MAO-TSE-TUNG

ANCORA A PROPOSITO DELL'ESPERIENZA STORICA DELLA DITTATURA DEL PROLETARIATO

Questo articolo è stato steso dalla redazione del Quotidiano del popolo in seguito a delle discussioni svoltesi in una riunione allargata dell'Ufficio politico del Comitato centrale del Partito Comunista cinese

(29 dicembre 1956)

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Nell'aprile 1956 abbiamo discusso dell'esperienza storica della dittatura del proletariato in rapporto alla questione di Stalin. In seguito, un certo numero di altri avvenimenti che hanno avuto luogo nel movimento comunista internazionale hanno attirato l'attenzione del nostro popolo. La pubblicazione sui nostri giornali del discorso del compagno Tito datato 11 novembre e dei commenti formulati su di esso dai vari partiti comunisti hanno sollevato molte nuove domande che esigono una risposta. In quest'articolo noi ci soffermiamo in particolare sulle seguenti questioni:

1. la valutazione del corso fondamentale seguito dall'Unione Sovietica nella sua Rivoluzione e nella sua costruzione socialista; 2. la valutazione dei meriti e degli errori di Stalin; 3. la lotta contro il dogmatismo e il revisionismo; 4. la solidarietà internazionale del proletariato di tutti i paesi.

Nell'esaminare le questioni internazionali contemporanee si deve procedere in primo luogo dal fatto che sta al fondo di tutto, cioè l'antagonismo tra il blocco aggressivo imperialista e le forze popolari del mondo intero.

Il popolo cinese, che ha tanto sofferto sotto l'aggressione imperialista, non dimenticherà mai che l'imperialismo si oppone sempre alla liberazione dei popoli di tutti i paesi e all'indipendenza delle nazioni oppresse, che l'imperialismo ha sempre considerato come la sua bestia nera il movimento comunista che difende nel modo più risoluto gli interessi dei popoli. Dopo la nascita del primo stato socialista, l'Unione Sovietica, l'imperialismo cercò di nuocergli con ogni mezzo. Dopo la formazione di tutto un gruppo di stati socialisti, l'ostilità del campo imperialista verso il campo socialista e le attività di sabotaggio condotte apertamente dal campo imperialista contro il campo socialista sono diventate una caratteristica ancora più accentuata della politica mondiale. Gli Stati Uniti, che sono alla testa del campo imperialista, intervengono con un odio e un cinismo particolari negli affari interni dei paesi socialisti. Da anni essi impediscono al nostro paese di liberare Taiwan, che fa parte del nostro territorio e da anni hanno apertamente adottato come politica di governo il sovvertimento dei paesi dell'Europa orientale.

Dopo la guerra di aggressione scatenata in Corea, l'attacco più serio dell'imperialismo contro il campo socialista è stata l'attività dispiegata durante gli avvenimenti dell'ottobre 1956 in Ungheria. Secondo quanto è stato indicato dalla risoluzione adottata dal Comitato centrale provvisorio del Partito operaio e socialista ungherese, gli avvenimenti d'Ungheria sono stati provocati da cause diverse tanto esterne che interne e ogni interpretazione unilaterale sarebbe sbagliata ma nella provocazione di questi avvenimenti l'imperialismo internazionale ha svolto un "ruolo essenziale e determinante". Dopo che il loro complotto, che mirava a restaurare la controrivoluzione in Ungheria, fu smascherato, gli imperialisti, con gli Stati Uniti in testa, hanno manovrato all'ONU perché si adottassero risoluzioni dirette contro l'Unione Sovietica allo scopo di intervenire negli affari interni dell’Ungheria, scatenando nello stesso tempo in tutto il mondo occidentale una forsennata campagna anticomunista. Benché gli imperialisti americani, approfittando della disfatta della Gran Bretagna e della Francia nella guerra d'aggressione contro l'Egitto, cerchino con tutti i mezzi di impadronirsi delle posizioni britanniche e francesi nel Medio Oriente e nell'Africa del Nord, essi si sono impegnati a risolvere i "malintesi" che esistono tra di loro da una parte e la Gran Bretagna e la Francia dall'altra e a realizzare una "comprensione più stretta e più profonda", allo scopo di ricostituire il loro comune fronte di lotta contro il comunismo, contro i popoli dell'Asia e dell'Africa, contro i popoli amanti della pace di tutto il mondo. I paesi imperialisti devono unirsi per lottare contro il comunismo, contro il popolo, contro la pace: questo in parole povere il senso della "filosofia di vita e d'azione che deve essere la nostra in questo momento critico della storia mondiale", filosofia che Dulles ha formulato nella sessione del consiglio della NATO. Essendosi lasciato un poco andare alle sue illusioni, Dulles ha affermato: "la struttura comunista sovietica si trova in uno stato di degenerazione (?) e il potere dei dirigenti è in sfacelo (?)... Di fronte a questa situazione le nazioni libere devono mantenere una pressione morale che contribuirà a scuotere il sistema comunista sovietico-cinese e devono mantenere la loro potenza militare e la loro fermezza". Egli ha invitato i paesi della NATO a "rovesciare il potente dispotismo sovietico (?), che si basa su concezioni militariste (?) e atee" e ha dichiarato che "sembra che una modificazione del carattere del mondo (comunista) sia ormai una possibilità (!)".

Noi abbiamo sempre considerato il nemico come il nostro migliore maestro e Dulles ci offre oggi una nuova lezione. Che egli ci calunni mille volte, che ci maledica diecimila volte, nulla di nuovo né di stupefacente; ma quando egli pretende da un punto di vista "filosofico" che il mondo imperialista ponga, sopra tutte le altre, le contraddizioni che esistono tra esso e il comunismo, che ogni sforzo sia consacrato a "modificare il carattere del mondo (comunista)", a "scuotere" e a "rovesciare" il sistema socialista con alla testa l'Unione Sovietica, benché i suoi sforzi siano certamente inutili, la sua lezione è tuttavia utilissima per noi. Noi siamo sempre stati e continueremo a essere partigiani di una coesistenza pacifica dei paesi socialisti e capitalisti e della loro competizione pacifica, ma gli imperialisti cercano continuamente di annientarci. Così noi non dobbiamo mai dimenticare la lotta di classe su scala mondiale. Noi siamo in presenza di due tipi di contraddizioni a carattere differente:

- le prime sono le contraddizioni fra i nostri nemici e noi (fra il campo imperialista e il campo socialista, tra gli imperialisti da una parte e tutti i popoli del mondo, tutte le nazioni oppresse dall'altra, tra la borghesia e il proletariato nei paesi imperialisti, ecc.). Queste sono le contraddizioni fondamentali: esse poggiano su un conflitto di interesse tra classi ostili;

-         le seconde sono le contraddizioni in seno al popolo (tra una parte di popolo e l'altra, tra certi compagni e altri, in seno a uno stesso Partito comunista, tra il governo e il popolo nei paesi socialisti, tra paesi socialisti, tra partiti comunisti, ecc.). Queste non sono contraddizioni fondamentali; esse nascono non da un conflitto fondamentale tra interessi di classe, ma da conflitti tra opinioni giuste e opinioni errate, o da contraddizioni parziali di interesse. La soluzione di queste contraddizioni deve prima di tutto essere subordinata agli interessi generali della lotta contro il nemico. Le contraddizioni in seno al popolo possono e devono essere regolate ispirandosi a una volontà unitaria attraverso la critica o la lotta e questa soluzione deve portare a una nuova unità in nuove condizioni. Certo la vita pratica è complessa. Classi i cui interessi si trovano in un conflitto fondamentale possono talvolta unirsi per fronteggiare il loro principale nemico comune; viceversa in determinate condizioni certe contraddizioni in seno al popolo possono trasformarsi progressivamente in contraddizioni antagoniste se una delle parti in questione passa progressivamente al nemico. Le contraddizioni di questo genere finiscono per mutare del tutto di natura e cessano di essere contraddizioni in seno al popolo, per divenire una componente della contraddizione tra i nostri nemici e noi. Fenomeni di questo genere si sono prodotti nella storia del Partito comunista dell'Unione Sovietica e del Partito comunista cinese. In breve: chiunque si mantiene sulle posizioni del popolo, non dovrebbe mai trattare alla stessa stregua le contraddizioni all'interno del popolo e le contraddizioni tra il nemico e noi stessi, non può confondere i due tipi di contraddizioni nè tanto meno porre le contraddizioni tra le forze popolari al di sopra delle contraddizioni tra il nemico e noi stessi.

Coloro che negano la lotta di classe e non distinguono tra il nemico e noi non sono nè comunisti nè marxisti-leninisti.

Prima di affrontare l'esame delle questioni indicate, pensiamo che sia necessario risolvere questo problema della posizione fondamentale. Altrimenti perderemmo necessariamente il nostro orientamento e saremmo incapaci di dare una spiegazione corretta degli avvenimenti internazionali.

 

La valutazione del corso fondamentale seguito dall'Unione Sovietica

nella sua rivoluzione e nella sua costruzione socialista

Da tempo gli attacchi degli imperialisti contro il movimento comunista internazionale sono soprattutto diretti contro l'Unione Sovietica. Ora anche le discussioni nate in questi ultimi tempi in seno al movimento comunista internazionale riguardano per la maggior parte la concezione che si ha dell'Unione Sovietica. Anche la corretta valutazione della via fondamentale che la rivoluzione e la costruzione socialiste hanno seguito in Unione Sovietica è uno dei problemi importanti ai quali i marxisti-leninisti devono rispondere.

