linea Rossa
(nr.15 - aprile-maggio 2000)

 

IL PARTITO E IL DIBATTITO



Se il variegato mondo dei marxisti-leninisti verificasse nella pratica le proprie tesi e analisi [come insegnano i fondatori del socialismo scientifico (Marx ed Engels in contrapposizione all'idealismo hegeliano) e i rivoluzionari conseguenti che ne hanno sviluppato creativamente le armi della dialettica alle fasi storico-politiche specifiche, nonchè ai determinati contesti nazionali (Lenin e Mao, in contrapposizione sia all'opportunismo che all'estremismo settario slegato dalle masse)] si potrebbe forse iniziare a parlare dell'attualità e del futuro di quella che Gramsci chiamò meravigliosamente 'la filosofia della prassi'. Così, purtroppo, ancora non è.

MARXISTI-LENINISTI, MA ADERENTI ALLA REALTA’

La fecondità della dialettica materialista e dell’ analisi maoista suonano critica severa alle elucubrazioni troppo lontane dalla realtà dell’attuale movimento marxista-leninista

----- Michele Ludovico -----


Solo in un senso convenzionale siamo passati dal secondo al terzo millennio. Il marxismo-leninismo (e il maoismo come fecondo sviluppo dello stesso), con quale coscienza soggettiva è disposto ad affrontare i procellosi mari del XXI secolo?
 L'uomo-filosofo Marx, al contrario del filosofo-uomo Hegel, dichiara semplicemente: "finora l'uomo ha studiato la realtà, adesso bisogna trasformarla!" (IX glossa a Feuerbach). In effetti l'esortazione di Marx ha sortito l'effetto desiderato nella comprensione dei compiti storici del proletariato; ma, com’è evidente, rimane sulle nostre spalle l’avverarsi del destino storico del socialismo e della definitiva sconfitta della classe dominante borghese. E' semplice sottolineare come il XIX e XX secolo abbiano avuto un’importanza straordinaria nel campo scientifico e tecnologico, soprattutto,  come anche nel resto dei campi dello scibile umano; un'impennata, un salto di qualità che s'identifica proprio con la nascita del pensiero marxista. Nella riflessione filosofica si potrebbe dire che Hegel ha radiografato l'intimità, l'essenza della realtà in quanto tale, proponendo-imponendo (filosoficamente, di riflesso politicamente) la realtà stessa in quanto tale, ormai giunta, con l'autocomprensione del pensiero, al suo massimo sviluppo, oltre il quale non ce ne può essere un altro! Marx, "umilmente", parte dalla radiografia della realtà di Hegel. ma di contro asserisce che non è mai giunta al suo sviluppo ultimo: il fine ultimo dell'uomo non può essere il controllo delle leggi della natura a vantaggio di alcuni, quindi a svantaggio di altri. La storia, la storia delle masse, ha dato ragione a Marx. Tanti sono gli esempi possibili da enumerare, ma il più emblematico è la Rivoluzione d'Ottobre. Non è stato Marx a creare il rivoluzionario Lenin, ma è stato il rivoluzionario Lenin che attraverso il marxismo ha condotto al proprio riscatto le masse sfruttate e insieme a quest'ultime (e conseguente sarà in seguito l'elaborazione di Mao della linea di massa: dalle masse alle masse, con le masse per le masse) a costituire l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Premesso ciò, l'attenzione dev'essere riportata alla frase introduttiva ed in particolare alla domanda in essa contenuta: ovvero, qual'è il livello della nostra coscienza contemporanea, perchè ancora ci definiamo comunisti? Non a caso ho definito Marx uomo-filosofo ed Hegel filosofo-uomo: entrambi speculano intorno alla realtà, la stessa è punto di partenza per ambedue; diversi però sono i percorsi di analisi e le conclusioni che ne traggono. Dando erroneamente per scontata la filosofia hegeliana la si evince comunque dal fatto che Marx l'abbia "rovesciata". Marx teorizza che in primis c'è l'essere sociale, essere dotato di sensi tanto quanto di bisogni per la sua sopravvivenza; da qui il carattere materialistico del pensiero marxista. L'uomo è da sempre parte della realtà che percepisce attraverso i sensi e che in questa cerca di soddisfare i propri bisogni, ma solo quando ha preso coscienza di sè, cioè si è dotato di strumenti cognitivi, ha iniziato il faticoso percorso verso la spiegazione della realtà, che Marx conclude appunto con l'invito a trasformare e non più soltanto a studiare. Solo a questo punto l’umanesimo marxista diventa filosofia, cioè asserisce che il cammino di maturazione dell'uomo si è concluso attraverso la filosofia di Hegel, ma che ciò non basta, bisogna ora agire. L'azione concitata non è nulla che trascenda la realtà, di cui l'uomo fa parte, ma è l'interazione stessa dell'uomo con la realtà (prassi rivoluzionaria).
