della tiratura complessiva di tutti i quotidiani, il numero dei loro lettori è proporzionalmente superiore a quello dei giornali di destra e si può calcolare corrisponda non ad un terzo ma al 40-45 per cento del numero totale dei lettori.
Nel campo dei settimanali il rapporto è assai più sfavorevole per la stampa democratica, perchè oltre a 150 settimanali politici, l'avversario dispone di una fitta rete di giornaletti parrocchiali nonchè di numerosi settimanali a rotocalco che vanno dall’Europeo, ad Oggi, all’Elefante, alla Settimana Incom e via via sino alla Domenica del Corriere, alla Tribuna Illustrata e simili, molti dei quali a grande tiratura. Per contro il solo settimanale democratico a grande tiratura è oggi Vie Nuove.
Subito dopo la liberazione la situazione era molto più favorevole per la stampa domocratica, ma progressivamente il grande capitale italiano e americano, per mezzo del partito dominante, delle banche e di alcune imprese editoriali è venuto impossessandosi della grande maggioranza dei giornali decidendo della loro vita e della loro morte.
Il Corriere della Sera è tornato ai Crespi, Il Messaggero di Roma e Il Secolo XIX appartengono ai Fratelli Perrone, Il Tempo ad Angiolillo ed a Campilli, Il Giornale d’Italia alla Banca dell’Agricoltura e al conte Armenise, La Stampa alla Fiat, Il Risorgimento, Il Roma e Il Mattino di Napoli all’armatore Lauro e al Banco di Napoli, la Gazzetta del popolo alla società Idroelettrica piemonte, Il Corriere Lombardo all’industriale Cella, Il Gazzettino di Venezia già del conte Volpi di Misurata, al senatore Mentasti e così via.
La libertà di stampa sancita dall’art.21 della Costituzione, tende così a diventare una beffa. Quale libertà di stampa vi può essere in un paese dove la grande maggioranza dei giornali sono proprietà monopolistica del partito clericale, del Vaticano e dei grandi industriali dei quali esprimono la politica e gli interessi?
Che cosa fare? Noi non possiamo certamente proporci di battere la stampa del Vaticano e dell’America in una gara per l’acquisto di nuovi giornali, di tipografie, ecc.. Saremmo sconfitti in partenza. Ma i dati in nostro possesso ed i pochi più sopra esposti testimoniano che possiamo e dobbiamo battere la stampa reazionaria, clericale e guerrafondaia sul terreno della diffusione. Le sperequazioni che si riscontrano nella diffusione della stampa democratica anche tra province che hanno caratteristiche analoghe - eguale livello politico e culturale, eguale forza del movimento operaio e democratico -–dimostrano che un maggiore sforzo organizzativo può dare risultati considerevoli.
I difetti che ogni giorno rileviamo in questo campo, sono dovuti alla sottovalutazione della grande importanza che ha la stampa comunista e democratica in tutte le lotte della classe operaia, dei lavoratori e del popolo italiano soprat-tutto nella situazione attuale. Ad esempio, milioni di lavoratori si sentono impegnati a lottare contro il trasporto del materiale da guerra, ma non si  preoccupano di frenare la circolazione e la diffusione del materiale ideologico che prepara la guerra e nessuna campagna sistematica viene condotta contro la stampa dei guerrafondai e dei reazionari; non lavorano ancora con tutto l'im-pegno necessario per diffondere più largamente la stampa comunista, socialista e democratica, per farla rientrare in tutti gli ambienti sociali, per immettere nell'ambiente avvelenato dalla politica clerico-americana l'aria fresca della nostra concezione della vita.
“La diffusione del giornale comincerebbe di per sé a creare un legame effettivo. Il lavoro organizzativo acquisterebbe un’ampiezza cento volte maggiore e i successi ottenuti in un luogo incoraggerebbero a perfezionare continuamente il lavoro, inciterebbero i militanti di altre regioni del paese ad approfittare dell’esperienza. Il lavoro locale migliorerebbe infinitamente in ampiezza ed in varietà”. (Lenin, Che fare?).
Questi insegnamenti di Lenin sulla funzione del giornale non solo come agitatore e propagandista collettivo, ma anche come organizzatore collettivo sono sempre attuali e validi soprattutto per le organizzazioni dell’Italia meridionale, per un certo numero di quelle del Veneto e del Piemonte, poiché la funzione dell’Unità e della stampa comunista e democratica in generale non è solo di far conoscere la verità, ma di dirigere politicamente e ideologicamente le grandi masse della popolazione. I giornali comunisti devono essere sempre più un mezzo effettivo di direzione del partito e delle masse nelle lotte del lavoro e nelle lotte politiche per la pace e per l’avvenire del Paese, uno strumento di organizzazione e di applicazione della linea politica del partito, di educazione dei compagni e dei lavoratori.
La preparazione dei quadri dirigenti del partito e delle organizzazioni di massa è un problema essenziale per il partito e per le forze democratiche, e questo problema non può essere risolto senza l’ausilio della nostra stampa.
I compiti della nostra stampa nel campo dell’educazione sono anzi oggi più complessi di ieri perché il livello politico dei compagni e dei lavoratori è più elevato che in passato. Il giornale comunista deve perciò distinguersi non solo per la passione che lo anima, ma per il suo alto livello educativo.
Dobbiamo dunque migliorare la stampa del partito, renderla più interessante per tutti gli strati della popolazione, per tutte le famiglie, per gli uomini e le donne di tutte le età, e di tutte le condizioni, dall’operaio all’ingegnere, dal contadino e dal bracciante, all’artista e allo scienziato, eliminare ogni residuo di settarismo.
Non si tratta solo di risolvere un problema di diffusione e di organizzazione, per quanto questi problemi siano oggi essenziali. Si tratta anche di migliorare i giornali democratici. E la critica è l’arme più efficiente non solo per smantellare le menzogne e le argomentazioni dell’avversario, ma anche per mettere a nudo e correggere i difetti del nostro lavoro.

PIETRO SECCHIA, 1950

 

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