La teoria marxista della rivoluzione proletaria e della dittatura del proletariato costituisce la generalizzazione scientifica dell'esperienza del movimento operaio. Ma, fatta eccezione della Comune di Parigi che durò soltanto 72 giorni, Marx Engels non hanno potuto vedere realizzare né la rivoluzione proletaria, nè la dittatura del proletariato, per le quali essi hanno combattuto tutta la loro vita. Nel 1917, il proletariato russo guidato da Lenin e dal Partito Comunista dell'Unione Sovietica ha condotto la rivoluzione proletaria alla vittoria e instaurato la dittatura del proletariato; in seguito è riuscito a costruire una società socialista. Il socialismo scientifico, che fino a quel momento non era stato che una teoria e un ideale, era diventato una realtà vivente. Così la Rivoluzione dell'ottobre 1917 in Russia ha aperto una nuova era, non soltanto nella storia del movimento comunista ma anche nella storia di tutta l'umanità.

L'Unione Sovietica ha riportato dei prodigiosi successi durante i trentanove anni che sono trascorsi dalla rivoluzione. Dopo aver abolito il sistema di sfruttamento essa ha posto fine all'anarchia, alle crisi e alla disoccupazione nella sfera economica. L'economia e la cultura si sviluppano nell'Unione Sovietica con un ritmo che nessun altro paese capitalista può raggiungere. Nel 1956 la produzione industriale globale dell'Unione Sovietica è già trenta volte più alta di quella del 1913, livello record raggiunto prima della rivoluzione. Un paese che prima della rivoluzione era arretrato da un punto di vista industriale e la cui popolazione presentava un numero elevato di analfabeti, è divenuto oggi la seconda potenza industriale del mondo e possiede forze scientifiche e tecniche che sono superiori a quelle degli altri paesi, nonché una cultura socialista altamente sviluppata. I lavoratori dell'URSS, oppressi prima della rivoluzione, sono oggi i padroni del paese e della società; essi hanno sviluppato una grande attività e dato prova di uno spirito di iniziativa crescente nella lotta rivoluzionaria e nel lavoro di edificazione; la loro situazione materiale e la loro vita culturale sono state radicalmente trasformate. Prima della Rivoluzione d'Ottobre la Russia era una prigione per i popoli che l'abitavano; dopo la Rivoluzione questi hanno tutti uguali diritti e si sono rapidamente trasformati in popoli sociali avanzati.

Il cammino seguito dall'Unione Sovietica non è stato in alcun modo un cammino facile. Dal 1918 al 1920 essa è stata attaccata da 14 stati capitalisti. Nel primo periodo della sua esistenza è stata sottoposta a dure prove: la guerra civile, la carestia, difficoltà economiche, l'attività settaria e scissionistica in seno al partito. Nel periodo decisivo della Seconda guerra mondiale, prima che i paesi occidentali aprissero il secondo fronte, l'Unione Sovietica sopportò da sola il peso dell'attacco di milioni di uomini dell'armata hitleriana e dei suoi alleati e li sconfisse. Queste dure prove non hanno spezzato l'Unione Sovietica nè arrestato la sua marcia in avanti.

L'esistenza dell'URSS ha scosso fino dalle sue fondamenta il dominio dell'imperialismo; essa ha fatto nascere in tutti i movimenti di liberazione nazionale dei popoli oppressi speranze, fiducia e coraggio senza limiti. I lavoratori di tutti i paesi hanno offerto il loro appoggio all'Unione Sovietica; questa a sua volta ha offerto il suo appoggio ai lavoratori di tutti i paesi. L'Unione Sovietica ha praticato una politica estera a difesa della pace mondiale, del riconoscimento dell'uguaglianza giuridica di tutte le nazioni e della lotta contro l'aggressione imperialista. L'Unione Sovietica è stata la forza principale che ha trionfato su scala mondiale sull'aggressione fascista. L'eroica armata sovietica ha liberato i paesi dell'Europa orientale e una parte dell'Europa centrale, il nord est della Cina e il nord della Corea, cooperando con le forze popolari di questi paesi. L'Unione Sovietica ha stabilito relazioni amichevoli con tutti i paesi delle democrazie popolari, li ha aiutati nella loro edificazione economica e ha formato con loro una potente roccaforte della pace nel mondo: il campo socialista. Essa ha anche offerto un potente sostegno ai movimenti di indipendenza delle nazioni oppresse, al movimento mondiale dei popoli per la pace e ai numerosi giovani stati pacifici, che, dopo la Seconda guerra mondiale, si sono costituiti in Asia e in Africa.

Questi sono fatti indiscutibili, noti da lungo tempo. Perché richiamarli di nuovo alla memoria? Perché i nemici del comunismo oggi come altre volte li negano interamente e perché nel momento attuale certi comunisti, quando analizzano l'esperienza dell'Unione Sovietica, concentrano spesso tutta la loro attenzione su di un aspetto secondario della questione e trascurano l'essenziale.

Per ciò che concerne l'esperienza della Rivoluzione e della costruzione socialista in Unione Sovietica, essa presenta, rispetto alla sua portata internazionale, molti aspetti diversi. Una parte dell'esperienza dei successi riportati in URSS ha un carattere essenziale, un valore universale nel momento attuale della storia dell'umanità. Ciò è la cosa principale, l'essenziale nell'esperienza sovietica. L'altra parte di questa esperienza non ha una portata universale. Inoltre l'esperienza dell'Unione Sovietica comporta anche degli errori e degli insuccessi. Benché gli errori e gli insuccessi possano manifestarsi in forma diversa ed essere più o meno gravi, nessun paese potrà mai evitarli completamente. L'Unione Sovietica, primo paese socialista, non poteva beneficiare dell'esperienza dei successi di altri paesi per ispirarsene e le era ancora più difficile evitare certi errori e certi insuccessi.

Questi errori e questi insuccessi sono per tutti i comunisti una lezione estremamente utile. Perciò l'esperienza dell'Unione Sovietica, ivi compresa quella di certi errori e di certi insuccessi, merita di essere studiata con cura, rimanendo inteso che l'esperienza fondamentale dei successi riportati dall'Unione Sovietica riveste l'importanza principale.

Il solo fatto dei progressi compiuti dall'Unione Sovietica prova che la fondamentale esperienza sovietica nella rivoluzione e nella costruzione è una grande conquista. È il primo canto di vittoria del marxismo-leninismo nella storia dell'umanità ed esso risuona in tutto il mondo.

In che cosa dunque consiste l'esperienza fondamentale compiuta dall'Unione Sovietica nella sua Rivoluzione e nella sua costruzione socialista? A nostro giudizio cinque sono gli aspetti fondamentali:

1. l'avanguardia del proletariato si organizza in un Partito comunista che prende il marxismo-leninismo come guida per l'azione, che si organizza secondo il principio del centralismo democratico, che stabilisce stretti legami con le masse, che diventa il nucleo delle masse lavoratrici ed educa i suoi membri e le masse popolari al marxismo-leninismo.

2.Il proletariato, sotto la guida del Partito comunista, unendo intorno a sé tutti i lavoratori, strappa il potere dalle mani della borghesia mediante la lotta rivoluzionaria.

3. Dopo la vittoria della rivoluzione il proletariato guidato dal Partito comunista unendo intorno a sé le larghe masse popolari sulla base dell'alleanza tra operai e contadini, stabilisce una dittatura del proletariato sopra le classi dei proprietari terrieri e della borghesia, infrange la resistenza dei controrivoluzionari, attua la nazionalizzazione dell'industria e la graduale collettivizzazione dell'agricoltura eliminando così il sistema dello sfruttamento, la proprietà privata dei mezzi di produzione e le classi.

4. Lo Stato guidato dal proletariato e dal Partito comunista conduce il popolo sulla via dello sviluppo pianificato dell'economia e della cultura socialista e su questa base migliora gradualmente il livello di vita della popolazione e prepara attivamente condizioni che permetteranno di impegnarsi nella lotta per il passaggio alla società Comunista.

5. Lo Stato, guidato dal proletariato e dal Partito comunista, si oppone risolutamente all'aggressione imperialista, riconosce l'eguaglianza di tutte le nazioni e difende la pace mondiale, aderisce fermamente ai princìpi dell'internazionalismo proletario, si adopera per ottenere l'appoggio dei lavoratori di tutti i paesi e al tempo stesso si adopera per aiutarli e per aiutare tutte le nazioni oppresse. In genere, quando parliamo dell'esperienza della Rivoluzione d'Ottobre abbiamo in mente precisamente questi elementi fondamentali senza arrestarci alla forma specifica che questa rivoluzione ha rivestito nelle circostanze determinate di tempo e di luogo. Questi elementi fondamentali sono tutte verità universali del marxismo-leninismo, verità di applicazione generale.

Il processo della rivoluzione e della costruzione socialista in ogni paese presero tratti comuni e tratti diversi. In questo senso ogni paese segue la sua propria via, la via concreta del suo sviluppo. Ritorneremo su questo problema. Ma dal punto di vista delle tesi fondamentali il cammino seguito dalla Rivoluzione d'Ottobre segue le linee generali della rivoluzione e della costruzione socialista a una tappa determinata sulla lunga via dello sviluppo della società umana. Non si tratta solo della larga via che il proletariato dell'Unione Sovietica segue, ma anche di quella che devono seguire i proletari di tutti i paesi per ottenere la vittoria. Così il Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese ha indicato nel suo rapporto politico all'ottavo Congresso nazionale del partito: "Se la Rivoluzione nel nostro paese ha numerosi tratti che sono propri, ciò nondimeno i comunisti cinesi considerano la causa alla quale essi si dedicano come la continuazione della grande Rivoluzione d'Ottobre".

Difendere la via marxista-leninista tracciata dalla Rivoluzione d'Ottobre riveste un'importanza tutta particolare nell'attuale situazione internazionale. Gli imperialisti, che proclamano il loro desiderio di "modificare il carattere del mondo comunista", vogliono modificare appunto questa via della rivoluzione. Da decine di anni tutte le concezioni revisioniste formulate al posto del marxismo-leninismo, tutte le idee opportuniste di destra che i revisionisti hanno propagato, mirano precisamente a distogliere il proletariato da questa via, che sola può condurlo alla sua liberazione. Tutti i comunisti hanno il dovere di riunire il proletariato, di riunire le masse popolari, di respingere energicamente i furiosi attacchi degli imperialisti contro il campo socialista, di marciare decisamente in avanti sulla via tracciata dalla Rivoluzione d'Ottobre.