Il comunismo ha festeggiato da poco i suoi 150 anni, si è affacciato anch'esso, con le  speranze della popolazione mondiale, al neonato terzo millennio, ma contemporaneamente, almeno in Italia, ha perso forse la cognizione nè dello spazio nè del tempo, ma addirittura della realtà. Se oggi, ripeto, sempre in Italia, si voglia ancora parlare di Marxismo-Leninismo, si deve fare i conti con la Realtà, con la R maiuscola. Parto dal presupposto che risolvere la questione del socialismo in Italia, voglia già dire essere internazionalisti proletari. A "proletari di tutto il mondo unitevi" aggiungerei "dopo aver risolto le contraddizioni della propria nazione". Può un cubano risolvere le contraddizioni italiane o viceversa un italiano risolvere quelle cubane? Può anche darsi, ma di certo le masse, che sono le protagoniste di ogni rivoluzione socialista, non riuscirebbero a percepire la realtà di questa o quella nazione; ora chi meglio dei comunisti italiani può lavorare nella direzione della risoluzione delle contraddizioni del proprio paese?
La realtà dell'internazionalismo proletario è proprio il continuo contributo delle singole esperienze nazionali, come ci ha insegnato e continua a insegnarci Angiolo Gracci, contributo che si risolve in un continuo e dinamico rapporto con la realtà internazionale e con lo stato del  proletariato. A me sembra, insomma, che gli eccessi analitici internazionalisti, oltre che impianto troskista, costituiscano (da sempre!) un alibi alla propria sterilità nell’azione pratica, alla propria impotenza nella concreta prassi rivoluzionaria. Fu o no nazionale, dunque internazionale, la Rivoluzione d’Ottobre? Fu o no nazionale, dunque internazionale, la rivoluzione cinese? Fu o no nazionale, dunque internazionale, la rivoluzione cubana? E quella vietnamita? La realtà della nostra Repubblica è una realtà disastrosa. Analizzata secondo un punto di osservazione M-L, si può notare l'incolmabile rapporto tra avanguardie e masse; un rapporto direi inversamente proporzionale, nel senso che più le avanguardie elaborano, più le masse perdono o s'allontanano dall'obbiettivo coscienza emancipatrice. Purtroppo, alle soglie del terzo millennio, sono infinitesimali le sigle dei movimenti M-L che operano in Italia e nel mondo, una vera e propria Babilonia: uno spettacolo deplorevole quando li si vede prendere i primi contatti, perderli, poi riprenderli e ancora riperderli, per non parlare delle dottissime analisi politiche, sociali, economiche, storiche, psicologiche, ecc., che per poterle seguire e comprendere non basta una vita. E' ora di piantarla con questo autoerotismo fine a se stesso, con molte delle inutili elucubrazioni che non potranno generare nulla. Dalle Alpi alla Sicilia è un continuo lamento; ma non sono le masse che trovano piuttosto solo nel lamento la via per ovviare alle continue frustrazioni, effetto di un modello economico selvaggiamente liberista? Quindi un aspetto da prendere seriamente in considerazione è proprio il leniniano rapporto avanguardie/massa. A questo punto le realtà diventano due immerse nella stessa, due differenti condizioni di analisi della realtà: ma il problema si complica, quando? Quando, ad esempio, le masse diventano auditel. La stragrande maggioranza delle masse quale realtà, oltre quella della propria città o magari della propria regione, può considerare valida se non quella dipinta e ritoccata, rifatta e "siliconata" della potente e devastante TV?! Le masse sono state irreggimentate, implotonate attraverso i teleschermi, e sprovviste, come sono, di strumenti cognitivi, quali il M-L, pensano che l'unica realtà sia quella trasmessa da un tubo catodico. Se la realtà è anche questa, come si può pretendere che le masse, imbevute come spugne di consumismo, possano mettere in pratica le vertiginose elaborazioni che hanno la realtà solo come spunto e per il resto trascendono la stessa, non avendo poi nessun riscontro con la realtà stessa!? Perché l’insegnamento maoista e dello stesso procedimento scientifico (proprio del materialismo storico e dialettico) che la teoria si verifica nella realtà, è disatteso dalla stragrande maggioranza degli attuali M-L?
La realtà è una e tante allo stesso tempo, solo lo strumento della dialettica applicato in termini rigorosamente marxiani può renderla intellegibile e dunque trasformabile. E’, tra l’altro, tra gli insegnamenti più fecondi proprio di Mao, nel suo scritto filosofico del 1937 "Sulla contraddizione", che "l'uno si divide in due" e lo sviluppo dei processi rivoluzionari che da quella concezione discendono. Il M-L non ha alcun bisogno di altre ossature, di travi portanti, non potrà essere mai altro, altrimenti più non si parlerebbe di M-L. Marx ha già indicato, scientificamente, come la realtà si muove, che alla base della stessa esistono i rapporti di produzione, la lotta di classe, l'egemonia di una classe sfruttatrice su quella sfruttata, ecc., ecc. Lenin ha già dimostrato che queste sono le direttrici valide per la trasformazione della realtà. Infine Mao ci ha insegnato che la realtà è sempre più complessa delle rappresentazioni descrittive con cui ci si sforza di comprenderla. I marxisti-leninisti non sono i comunisti sconfitti del XX secolo; essi devono aspirare a essere gli autentici comunisti, i rivoluzionari di questa attualissima epoca storica in cui siamo chiamati a militare.



approfondisci in questo stesso sito:
Il materialismo storico e il materialismo dialettico
Il partito secondo la concezione marxista-leninista

scrivete a linearossa@virgilio.it

ritorna al sommario del nr.15 (aprile-maggio 2000)