"Editoriale"


UNA FASE DURA E DIFFICILE PER LE AVANGUARDIE COSCIENTI E ORGANIZZATE DEL PROLETARIATO

L’intervento di “Gracco” all’inaugurazione a Firenze, il 15 aprile 2000, della nuova sede del Comitato di redazione nazionale di Nuova Unità. Il ruolo delle avanguardie nell’analisi marxista-leninista

----- Angiolo Gracci -----




Vi parlo sentendo tutta la responsabilità e l’orgoglio di essere il compagno più anziano, quello che ha vissuto il momento esaltante della costituzione a Livorno nell’ottobre del ‘66 del PCd’I (m-l) che ha segnato sicuramente anche il momento di rottura e l’inizio aperto, esplicito, pubblico dell’involuzione di quello che è stato nella storia del movimento operaio internazionale, considerato il più grande partito del mondo capitalistico. Richiamo tutti i compagni a condividere questa responsabilità politica e questo orgoglio militante.
Fin dalla Resistenza non abbiamo mai messo al primo posto il numero, cioè l’elemento quantitativo, semplicemente perchè l’esperienza storica dell’umanità ha chiaramente, inequivocabilmente dimostrato - nei secoli e nei millenni - che i processi per il profondo rinnovamento ed avanzata rispetto allo stato presente delle cose, dei rapporti di forza, della condizione umana, questo sforzo incessante e inesauribile che l’umanità - attraverso le sue avanguardie ha dimostrato di sapere e dovere necessariamente esprimere - è stato, appunto, nella fase iniziale, ma non solo, opera di avanguardie che avevano acquisito la determinazione necessaria per incidere e modificare i rapporti di forza epocali da un grande livello di consapevolezza e di coscienza, una capacità critica e, quindi culturale, acquisita rispetto le classi che al momento si presentavano come dirigenti e come sfruttatrici.
Quindi noi non ci lasciamo impressionare dal nostro numero modesto con il quale da tempo oramai stiamo affrontando la fase più dura e difficile che il movimento operaio - fin dal suo sorgere organizzato - ha vissuto. Si dirà, anche prima della Rivoluzione d’Ottobre il movimento operaio dovrebbe avere attraversato una fase molto più dura di quella di oggi: provocatoriamente dico che questa di oggi è una fase più dura e difficile, quella del fallimento della prima esperienza compiuta dalle avanguardie coscienti e organizzate del proletariato.
E’ più difficile perchè prima, nella fase ascendente del movimento - nonostante la repressione, le difficoltà, l’ignoranza - che poi sarebbe difficile stabilire se l’ignoranza delle masse subalterne nella fase che ha portato fino alla Rivoluzione d’Ottobre fosse di natura più pesante o meno di quella che oggi subiscono le stesse masse subalterne, c’era una speranza. Tutti gli sforzi erano protesi in vista di acquisire un’esperienza che si presentava ardua, ma possibilmente vittoriosa come poi è avvenuto - e, quindi, la classe operaia - tra l’altro molto giovane - e con essa tutte le masse che ne riconoscevano il ruolo di guida, animate da una speranza incontaminata e non ancora sottoposta dalle vicende storiche alla prova della delusione e della sconfitta e la stessa Rivoluzione d’Ottobre, potè affermarsi grazie ad una crisi verticale, il crollo - una specie di 8 settembre vissuto nella dimensione della Russia, di questo enorme Paese, quasi continente, - e fu facilitata da queste circostanze oggettive.
Vi si inserì la capacità, la visione strategica, la maturità, la consapevolezza politica di un gruppo militante esiguo rispetto anche a tutte le altre forze progressiste o di sinistra che esistevano in quel Paese che colse il momento di crisi del potere antagonista per raggiungere l’obiettivo del potere. Io penso, che noi dovremmo riferirci proprio a quella dimensione di quel momento storico e capire che il ruolo di un partito comunista, di un partito rivoluzionario della e non per la classe operaia, formato soprattutto da militanti che escono dalle fila del proletariato, che questo ruolo rivoluzionario richiede strategicamente lunghi periodi di attesa, non passiva, ma attiva, sviluppando una grande capacità di contestazione che eviti la distruzione prematura del progetto e che, invece, consenta a questa inevitabilmente esigua minoranza d’avanguardia di accrescere continuamente le proprie capacità culturali (ideologiche, organizzative, conoscenza storica delle esperienze precedenti) per diventare elemento di coesione delle classi effettivamente d’avanguardia. Perchè la coesione non è una cosa che si invoca, ma è la conseguenza della capacità culturale e di attrazione, di convinzione e di organizzazione che quello sparuto gruppo di avanguardia – in ogni suo componente – è riuscito a realizzare. Non esiste una rivoluzione vincente se non c’è stata un’adeguata, più o meno lunga fase di preparazione di forze umane capaci di realizzare al momento della crisi il successo del raggiungimento degli obiettivi rivoluzionari. Questo è fondamentale.
Ogni compagno, io stesso, si interroga sul senso che ha il momento che appare senza prospettive. Essere coscienti del ruolo di avanguardia sulla base di un’analisi marxista-leninista della realtà e comprendere che la classe operaia, oggi, reduce da una sconfitta storica, ha più che mai bisogno del ruolo, significa non demoralizzarsi e diventare di fatto un soggetto, un quadro potenzialmente dirigente che, nel rapporto dialettico all’interno dell’aggregazione che tende verso la costruzione del partito, si perfeziona sempre più e diventa punto di riferimento spontaneo, inevitabile nell’ambiente di lavoro o dove vive.
Sottolineo infine l’aspetto positivo, ottimistico con cui dobbiamo affrontare le difficoltà del momento, forti di questa continuità di una storia comune e forti della consapevolezza che noi – cambiando il male in bene – siamo in grado di trarre preziosi insegnamenti dalla nostra stessa sconfitta. Perché analizzando le sconfitte, i marxisti le traducono in enormi potenziali di ulteriori acquisizioni di esperienze, quindi, di capacità superiore di lotta contro l’avversario.
 
 

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L'articolo presente in questa pagina e' stato pubblicato sul n.16 - luglio-agosto 2000 de 'IL PARTITO-LINEA ROSSA'

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