La valutazione dei meriti e degli errori di Stalin

Alcuni si domandano: se la strada fondamentale della rivoluzione e della costruzione in Unione Sovietica è giusta, in che cosa consistono dunque gli errori di Stalin?

Noi abbiamo già esaminato questa questione in un articolo apparso in aprile, ma, vista la piega degli ultimi avvenimenti in Europa orientale, e certe circostanze strettamente connesse, una giusta comprensione degli errori di Stalin e un giusto modo di considerare questi errori si impongono. Ciò è diventato infatti un problema serio, che influenza lo sviluppo interno dei partiti comunisti di numerosi paesi e la coesione dei partiti comunisti di diversi paesi; un problema serio, che influenza la lotta comune delle forze del comunismo di tutto il mondo contro l'imperialismo. Ecco perché noi abbiamo ritenuto di dover sviluppare il nostro punto di vista su questo problema.

Stalin ha dato un grande contributo al progresso dell'Unione Sovietica e allo sviluppo del movimento comunista internazionale.

Nell'articolo intitolato A proposito dell'esperienza storica della dittatura del proletariato, noi scrivevamo:

"Dopo la morte di Lenin, Stalin, come massimo dirigente del partito e dello Stato, applicò in modo creativo e sviluppò il maxismo-leninismo nella lotta per la difesa dell'eredità del leninismo contro i suoi nemici: i trotzkisti, gli zinovevisti e gli altri agenti borghesi. Stalin espresse la volontà e il desiderio del popolo e fu egli stesso un eminente combattente del marxismo-leninismo. Stalin si conquistò l'appoggio del popolo sovietico e svolse una funzione storica importante, prima di tutto perché, insieme con gli altri dirigenti del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, egli difese la linea di Lenin per l'industrializzazione del paese dei soviet e la collettivizzazione dell'agricoltura. Il Partito Comunista dell'Unione Sovietica, realizzando questa linea, ha determinato la vittoria del socialismo nell'Unione Sovietica e ha creato le condizioni per il trionfo dell'Unione Sovietica nella guerra contro Hitler. Tutte queste vittorie del popolo sovietico rispecchiavano gli interessi della classe operaia di tutto il mondo, di tutta l'umanità progressista: per questo contemporaneamente il nome di Stalin conquistò ovviamente in tutto il mondo immensa gloria".

Ma Stalin ha fatto alcuni seri errori relativi alla politica interna ed estera dell'Unione Sovietica. I suoi metodi di lavoro, falsati dall'arbitrio, hanno, in un certo senso, attentato al principio del centralismo democratico nella vita del partito e nel regime statale dell’Unione Sovietica e hanno parzialmente infranto la legalità socialista. Dato che in molti campi Stalin si era fortemente diviso dalle masse e prendeva decisioni su molte questioni politiche importanti fidandosi della propria autorità, egli doveva inevitabilmente commettere gravi errori. Questi errori si sono manifestati soprattutto nella liquidazione della controrivoluzione e nei rapporti con certi paesi. Nell'eliminare la controrivoluzione, Stalin ha punito numerosi controrivoluzionari che bisognava punire e ha in sostanza realizzato i compiti che si ponevano su questo fronte, ma d'altra parte egli ha accusato gratuitamente molti comunisti leali e buoni cittadini, cosa che ha causato dei gravi pregiudizi. Per quanto concerne i rapporti con i paesi fratelli e i partiti fratelli, Stalin è rimasto nell'insieme sulle posizioni dell'internazionalismo; ha aiutato nella lotta i popoli di paesi differenti e ha contribuito allo sviluppo del campo socialista. Ma, trattando certi problemi concreti, ha manifestato una tendenza allo sciovinismo di grande nazione e non ha avuto un sufficiente senso di uguaglianza; in tal modo gli riusciva tanto più difficile educare la grande massa dei quadri in uno spirito di modestia. Egli è perfino talvolta intervenuto erroneamente negli affari interni di alcuni paesi fratelli e di alcuni partiti fratelli e ciò ha avuto molte conseguenze gravi.

Come spiegare i gravi errori commessi da Stalin? Che rapporto vi è tra questi errori e il sistema socialista dell'Unione Sovietica?

La scienza della dialettica marxista-leninista ci insegna che ogni forma di rapporti di produzione e ogni sovrastruttura basata su questi rapporti di produzione nasce, si sviluppa e sparisce. Quando le forze produttive hanno raggiunto un certo stadio di sviluppo, gli antichi rapporti di produzione cessano di corrispondere fondamentalmente allo stato di queste forze; quando la base economica ha raggiunto un certo stadio di sviluppo, l'antica sovrastruttura cessa di corrispondere a questa base: intervengono allora inevitabilmente dei fondamentali cambiamenti qualitativi e chi cerca di opporsi a questi cambiamenti è spazzato via dalla storia. Questa legge si applica sotto forme diverse a tutte le società. Essa è dunque valida anche per la società socialista attuale e per la società comunista di domani.

Questi errori di Stalin furono forse dovuti al fatto che il sistema socialista dell'economia e della politica dell'Unione Sovietica era stato superato dai tempi e non conveniva più ai bisogni dello sviluppo sovietico? Certamente no. La società socialista sovietica è ancora giovane, non ha neppure 40 anni di esistenza, il fatto che l'Unione Sovietica abbia conseguito un rapido progresso economico dimostra che il suo sistema economico è, in complesso, adatto allo sviluppo delle sue forze produttive e che il suo sistema politico è anch'esso, in complesso, adatto ai bisogni della sua base economica. Gli errori di Stalin non ebbero origine dal sistema socialista: ne consegue che per correggere quegli errori, non è necessario "correggere" il sistema socialista. La borghesia occidentale tenta di utilizzare gli errori di Stalin come prova degli "errori" del sistema socialista. Ciò è privo di fondamento. C'è anche chi cerca di spiegare gli errori di Stalin con il fatto che nei paesi socialisti lo Stato amministra l'economia e chi ritiene che se il governo dirige l'attività economica, esso diviene inevitabilmente un "apparato burocratico" che ostacola lo sviluppo delle forze del socialismo. Questa argomentazione non è più convincente dell'altra. Nessuno può infatti negare che lo straordinario sviluppo economico dell'URSS deriva precisamente dal fatto che lo Stato operaio assicura la direzione pianificata dell'attività economica, mentre i principali errori di Stalin hanno ben scarso rapporto con i difetti di funzionamento dell'apparato dello Stato nella direzione degli affari economici.

Ma anche quando il sistema dì base corrisponde ai bisogni, vi sono ancora determinate contraddizioni tra i rapporti di produzione e le forze produttive, tra la sovrastruttura e la base economica. Tali contraddizioni trovano espressione in certe deficienze di collegamenti nel sistema economico e politico. Anche se non è necessario ricorrere a delle trasformazioni radicali per risolvere queste contraddizioni, è tuttavia necessario procedere tempestivamente a delle correzioni. Ma, una volta che si abbia un sistema di base corrispondente ai bisogni e una volta che si siano riaggiustate le contraddizioni ordinarie esistenti in questo sistema (per usare il linguaggio della dialettica, le contraddizioni allo stadio dei "cambiamenti quantitativi") si può essere certi che non accadranno errori? La cosa non è così semplice. Il sistema ha un'importanza decisiva, ma non è qualcosa di onnipotente in se stesso. Per quanto buono sia un sistema, esso non dà garanzie contro i gravi errori che possono essere commessi nel lavoro. Quando si abbia il sistema giusto, la questione principale è se si sia o no in grado di usarlo in modo giusto; se si sia o no in grado di svolgere una giusta politica, di adottare dei metodi e uno stile di lavoro giusti. Senza di che anche con un sistema giusto si possono commettere degli errori e anche con un buon apparato statale si può arrivare a fare un cattivo lavoro.

Bisogna regolare questi problemi attraverso una somma di esperienze e la loro verifica nella pratica; è impossibile regolarli dall'oggi al domani. Inoltre la situazione cambia continuamente: nel momento stesso in cui si risolvono dei vecchi problemi ne sorgono dei nuovi e non può esserci soluzione valida una volta per tutte. Nulla di strano dunque se nei paesi socialisti, dove è stata creata una base solida, tuttavia certe maglie dei rapporti di produzione e di sovrastruttura presentano ancora dei difetti, se si constatano ancora delle deviazioni di un tipo o di un altro nella politica, nei metodi e nello stile di lavoro del partito e dello Stato.

Nei paesi socialisti il compito del partito e dello Stato consiste, appoggiandosi sulle masse e sulla collettività, nel riaggiustare tempestivamente le diverse smagliature del sistema economico e politico, nello scoprire e nel correggere in tempo gli errori di lavoro. È sottinteso che i punti di vista soggettivi dei dirigenti del partito e dello Stato non possono mai essere conformi al cento per cento alla realtà oggettiva. Così certi errori di carattere isolato, parziale e passeggero sono inevitabili. Quanto agli errori seri, di lunga durata e di portata nazionale, essi possono essere previsti soltanto se ci si tiene rigorosamente fedeli alla scienza del materialismo dialettico marxista-leninista e se la si sviluppa energicamente; soltanto se si osservano senza venir meno i princìpi del centralismo democratico nel partito e nello Stato e se ci si appoggia veramente sulle masse.

Le ragioni per le quali alcuni degli errori compiuti da Stalin nei suoi ultimi anni divennero errori seri, di portata nazionale e persistenti e non furono corretti tempestivamente, consistettero precisamente nel fatto che, in determinati campi e in una certa misura, egli si isolò dalle masse e dalla collettività e violò il principio del centralismo democratico del partito e dello Stato. La ragione di certe infrazioni del centralismo democratico deve essere ricercata in certe condizioni sociali storiche: in materia di direzione dello Stato, il partito mancava ancora d'esperienza, il nuovo regime non era ancora sufficientemente consolidato per resistere a tutte le influenze dei tempi passati (il processo del rafforzamento di un nuovo regime e della scomparsa delle antiche influenze non è rettilineo, sovente nelle svolte della storia prende la forma di movimenti ondulatori e di oscillazioni); la tensione della lotta all'esterno e all'interno del paese ebbe l'effetto di limitare lo sviluppo di certi aspetti della democrazia; ecc... Nondimeno tali condizioni obiettive non sarebbero bastate a trasformare la possibilità di commettere errori in errori reali. In condizioni molto più complesse e difficili di quelle in cui Stalin si è trovato, Lenin non ha commesso errori analoghi a quelli di Stalin. Qui il fattore decisivo è la condizione spirituale dell'uomo. Una serie di vittorie e gli elogi che gli vennero tributati negli ultimi anni della sua vita, gli dettero alla testa, lo fecero deviare parzialmente, ma gravemente, dal modo di pensare del materialismo dialettico e lo fecero cadere nel soggettivismo. Egli cominciò ad avere una fede cieca nella sua saggezza e nella sua autorità; e si rifiutava di condurre ricerche e studi seri della complessa realtà, di prestare attenzione all'opinione dei suoi compagni e alla voce delle masse. Di conseguenza, certe tesi e misure politiche da lui adottate si muovevano spesso in direzione contraria alla realtà obiettiva; egli s'è spesso ostinato a far applicare, durante un lungo periodo di tempo, queste misure errate e non ha potuto rettificare tempestivamente i suoi errori.

Il Partito Comunista dell'Unione Sovietica ha già preso delle misure per rettificare gli errori di Stalin e rimediare alle loro conseguenze. Queste misure cominciano a dare i loro frutti. Il ventesimo Congresso ha dato prova di grande fermezza e di grande coraggio nell'eliminazione del culto di Stalin, nella rivelazione della gravità dei suoi errori e nella liquidazione delle conseguenze di questi errori. Nel mondo intero i marxisti-leninisti e quelli che simpatizzano con la causa del comunismo sostengono gli sforzi del Partito Comunista dell'Unione Sovietica per rettificare questi errori e si augurano che gli sforzi dei compagni sovietici siano coronati da un pieno successo. È evidentissimo che questi errori, non essendo di breve durata, non potevano essere corretti tutti in un giorno. Ciò esigerà degli sforzi per un periodo relativamente lungo e un minuzioso lavoro di educazione ideologica. Noi siamo convinti che il Partito Comunista dell'Unione Sovietica, che ha già superato difficoltà innumerevoli, saprà superare queste difficoltà e raggiungere il suo obiettivo.

La lotta che esso conduce per correggere gli errori commessi non può naturalmente avere l'appoggio della borghesia e dei socialdemocratici di destra dei paesi occidentali. Approfittando dell'occasione per cercare di cancellare ciò che c'era di giusto nell'attività di Stalin, di cancellare gli immensi successi ottenuti dall'Unione Sovietica e da tutto il campo socialista, di seminare la confusione e di provocare la scissione nei ranghi comunisti, essi si ostinano a dare alla correzione degli errori di Stalin l'etichetta di "destalinizzazione", descrivendola come una lotta di elementi antistalinisti contro elementi stalinisti. L'intento della borghesia e della destra socialdemocratica è abbastanza evidente. Sfortunatamente, interpretazioni di questo tipo hanno guadagnato terreno anche fra alcuni comunisti. Noi riteniamo estremamente nocivo per dei comunisti far propri, simili punti di vista.

Come tutti sanno, sebbene Stalin abbia commesso alcuni grandi errori nei suoi ultimi anni, la sua vita fu nondimeno quella di un grande rivoluzionario marxista-leninista.

Nella sua giovinezza egli ha lottato contro lo zarismo e ha propagandato il marxismo-leninismo; entrato nell’organo centrale dirigente del partito, ha lottato per preparare la rivoluzione del 1917; dopo la Rivoluzione d'Ottobre ha lottato per difenderne i frutti; dopo la morte di Lenin, durante circa trent'anni, ha lottato per l'edificazione del socialismo, per la difesa della pace socialista, per lo sviluppo del movimento comunista mondiale. Insomma egli è sempre stato all'avanguardia del movimento storico, ha diretto la lotta, è stato l'intransigente nemico dell'imperialismo. La tragedia di Stalin fu di aver creduto, nel momento stesso in cui commetteva i suoi errori, che i suoi atti fossero necessari per difendere gli interessi dei lavoratori contro gli attacchi del nemico. Gli errori di Stalin recarono all'Unione Sovietica un danno che avrebbe potuto essere evitato. Nondimeno l'Unione Sovietica fece immensi progressi durante il periodo in cui Stalin fu alla sua testa. Questo è incontestabile e testimonia non soltanto la forza del sistema socialista, ma anche il fatto che Stalin era, malgrado tutto, un comunista incrollabile. Perciò, nel riassumere l'ideologia e l'attività di Stalin, dobbiamo considerare sia gli aspetti positivi che quelli negativi sia i successi che gli errori. Se si esamina la questione tenendo conto di ambedue gli aspetti, anche se qualcuno vuole assolutamente parlare dì "stalinismo", si può dire solo questo: "stalinismo" è innanzitutto comunismo, marxismo-leninismo. Questo è l'aspetto principale. In secondo luogo restano alcuni errori estremamente seri in contrasto con il marxismo-leninismo e da correggere a fondo. Se è necessario in certi casi sottolineare questi errori per correggerli, è altrettanto necessario ristabilire la loro vera entità per darne una valutazione giusta e non permetterne un’interpretazione errata. A nostro avviso gli errori di Stalin stanno in secondo piano rispetto ai suoi successi.

Solo un'analisi obiettiva ci permetterà di dare un giudizio corretto su Stalin e su tutti i compagni che, sotto la sua influenza, hanno commesso analoghi errori; di dare un giudizio corretto sui loro errori. Poiché questi errori sono stati commessi dai comunisti durante il loro lavoro, essi costituiscono una questione interna ai partiti comunisti, quella di sapere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e non di sapere con chi si ha a che fare nella lotta di classe, se con un nemico o con un compagno. Noi dobbiamo trattare questi compagni come compagni e non come nemici; criticando i loro errori dobbiamo difendere ciò che essi hanno fatto di giusto e non respingere tutto ciò che essi hanno fatto. I loro errori hanno delle origini sociali e storiche e le loro cause appartengono al campo dell'ideologia e della comprensione. Poiché essi sono stati commessi, altri compagni potrebbero commetterne; è per questo che bisogna, dopo aver compreso questi errori e aver cominciato a correggerli, considerarli come una lezione seria, come dei beni che possono essere messi a profitto per elevare la coscienza di tutti i comunisti, prevenire così il ripetersi di tali errori e fare progredire la causa del comunismo. Al contrario, adottare rispetto a quelli che hanno commesso questi errori un atteggiamento totalmente negativo, trattarli con discriminazione e ostilità dando loro questa e quell'etichetta, non è fatto per aiutare i nostri compagni a trarre da ciò che è passato la lezione che deve essere tratta; inoltre, poiché in tal modo si confonderebbero due tipi di contraddizioni di carattere diverso, contraddizione tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato nei propri ranghi e contraddizione tra i nostri nemici e noi stessi, questo non potrebbe di fatto che favorire gli attacchi del nemico contro i ranghi comunisti, i suoi tentativi di smantellare le posizioni del comunismo.

L'atteggiamento preso dal compagno Tito e da altri compagni dirigenti della Lega dei Comunisti jugoslavi, così come è apparso dalle loro recenti dichiarazioni sugli errori di Stalin e su altre questioni connesse, non può essere considerato da noi né equilibrato né obiettivo. È comprensibile che i compagni jugoslavi nutrano particolare risentimento contro gli errori di Stalin. In passato essi fecero sforzi meritori per mantenersi sulla strada del socialismo in condizioni difficili.

Nelle imprese e in altre organizzazioni sociali, essi hanno realizzato esperienze di gestione democratica che hanno attirato l'attenzione. Il popolo cinese applaude alla riconciliazione tra l'Unione Sovietica e altri paesi socialisti da una parte e la Jugoslavia dall'altra; applaude allo stabilirsi e allo svilupparsi di rapporti amichevoli tra la Cina e la Jugoslavia. Insieme al popolo jugoslavo, esso augura alla Jugoslavia di accrescere continuamente la sua prosperità e la sua potenza, seguendo la via del socialismo. Noi siamo anche d'accordo con certi punti di vista espressi nei discorsi del compagno Tito, per esempio quando egli condanna i controrivoluzionari ungheresi, quando sostiene il governo rivoluzionario operaio e contadino dell'Ungheria, quando condanna la Gran Bretagna, la Francia e Israele per la loro aggressione all'Egitto, quando condanna il Partito Socialista Francese per la sua politica di aggressione. Ma ci stupisce che in quel discorso egli abbia attaccato quasi tutti i paesi socialisti e molti dei partiti comunisti. Il compagno Tito afferma che "stalinisti inveterati cercano tuttora di mantenersi ai loro posti nei diversi partiti ed essi sperano ancora una volta di consolidare il loro dominio e di imporre queste tendenze staliniste ai loro popoli e anche agli altri". Egli dichiara: "Noi dobbiamo lottare con i compagni polacchi contro queste tendenze che si manifestano in altri partiti, sia nei paesi orientali che in occidente". Noi non abbiamo letto nei discorsi dei compagni dirigenti del Partito Operaio Unificato Polacco che essi ritengano di dover assumere questo atteggiamento ostile riguardo ai partiti fratelli.

A proposito delle vedute che il compagno Tito ha espresso, riteniamo necessario dire che egli ha assunto un atteggiamento sbagliato quando ha preso il cosiddetto "stalinismo", gli "stalinisti", ecc... come obiettivi di attacco e quando ha sostenuto che la questione ora sarebbe se debba vincere il "corso seguito dalla Jugoslavia" o il corso detto "stalinista". Questo può solo portare a una frattura nel movimento comunista.

Il compagno Tito ha avuto ragione di dire: "Considerando lo sviluppo attuale della situazione in Ungheria, nella prospettiva socialismo o controrivoluzione, noi dobbiamo difendere l'attuale governo Kadar, noi dobbiamo aiutarlo". Ma non si può affermare che il grande discorso sulla questione ungherese pronunciato alla sessione dell'Assemblea nazionale della Repubblica Popolare Federativa Jugoslava dal compagno Kardelj, vice presidente del Consiglio Esecutivo Federale Jugoslavo, difenda il governo ungherese e gli venga in aiuto. Non soltanto egli ha dato degli avvenimenti ungheresi un'interpretazione in cui non esiste differenza fra noi e i nemici, ma ha inoltre presentato ai compagni ungheresi "la necessità di cambiamenti radicali nel sistema politico" come un'esigenza. Egli ha preteso che essi trasmettessero tutto il potere ai consigli operai di Budapest e agli altri consigli operai regionali, "di qualsiasi tipo fossero questi consigli" e ha chiesto loro di non fare "tentativi sterili per restaurare il partito comunista", "perché - egli dice - questo tipo di partito incarnava per le masse il dispotismo burocratico". Questo è il modello del "corso non stalinista" che il compagno Kardelj ha messo a punto per i paesi fratelli. I compagni ungheresi hanno rifiutato questa proposta del compagno Kardelj, hanno sciolto i consigli operai di Budapest e gli altri consigli operai che erano nelle mani dei controrivoluzionari e si sforzano di allargare i ranghi del Partito Operaio Socialista. Noi riteniamo che i compagni ungheresi abbiano perfettamente ragione di agire in questo modo, altrimenti non vi sarà socialismo in Ungheria, ma controrivoluzione.

È chiaro che i compagni jugoslavi hanno oltrepassato la misura. Anche se alcune parti delle loro critiche ai partiti fratelli sono ragionevoli, la posizione e il metodo che essi adottano sono contrari ai princìpi della discussione fra compagni. Noi non desideriamo interferire negli affari interni jugoslavi, ma le questioni sopra menzionate non sono affatto delle questioni interne. Allo scopo di consolidare l'unità del comunismo internazionale e per evitare che si creino condizioni che il nemico può sfruttare per causare nelle nostre file confusione e divisione, non possiamo fare a meno di offrire il nostro consiglio fraterno ai compagni jugoslavi.

La lotta contro il dogmatismo e il revisionismo

Una delle gravi conseguenze degli errori di Stalin fu l'estendersi del dogmatismo. Insieme alla critica degli errori di Stalin, i partiti comunisti di tutti i paesi lottano per avere la meglio sul dogmatismo nelle loro file. Questa lotta è assolutamente indispensabile. Ma, impegnandosi sulla via di un rifiuto totale di Stalin e inalberando l'errata parola d'ordine della lotta contro lo "stalinismo", un certo numero di comunisti ha contribuito allo sviluppo di una corrente ideologica che tende a rivedere il marxismo-leninismo. Questa corrente revisionista facilita senza dubbio alcuno l'attacco condotto dall'imperialismo contro il movimento comunista e infatti l'imperialismo utilizza attivamente questa corrente. Perciò, combattendo risolutamente il dogmatismo, noi dobbiamo combattere non meno risolutamente il revisionismo. Il marxismo-leninismo sostiene che lo sviluppo della società umana ubbidisce a delle leggi generali e fondamentali, ma che ogni paese, ogni nazione, presentano delle particolarità che li differenziano nettamente. Così tutte le nazioni passano attraverso la lotta di classe e finiscono per procedere verso il comunismo seguendo delle vie i cui caratteri essenziali sono gli stessi per tutti, ma le cui forme concrete si differenziano. Soltanto se si sa applicare la verità universale del marxismo-leninismo tenendo conto delle particolarità di ogni nazione, la causa del proletariato dei diversi paesi può trionfare. Agendo in questo modo il proletariato di ogni paese potrà arricchirsi di una nuova esperienza e apportare così un contributo, che sarà prezioso anche alle altre nazioni, al comune patrimonio del marxismo-leninismo. I dogmatici non comprendono che la verità universale del marxismo-leninismo si manifesta concretamente e diviene operante nella vita reale solo attraverso le specifiche caratteristiche nazionali. Essi non vogliono impegnarsi in uno studio serio della particolare situazione sociale e storica del loro paese, della loro nazione, non vogliono applicare la verità universale del marxismo-leninismo concretamente tenendo conto di queste particolari circostanze. Perciò sono incapaci di condurre la causa del proletariato alla vittoria.

Poiché il marxismo-leninismo è la generalizzazione scientifica dell'esperienza del movimento operaio nei diversi paesi, non bisogna mancare, si intende, di guardare attentamente il problema dell'utilizzazione dell'esperienza dei paesi avanzati. In Che fare? Lenin scriveva:

"Il movimento socialdemocratico è, per la sua stessa natura, internazionale. Ne consegue che non soltanto noi dobbiamo combattere lo sciovinismo nazionale, ma anche che un movimento che inizia in un paese giovane non può essere fruttoso se non quando assimila l'esperienza di altri paesi".

Lenin dichiara qui che il movimento operaio, che fa i suoi primi passi in Russia, deve mettere a profitto l'esperienza del movimento operaio dell'Europa occidentale. Il suo punto di vista è altrettanto valido quando si tratta di applicare l'esperienza sovietica nei giovani paesi socialisti.

Ma questo studio deve effettuarsi secondo metodi adeguati. Tutta l'esperienza dell'Unione Sovietica, anche la sua esperienza essenziale, è legata a delle particolarità nazionali ben determinate e nessun altro paese deve copiarla tale e quale; l'esperienza sovietica, l'abbiamo già detto, comporta anche una parte di errori e d’insuccessi. Nel suo insieme quest'esperienza, quella dei successi come quella degli insuccessi, è un inestimabile tesoro per coloro che la sappiano studiare, perché esso può aiutarli a fare meno deviazioni e a subire meno perdite. Ma se al contrario si copierà questa esperienza senza discernimento, l'esperienza stessa dei successi in Unione Sovietica, nonché quella degli insuccessi, può trascinare a degli smacchi in altri paesi.  Nel passo che segue immediatamente la precedente citazione, Lenin scrive:

"Ora per far questo non è sufficiente conoscere questa esperienza o limitarsi a ricopiare le ultime risoluzioni; bisogna analizzare criticamente quest'esperienza e controllarla di persona. Coloro che si rendono conto di quanto si è sviluppato il movimento operaio contemporaneo e di come si è ramificato, comprenderanno quale riserva di forze teoriche e di esperienza politica (e rivoluzionaria) richieda l'adempiere questo compito". [1]

Ora è evidente che nei paesi in cui il proletariato ha già preso in mano il potere, la questione è più complessa ancora di quella di cui parla Lenin.

Nella storia del Partito Comunista Cinese, dal 1931 al 1934, ci sono stati dei dogmatici che negavano le particolarità della Cina e copiavano meccanicamente certe esperienze dell'Unione Sovietica; questo provocò per le forze rivoluzionarie del nostro paese dei gravi rovesci. Questi rovesci hanno dato al nostro partito una grande lezione. Nel periodo che corre dalla Conferenza di Tsunyi del 1935 al VII Congresso nazionale del partito, tenuto nel 1941, il nostro partito ha chiuso completamente con questa linea dogmatica, che aveva causato un grave danno. Ha espulso tutti i sostenitori di questa linea, compresi i compagni che avevano commesso degli errori, ha sviluppato le forze popolari e assicurato così la vittoria della Rivoluzione. Se noi avessimo agito in modo diverso, la vittoria sarebbe stata impossibile. Soltanto perché noi abbiamo trionfato sulla linea del dogmatismo, è stato possibile al nostro partito, studiando l'esperienza dell'Unione Sovietica e degli altri paesi fratelli, commettere un numero relativamente minore di errori. E’ per questo che noi siamo perfettamente in grado di comprendere la necessità e la difficoltà, per i compagni polacchi e ungheresi, di rimediare nel momento attuale agli errori dogmatici del passato.

Gli errori dogmatici devono essere corretti sempre e dovunque. Come per il passato noi ci sforzeremo di correggere e prevenire tali errori nel nostro lavoro. Ma la lotta contro il dogmatismo non ha niente in comune con la tolleranza verso il revisionismo. Il marxismo-leninismo riconosce che il movimento comunista nei diversi paesi possiede necessariamente le sue particolarità nazionali, ma ciò non significa affatto che questo movimento non possa avere dei punti comuni fondamentali nei diversi paesi o che esso si possa allontanare dalla verità universale del marxismo-leninismo. Nel movimento attuale contro il dogmatismo, vi sono alcuni che, sotto il pretesto di lottare contro una cieca imitazione dell'esperienza dell'Unione Sovietica, negano la portata internazionale e il valore essenziale dell'esperienza dell'Unione Sovietica, e vi sono altri che, sotto il pretesto di sviluppare creativamente il marxismo-leninismo, negano l'importanza della verità universale del marxismo-leninismo.

Poiché Stalin e i vecchi dirigenti di qualche altro partito comunista hanno commesso il grave errore di violare la democrazia socialista, certi elementi insicuri nelle file dei partiti comunisti, protestando di voler sviluppare la democrazia socialista, tentano di indebolire o di ripudiare la dittatura del proletariato, il centralismo democratico dello Stato socialista, il ruolo dirigente del partito.

Non può esserci dubbio che, in una dittatura proletaria, la dittatura sopra le forze controrivoluzionarie deve essere strettamente combinata con la più larga misura di democrazia popolare e cioè socialista.

La dittatura del proletariato è forte e può trionfare su nemici potenti all'interno e all'esterno, assumersi il grande compito storico della costruzione del socialismo, proprio perché essa è la dittatura delle masse lavoratrici sugli sfruttatori, la dittatura della maggioranza sulla minoranza, perché essa assicura alle grandi masse dei lavoratori una libertà democratica che nessuna democrazia borghese potrebbe loro offrire. Senza uno stretto legame con le larghe masse popolari, senza l'appoggio attivo di queste ultime, non è possibile nessuna dittatura del proletariato, o almeno nessuna solida dittatura del proletariato. Più la lotta di classe è spietata, più il proletariato deve appoggiarsi in modo risoluto e completo sulle larghe masse popolari e stimolare la loro attività rivoluzionaria per vincere le forze della controrivoluzione. L'esperienza ardita e grandiosa della lotta delle masse in Unione Sovietica durante la Rivoluzione d'Ottobre e la guerra civile che la seguì, ha pienamente provato questa verità.

La "linea di massa", di cui parla così sovente il nostro Partito, è tratta appunto dall'esperienza dell'Unione Sovietica in quel periodo. La lotta accanita combattuta allora in Unione Sovietica poggiava soprattutto sull'azione diretta delle masse popolari e ovviamente riusciva difficile seguire una via perfettamente democratica. Dopo l'annientamento delle classi sfruttatrici e la liquidazione delle forze della controrivoluzione, la dittatura del proletariato era ancora necessaria dì fronte ai resti della controrivoluzione nell'interno del paese (resti che era impossibile fare sparire del tutto per l'esistenza stessa dell'imperialismo), ma il suo attacco doveva essere diretto soprattutto contro le forze aggressive dell'imperialismo estero. In queste condizioni bisognava sviluppare e perfezionare progressivamente, nella vita politica del paese, i diversi metodi democratici, perfezionare la legalità socialista, rafforzare il controllo del popolo sugli organi statali, sviluppare i metodi democratici nell'amministrazione dello Stato e delle imprese, stringere i legami tra gli organi statali e l'amministrazione delle imprese da una parte, e le larghe masse dall'altra, rimuovere gli ostacoli che potevano opporsi a questi legami, combattere sempre più le tendenze burocratiche, invece di insistere sull'aggravarsi della lotta di classe dopo la liquidazione delle classi e impedire così il sano sviluppo della democrazia socialista come fece Stalin. Il Partito Comunista dell'Unione Sovietica ha avuto completamente ragione nel rettificare energicamente gli errori commessi da Stalin su questo punto. Non si potrebbe in alcun caso ammettere che la democrazia socialista sia opposta alla dittatura del proletariato né che la si confonda con la democrazia borghese. Dal punto di vista politico come dal punto dì vista economico e culturale il solo obiettivo della democrazia socialista è di rafforzare la causa del socialismo, che è quella del proletariato e di tutti i lavoratori, di stimolare la loro attività nella costruzione del socialismo, nella lotta contro tutte le forze antisocialiste. Di conseguenza se esiste una democrazia che può essere utilizzata in vista di attività antisocialiste per indebolire la causa del socialismo, tale "democrazia" non può avere nulla in comune con la democrazia socialista.

Alcuni, tuttavia, non la vedono così e le loro reazioni agli avvenimenti ungheresi lo hanno rivelato molto chiaramente. Nel passato in Ungheria i diritti democratici non sono stati sempre rispettati, l'attività rivoluzionaria dei lavoratori è stata compromessa, mentre i controrivoluzionari non erano stati sufficientemente sconfitti. Così essi hanno potuto facilmente approfittare nell'ottobre del 1956 del malcontento delle masse per organizzare una ribellione armata. Ciò mostra che l'Ungheria non aveva ancora instaurato una reale dittatura del proletariato.

Quando l'Ungheria si trovava a fronteggiare la sua crisi, quando stava tra la Rivoluzione e la controrivoluzione, tra il socialismo e il fascismo, tra la pace e la guerra, gli intellettuali comunisti in alcuni paesi come hanno visto il problema? Non solo non hanno sollevato la questione della realizzazione della dittatura proletaria, ma si sono pronunciati contro i giusti passi compiuti dall'Unione Sovietica per aiutare le forze socialiste in Ungheria. Si sono fatti avanti a dichiarare che la controrivoluzione in Ungheria era una "rivoluzione" e a chiedere che il governo rivoluzionario operaio contadino estendesse la democrazia ai controrivoluzionari!

Certi giornali continuano anche oggi, in qualche paese socialista, a screditare senza limiti le misure rivoluzionarie dei comunisti ungheresi che lottano eroicamente nelle condizioni più dure; gli stessi giornali non dicono parola o quasi sulla campagna organizzata dalla reazione mondiale contro il comunismo, contro il popolo e contro la pace. Cosa significano questi frutti stupefacenti?

Ciò significa che essi, allontanandosi dalla dittatura del proletariato per invocare la democrazia, in realtà si pongono dalla parte della borghesia contro il proletariato: che in effetti chiedono il capitalismo e si oppongono al socialismo anche se molti di loro possono non rendersi conto di questo fatto. Lenin ha più di una volta sottolineato che la teoria della dittatura del proletariato costituisce l'essenza del marxismo. Il riconoscere la dittatura del proletariato "distingue radicalmente il marxista dal volgare piccolo (e anche grande) borghese". Lenin richiedeva che il potere del proletariato in Ungheria nel 1919 "usasse la violenza con una severità assoluta, rapidamente e risolutamente" per reprimere i controrivoluzionari e ha anche dichiarato che "chiunque non ha compreso ciò non è un rivoluzionario, bisogna scacciarlo dal suo posto di capo o di consigliere del proletariato" [2].

Si riconosce così che coloro che, soltanto per aver messo in luce gli errori di Stalin nell'ultima parte della sua vita e quelli dei dirigenti ungheresi in passato, ripudiano le tesi fondamentali del marxismo-leninismo sulla dittatura del proletariato e le calunniano qualificandole come "stalinismo" e "dogmatismo", s'incamminano sulla via del tradimento del marxismo-leninismo, sulla via dell'abbandono della causa della Rivoluzione proletaria.

Coloro che rifiutano la dittatura del proletariato negano anche la necessità del centralismo nella democrazia socialista e la funzione dirigente del Partito del proletariato nello Stato socialista. Tali idee non sono certamente delle novità per i marxisti-leninisti. Engels rilevava parecchio tempo fa, nel lottare contro gli anarchici, che fintanto che vi è in qualsiasi organismo sociale un'azione concertata, deve esservi una certa misura di autorità e di subordinazione. I rapporti autorità-autonomia hanno un carattere relativo, il loro campo di applicazione cambia secondo le diverse fasi dello sviluppo sociale. Engels diceva che "è assurdo parlare del principio di autorità come di qualcosa di assolutamente cattivo e del principio di autonomia come qualcosa di assolutamente buono!" e diceva anche che chiunque insistesse su una simile assurdità rendeva di fatto "un servizio alla reazione". Nella lotta contro i menscevichi, Lenin mise in luce con estrema chiarezza il significato decisivo della guida organizzata del Partito per la causa del proletariato. Criticando nel 1920 il comunismo "di sinistra" in Germania, egli sottolineava che ripudiare il ruolo dirigente del Partito, ripudiare il ruolo dei dirigenti, ripudiare la disciplina equivaleva a disarmare il proletariato a profitto della borghesia. Equivaleva cioè a fare propri quei difetti della piccola borghesia che sono “la dispersione, l'instabilità, la mancanza di fermezza, di unione, di azione concertata, difetti che causeranno inevitabilmente la perdita di tutto il movimento rivoluzionario del proletariato per poco che li si incoraggi” [3]. Queste tesi sono superate? Sono forse inapplicabili alle condizioni specifiche di certi paesi? La loro applicazione comporterebbe la ripetizione degli errori di Stalin? I fatti smentiscono chiaramente queste affermazioni. Queste tesi del marxismo-leninismo hanno resistito alla prova della storia durante lo sviluppo del movimento comunista internazionale e dei paesi socialisti e fino a oggi non si è trovato un solo caso che possa essere considerato un'eccezione. Gli errori di Stalin si spiegano non con la pratica del centralismo democratico negli affari dello Stato, non con il ruolo dirigente assunto dal partito, bensì precisamente con il fatto che Stalin ha infranto, in certi campi e in una cena misura, il centralismo democratico, il principio della direzione del partito. Applicare correttamente il centralismo democratico negli affari dello Stato e rafforzare come si deve la direzione della causa rivoluzionaria da parte del partito è la garanzia essenziale, per i paesi del campo socialista, di realizzare l'unione dei loro popoli, di vincere i loro nemici, di superare le difficoltà, di ottenere uno sviluppo vigoroso. È proprio per questo che gli imperialisti e tutti i controrivoluzionari, tesi ad attaccare la nostra causa, ci hanno sempre chiesto di "liberalizzare", hanno sempre concentrato le loro forze per disgregare gli organismi dirigenti della nostra causa e per distruggere il Partito comunista, nucleo del proletariato. Essi non hanno nascosto la loro grandissima soddisfazione per la "situazione instabile" che si è attualmente creata in certi paesi socialisti in seguito all'infrazione della disciplina nel partito e nell'apparato statale, ed essi ne approfittano per intensificare le loro attività sovversive. Questi fatti mostrano come sia importante tenere alta l'autorità del centralismo democratico e la funzione dirigente del partito, nell'interesse fondamentale delle masse popolari.

È innegabile che la centralizzazione nel sistema del centralismo democratico deve poggiare su larghe basi democratiche e che la direzione esercitata dal partito deve operare in stretto legame con le masse popolari. Bisogna criticare e correggere risolutamente i difetti scoperti in questo campo. Ma ogni critica di questi difetti deve avere per scopo di rafforzare il centralismo democratico e la direzione da parte del partito e non deve in alcun modo provocare sconcerto e confusione nelle file del proletariato come il nemico vorrebbe. Tra coloro che cercano di rivedere il marxismo-leninismo con il pretesto di combattere il dogmatismo, vi sono certuni che semplicemente negano che vi sia una linea di demarcazione tra la dittatura del proletariato e la dittatura della borghesia, tra il sistema socialista e il sistema capitalista e tra il campo socialista e il campo imperialista. Secondo loro, è possibile in certi paesi borghesi costruire il socialismo senza passare attraverso una Rivoluzione proletaria guidata dal Partito del proletariato e senza creare uno Stato guidato dal proletariato. Secondo loro il capitalismo e, perfino, la società umana nel suo complesso sarebbero già in procinto di "integrarsi" nel socialismo. Ma mentre costoro danno pubblicità a una simile propaganda, gli imperialisti mobilitano tutte le forze militari, economiche, diplomatiche, spionistiche e "morali" a loro disposizione, per "minare" e "disgregare" i paesi socialisti che esistono da parecchi anni. I controrivoluzionari borghesi di questi paesi, nascosti in patria o viventi in esilio, compiono ancora ogni sforzo per restaurare l'antico regime. Se le correnti revisioniste servono gli interessi degli imperialisti, le azioni degli imperialisti non confortano gli argomenti dei revisionisti, ma al contrario ne sottolineano l'erroneità.

 

La solidarietà internazionale del proletariato in tutti i paesi

Uno dei compiti più urgenti del proletariato di tutti i paesi per respingere l'offensiva dell'imperialismo consiste nel rafforzare la solidarietà internazionale proletaria. Per annientare il comunismo, gli imperialisti e i reazionari dei vari paesi sfruttano i sentimenti angustamente nazionalisti e certe incomprensioni di carattere nazionale tra i diversi popoli, in modo da nuocere con tutti i mezzi alla solidarietà internazionale del proletariato. I rivoluzionari proletari conseguenti difendono fermamente questa solidarietà, che essi considerano come un bene di interesse comune al proletariato di tutti i paesi. Quanto agli elementi esitanti essi non occupano una posizione ferma e netta in questa questione.

Il movimento comunista è stato un movimento internazionale fin dal suo inizio, poiché gli sforzi congiunti dei lavoratori dei vari paesi possono permettere di liberarsi dall'oppressione esercitata dalla borghesia mondiale coalizzata e realizzare i loro interessi comuni. La solidarietà internazionale del movimento comunista ha molto contribuito a sviluppare l'opera della rivoluzione proletaria nei diversi paesi, il trionfo della Rivoluzione d'Ottobre ha dato un enorme impulso all'avanzata rivoluzionaria del movimento proletario internazionale. Nei 39 anni trascorsi dalla Rivoluzione d'Ottobre, i successi del movimento comunista internazionale sono stati immensi ed esso è divenuto una potente forza politica mondiale. I proletari di tutto il mondo e tutti coloro che aspirano all'emancipazione ripongono le loro speranze, per un avvenire radioso dell'umanità, nel trionfo di questo movimento. Nei 39 anni trascorsi dalla Rivoluzione d'Ottobre, l'Unione Sovietica è divenuta il centro del movimento comunista internazionale in quanto essa è stata il primo paese socialista vittorioso, il paese più potente e più ricco di esperienza nel campo socialista sin da quando questo si è formato, il paese capace di dare il maggior aiuto ad altri paesi socialisti e ai popoli dei vari paesi del mondo capitalista. Non si tratta del risultato dì una decisione arbitraria di qualcuno, ma del naturale risultato di condizioni storiche. Nell'interesse della causa comune del proletariato dei diversi paesi, della comune resistenza all'attacco contro la causa del socialismo condotto dal campo imperialista con alla testa gli Stati Uniti e nell'interesse del comune sviluppo economico e culturale di tutti i paesi socialisti, dobbiamo continuare a rafforzare la solidarietà del proletariato internazionale di cui l'Unione Sovietica è il centro.

La solidarietà internazionale dei partiti comunisti è un rapporto di tipo completamente nuovo nella storia dell'umanità. È naturale che il suo sviluppo non possa essere scevro di difficoltà. I partiti comunisti debbono ricercare l'unità reciproca e al tempo stesso mantenere la rispettiva indipendenza. L'esperienza storica prova che gli errori sono inevitabili se questi due aspetti non vengono giustamente integrati, se l'uno o l'altro viene trascurato.

Quando i partiti comunisti hanno tra loro rapporti fondati sull'uguaglianza dei diritti e realizzano l'unità teorica e pratica attraverso consultazioni vere e non formali, la loro solidarietà s'accresce. Al contrario se in questi rapporti un partito impone la sua opinione agli altri, oppure se i partiti adottano il metodo di ingerirsi negli affari interni dell'uno e dell'altro piuttosto che quello dei suggerimenti e delle critiche fraterne, la loro solidarietà è compromessa. Poiché i partiti comunisti dei paesi socialisti assumono già la responsabilità di dirigere gli affari dello Stato e i rapporti tra i partiti si estendono spesso direttamente ai rapporti tra paese e paese e popolo e popolo, il buon regolamento di questi rapporti è diventato un problema che esige la massima circospezione. Il marxismo-leninismo ha sempre insistito sulla necessità di combinare l'internazionalismo proletario con il patriottismo dei popoli dei vari paesi.

I partiti comunisti devono formare i loro membri ed educare il popolo nello spirito dell'internazionalismo, i veri interessi nazionali di tutti i popoli esigono una collaborazione amichevole tra le nazioni. D'altra parte i partiti comunisti devono farsi interpreti dei giusti interessi e dei sentimenti nazionali dei loro popoli. I comunisti sono sempre stati e restano dei veri patrioti. Essi sanno che soltanto quando rappresentano correttamente gli interessi e i sentimenti della loro nazione possono godere della fiducia e dell'affetto reale di larghe masse popolari, realizzare efficacemente in mezzo a loro un lavoro di educazione nello spirito dell'internazionalismo e conciliare in modo conveniente i sentimenti e gli interessi nazionali dei popoli dei diversi paesi.

Per rafforzare la solidarietà internazionale dei paesi socialisti, i partiti comunisti di questi paesi devono rispettare reciprocamente i loro interessi e sentimenti nazionali. Ciò è tanto più importante quando si tratta di rapporti fra il Partito di un grande paese e quello di un paese più piccolo: il Partito del paese più grande deve vigilare costantemente perché siano mantenuti rapporti di uguaglianza. Lenin aveva ragione quando sottolineava "il dovere, per il proletariato comunista consapevole di tutti i paesi, di manifestare una particolare circospezione e attenzione verso le sopravvivenze del sentimento nazionale dei paesi e dei popoli oppressi da un tempo molto lungo"[4].

Come abbiamo già notato, Stalin manifestò una certa tendenza allo sciovinismo di grande nazione nei rapporti con i partiti e i paesi fratelli, tendenza che consiste nel disconoscere di fatto l'indipendenza e l'uguaglianza dei partiti comunisti e dei paesi socialisti nella comunità internazionale. Questa tendenza è dovuta a delle cause storiche ben determinate. Certo permane nell'atteggiamento dei grandi paesi verso i piccoli una certa influenza di abitudini radicate da lunga data; d'altro canto si può difficilmente evitare che le vittorie riportate da un Partito o da un paese nell'opera della Rivoluzione non gli ispirino un sentimento di superiorità.

Perciò sono necessari sforzi costanti per soppiantare la tendenza allo sciovinismo da grande nazione, fenomeno che non è peculiare di questo o di quel paese. Per esempio, il paese B può essere piccolo e arretrato in confronto al paese A, ma grande e progredito in confronto al paese C. Può perciò accadere che il paese B, mentre si lamenta dello sciovinismo da grande nazione del paese A, assuma spesso delle arie da grande nazione nei confronti del paese C.

Noi cinesi non dobbiamo soprattutto dimenticare che sotto le dinastie degli Han, Tang Ming e Ching, il nostro paese fu un grande impero nè che durante circa cento anni a partire dalla metà del XIX secolo la Cina, vittima dell'aggressione, fu trasformata in una semicolonia e che essa è in ritardo ancora oggi sul piano economico e culturale. Ciò non toglie che, quando le condizioni saranno cambiate, la tendenza allo sciovinismo di grande nazione sarà senz'altro un grave pericolo se non si prenderanno energiche misure per evitarlo. Bisogna dire che questo pericolo ha già cominciato a manifestarsi tra qualcuno dei nostri quadri amministrativi: è per questo che nella risoluzione dell'ottavo Congresso del Partito Comunista Cinese e nella dichiarazione del governo della Repubblica Popolare Cinese del 1° novembre 1956 è stato affidato ai nostri lavoratori dello Stato, il compito di combattere questa tendenza allo sciovinismo di grande nazione. Ma non è solo lo sciovinismo di grande nazione che intralcia l'unità proletaria internazionale. Nel corso della storia, i grandi paesi hanno spesso mancato di rispetto verso i piccoli paesi e li hanno anche oppressi e i piccoli paesi hanno diffidato dei grandi e sono anche divenuti loro ostili. Ambedue le tendenze continuano a esistere in misura più o meno grande fra i popoli e anche nelle fila della classe operaia dei vari paesi. Ecco perché, per rafforzare la solidarietà proletaria internazionale, oltre al compito primario di superare le tendenze scioviniste di grande nazione nei paesi più grandi, è necessario superare le tendenze nazionaliste nei paesi più piccoli.

Nei grandi come nei piccoli paesi, se i comunisti oppongono l'interesse del loro paese e della loro nazione agli interessi generali del movimento proletario internazionale e se intervengono contro questo col pretesto di difendere quelli, se nell'azione pratica invece di difendere validamente la solidarietà internazionale del proletariato la danneggiano, commetteranno un grave errore verso l'internazionalismo, verso il marxismo-leninismo.

Gli errori commessi da Stalin hanno suscitato un grave malcontento tra i popoli di certi paesi dell'Europa orientale. Ma anche là l'atteggiamento di certe persone verso l'Unione Sovietica non è dei più giusti. I nazionalisti borghesi non trascurano nulla per ingrandire i difetti dell'Unione Sovietica e chiudere gli occhi su ciò che essa ha dato. Essi si impegnano a fare in modo che non ci si chiede come l'imperialismo si comporterebbe verso questi paesi e questi popoli se non esistesse l'Unione Sovietica. Noi, comunisti cinesi, constatiamo con viva soddisfazione che i partiti comunisti di Polonia e d'Ungheria si impegnano seriamente a stroncare l'attività di elementi malevoli che diffondono voci antisovietiche e creano antagonismo nazionale tra i paesi fratelli e che questi partiti hanno incominciato a eliminare i pregiudizi nazionali che sussistono in una parte delle masse popolari e perfino in certi membri del partito. È evidente che questa è una delle misure che dovrebbero essere adottate con urgenza per rafforzare le relazioni amichevoli tra i paesi socialisti. Come abbiamo già indicato, la politica estera dell'Unione Sovietica, nel periodo precedente. rispondeva nelle sue grandi linee agli interessi del proletariato internazionale, a quelli delle nazioni oppresse e a quelli di tutti i popoli del mondo.

Nel corso degli ultimi 39 anni il popolo sovietico ha fatto sforzi e si è sottoposto a dei sacrifici eroici per venire in aiuto alla causa dei popoli dei diversi paesi. Gli errori commessi da Stalin non diminuiscono in nulla i meriti storici del grande popolo sovietico.

Gli sforzi del governo sovietico per migliorare le relazioni con la Jugoslavia, la sua dichiarazione del 30 ottobre 1956 e le sue conversazioni con la Polonia nel novembre dello stesso anno, manifestano la determinazione del Partito comunista dell'Unione Sovietica e del governo sovietico di eliminare del tutto gli errori commessi in passato nelle relazioni internazionali. Questi passi compiuti dall'Unione Sovietica sono un importante contributo al rafforzamento dell'internazionalismo proletario.

È del tutto evidente che oggi, mentre gli imperialisti conducono una forsennata offensiva contro i ranghi comunisti di tutti i paesi, il proletariato di tutto il mondo si impegna a consolidare a fondo la reciproca solidarietà. Posti come siamo noi di fronte a un nemico potente, ogni proposito, ogni azione che, sotto qualsiasi nome ci si presenti, minacci la coesione del movimento comunista internazionale, si alienerebbe la simpatia dei comunisti e dei lavoratori di tutti i paesi.

Il rafforzamento dell'internazionalismo proletario, con l'Unione Sovietica come suo nucleo centrale, non è soltanto nell'interesse del proletariato mondiale ma anche nell'interesse del movimento per l'indipendenza di tutte le nazioni oppresse e nell'interesse della pace mondiale.

Le grandi masse popolari d'Asia, d'Africa e dell'America Latina comprenderanno facilmente per loro propria esperienza quali sono i loro nemici e quali sono i loro amici. Così la campagna contro il comunismo, contro il popolo e contro la pace, scatenata dall'imperialismo, non può sollevare che un'eco transitoria e soltanto presso un pugno di uomini rispetto al miliardo di abitanti e più che popolano questi continenti.

I fatti provano che l'Unione Sovietica, la Cina, gli altri paesi socialisti e il proletariato rivoluzionario dei paesi imperialisti sono tutti saldi sostenitori della lotta dell'Egitto contro l'aggressione e del movimento per l'indipendenza nei paesi dell'Asia, dell'Africa, dell'America Latina.

I paesi socialisti, il proletariato dei paesi imperialisti e dei paesi che lottano per l'indipendenza nazionale, queste tre forze hanno vincoli di interesse comune nella loro lotta contro l'imperialismo e il loro appoggio e la loro assistenza reciproca sono del più grande significato per il futuro della umanità e per la pace mondiale. Recentemente le forze aggressive dell'imperialismo hanno di nuovo creato un certo grado di tensione nella situazione internazionale. Ma con la lotta congiunta delle tre forze sopra menzionate e in più l'opera concertata di tutte le altre forze amanti della pace nel mondo, è possibile ottenere una nuova diminuzione della tensione. Le forze aggressive dell'imperialismo non hanno tratto alcun guadagno dall'aggressione contro l'Egitto; al contrario ne hanno ricevuto una severa risposta. Grazie all'aiuto delle truppe sovietiche al popolo ungherese, i piani dell'imperialismo che miravano a stabilire un avamposto per la guerra nell'Europa orientale e a rompere la coesione del campo socialista sono ugualmente falliti. Tutti i paesi socialisti si pronunciano risolutamente per una coesistenza pacifica con i paesi capitalisti, per lo sviluppo di relazioni diplomatiche, economiche, culturali, per il superamento delle controversie internazionali attraverso la via dei negoziati pacifici, contro la preparazione di una nuova guerra mondiale, per l'estensione della zona di pace in tutto il mondo e della sfera di applicazione dei cinque princìpi della coesistenza pacifica. Tutti questi sforzi otterranno certamente la simpatia di un numero sempre più grande di nazioni oppresse e dei popoli pacifici di tutto il mondo. L'affermarsi della solidarietà internazionale del proletariato impedirà ai militaristi dell'imperialismo di impegnarsi alla leggera in avventure. Benché l'imperialismo si opponga anche oggi ai loro sforzi, le forze della pace avranno la meglio sulle forze della guerra.

Il movimento comunista internazionale ha una storia di soli 92 anni, calcolando dalla fondazione della Prima Internazionale nel 1864. Durante questo periodo il movimento nel suo complesso ha avuto uno sviluppo molto rapido, nonostante gli alti e i bassi. Nel periodo della Prima guerra mondiale è apparsa l'Unione Sovietica, che occupa un sesto del globo. Dopo la Seconda guerra mondiale si è costituito il campo socialista, che ora abbraccia un terzo della popolazione mondiale. Quando i paesi socialisti hanno commesso degli errori, i nostri nemici si sono rallegrati, mentre certi nostri compagni e amici se ne sono rattristati. Qualcuno tra loro ha anche avuto delle esitazioni rispetto alle prospettive della causa del comunismo. Tuttavia non c'è alcuna ragione perché i nostri nemici si rallegrino né perché i nostri compagni e amici si affliggano e si sentano sconcertati.

Il proletariato ha cominciato a governare lo Stato per la prima volta nella storia: in alcuni paesi questo è avvenuto solo pochi anni fa e nel più vecchio solo pochi decenni fa. Perciò è impossibile che non si verifichino anche degli insuccessi temporanei e parziali: si sono verificati, continuano a verificarsi e possono verificarsi in futuro. Ma chiunque abbia la vista lunga non si sentirà depresso e pessimista per questo. L'insuccesso è il padre del successo. Parziali e momentanei, gli insuccessi attuali arricchiscono l'esperienza politica del proletariato internazionale e preparano le condizioni che permetteranno gli immensi successi degli anni futuri. Paragonati alla storia delle rivoluzioni borghesi d'Inghilterra e di Francia, gli insuccessi della nostra causa sono insignificanti. La rivoluzione borghese in Inghilterra scoppiò nel 1640 ma alla vittoria riportata sul re, seguì la dittatura di Cromwell; in seguito nel 1660 fu restaurata l'antica casa reale. Soltanto nel 1688, quando il partito borghese fece un colpo di Stato e andò a cercarsi in Olanda un re che, alla testa delle sue forze navali e terrestri, penetrò in territorio inglese, la dittatura della borghesia inglese fu instaurata. Durante gli ottantasei anni che corrono tra il giorno in cui scoppia la Rivoluzione francese nel 1789 fino al 1875, data di nascita della terza repubblica, la rivoluzione borghese in Francia attraversò un periodo particolarmente tempestoso. Essa oscillava con ritmo rapido da progresso a reazione, da repubblica a monarchia, da terrore rivoluzionario a terrore controrivoluzionario, da guerra civile a guerra esterna, dalla conquista di territori stranieri alla capitolazione davanti a Stati esteri. Benché la Rivoluzione socialista abbia subito la pressione delle forze reazionarie di tutto il mondo, il suo sviluppo è stato nell'insieme molto più felice e regolare. Ciò testimonia la vitalità senza precedenti del sistema socialista.

Sebbene recentemente il movimento comunista internazionale abbia incontrato alcune difficoltà, ne abbiamo tratto molte utili lezioni. Abbiamo corretto o stiamo correggendo gli errori che era necessario rettificare nelle nostre file. Una volta rettificati questi errori, saremo più forti e più fermamente uniti che mai. Contrariamente alle aspettative dei nostri nemici, la causa del proletariato non arretrerà ma farà sempre nuovi progressi.

Per ciò che concerne il destino dell'imperialismo, le cose si presentano in modo del tutto diverso. Nel mondo imperialista esistono conflitti fondamentali d'interesse fra l'imperialismo e le nazioni oppresse, tra i paesi imperialisti stessi, tra il governo e il popolo di questi paesi imperialisti. Questi conflitti si aggravano sempre più e non v'è medico che possa guarire questa malattia,

Ovviamente, appena nato come esso è attualmente, il sistema della dittatura del proletariato ha ancora di fronte a sé molti difficili problemi e soffre di varie debolezze. Ma, paragonata con il tempo in cui l'Unione Sovietica lottava da sola, la situazione è molto migliorata. Quale nascita non è accompagnata da difficoltà e da debolezze? Quello che conta è il futuro. Per quante svolte e per quante fatiche possano aspettarci nel nostro cammino in avanti, l'umanità raggiungerà alla fine il suo luminoso destino, il comunismo. Non c'è forza che possa impedirlo.

 

 

NOTE

1. V.I. Lenin, Stato e rivoluzione, in Opere, vol. 25.

2. V.I. Lenin, Saluto degli operai ungheresi, in Opere, vol. 29.

3. V.I. Lenin, L'estremismo malattia infantile del comunismo, in Opere, vol. 31.

4. V.I. Lenin, Primo schizzo delle tesi su problemi nazionali e coloniali


 
 

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