linea Rossa
(nr.17 - ottobre/novembre 2000)

 

ATTUALITA'

CRONACHE DI ORDINARIO MOBBING

A Taranto, in un’azienda dell’indotto Ilva, un operaio viene licenziato perchè rivendica il rispetto delle norme di sicurezza. Questo accade mentre si afferma sempre più il fenomeno del cosiddetto “mobbing”, ovvero una variante dell’alienazione prodotta dallo sfruttamento capitalista

----- redazione pugliese di Nuova Unità -----


Il termine mobbing venne coniato dal prof. Heinz Leymann, in Germania nel 1990, in occasione della presentazione dei suoi primi studi sul fenomeno, una forma di conflittualità sul posto di lavoro tra colleghi. La vicenda dei lavoratori ‘confinati’ nella palazzina ‘LAF’ (Laminatoio a freddo) dell’Ilva di Taranto, ha fatto sì che il fenomeno del cosiddetto ‘mobbing’ assumesse anche nel nostro paese  importanza nelle relazioni organizzative dell’impresa (come vuole il linguaggio dominante imprenditoriale) o, per meglio dire, nel conflitto capitale/lavoro e nell’organizzazione del lavoro dipendente più soggetto allo sfruttamento (la ‘deregulation’ che ha massicciamente investito il comparto privato e che sta per invadere ancor di più quello pubblico). Ma, al di là della suggestione del termine, certamente adeguato alle mistificazioni del tipo ‘new economy’, indice Nasdaq, just in time, postfordismo ecc.., in cosa differisce  il ‘mobbing’ da una delle possibili varianti dell’alienazione dello sfruttamento capitalista che già Marx aveva efficacemente descritto nei Manoscritti economico-filosofici del 1844?
Lo stesso giorno in cui qui a Taranto (9 giugno) si discuteva più o meno dottamente  sull’espansività del fenomeno mobbing, un operaio dell’indotto Ilva veniva licenziato perchè rivendicava maggiore sicurezza sul lavoro. L’operaio, 29 anni, aveva osato alzare la testa: si era rifiutato di eseguire un’operazione giudicandola pericolosa. L’azienda ha interpretato il gesto dell’operaio come ‘dimissioni volontarie’!
Solo due settimane prima, Antonio Basile, operaio dell’Ilva assunto con contratto di formazione, era precipitato da un’impalcatura di circa quattro metri ed aveva perso la vita. L’inchiesta su quell’infortunio non si è ancora chiusa, ma chi oserebbe contestare che quantomeno problemi di sicurezza e di elusione delle norme della 626 siano alla base di queste stragi di lavoratori? Neanche i sindacati confederali, che è tutto dire, ma che non vanno mai al di là di sterili proteste ed effimere fermate del lavoro. Altro che giusta causa! Il giovane operaio “dimessosi volontariamente”, era impegnato nel ripristino di alcuni capannoni nell’area dei treni nastri. In particolare doveva montare degli angolari e per questo era salito sulla piattaforma mobile che l’avrebbe portato a circa 40 metri di altezza. A metà percorso, però, l’apparecchiatura si è bloccata e l’operaio è stato riportato giù. Dopo qualche minuto, è stata di nuovo eseguita la manovra e la piattaforma non solo si è nuovamente bloccata, ma ha iniziato a vibrare pericolosamente. Per questo, una volta a terra, l’operaio si è rifiutato di compiere l’operazione ed a questo punto gli sarebbe stata posta una brusca alternativa: risalire sulla piattaforma o ritenersi licenziato. L’operaio non si è piegato all’aut-aut ed ha perso il lavoro.
Che relazione è da stabilirsi tra questo evento e il ‘mobbing’? Innanzi tutto lo scopo delle azioni che si identificano con il mobbing, è quello di eliminare o accantonare una persona che è divenuta scomoda distruggendola psicologicamente e socialmente in modo da provocarne il licenziamento o da indurla alle dimissioni. Appunto. Poi la contemporaneità del licenziamento e del convegno che si teneva nel Salone di rappresentanza della Provincia, promosso dall’ASL Ta/1: qui si apprendeva da autorevoli fonti che i casi di mobbing nel capoluogo jonico sono oramai quasi 200, in prevalenza si tratta di uomini, ma per le donne scattano anche le molestie sessuali, come, in altra sede, hanno denunciato gli Slai-Cobas. A Taranto c’è un centro di ascolto, uno dei tre presenti in tutta Italia, che ha avviato la sua attività a seguito della vicenda della palazzina ‘Laf’ che ha interessato una settantina di impiegati e tecnici dello stabilimento Ilva di Taranto. Il caso è diventato anche materia giudiziaria ed è oggetto di un processo che vede imputati alcuni dirigenti del centro siderurgico tra cui Emilio e Claudio Riva. V’è da rilevare che questi ultimi, attraverso il losco giornale ‘Mondo libero’, di cui Nuova Unità s’è già occupata in passato, ha tentato di organizzare un convegno, sempre a Taranto, per smontare qulle che ritengono ‘fandonie’ sul “danno esistenziale” e sul “bossing”, cioè le strategie aziendali volte a ridurre il numero dei dipendenti per ridurre i costi del personale o per ringiovanirlo. Ebbene, i lavoratori, in particolare proprio quelli della palazzina ‘Laf’, hanno impedito, con sonori fischi e picchettaggio all’ingresso del grande albergo cittadino ove si sarebbe dovuto consumare il dotto simposio di studio, quel convegno padronale i cui grandi assenti erano... gli operai e impiegati mobbizzati!!
Le vittime di mobbing o di bossing vanno incontro ad una serie di problemi: la perdita di ruolo come lavoratore poichè il lavoro è la principale fonte di realizzazione dell’individuo, lo sconvolgimento della propria esistenza in quanto viene a mancare la possibilità di proiettarsi nel futuro, lo sconvolgimento dell’equilibrio affettivo in cui la famiglia diventa l’unico spazio per scaricare le frustrazioni, perdita dell’unica possibilità di relazioni extrafamiliari. A tutto ciò, ovviamente, si aggiungono le difficoltà economiche aggravate dall’instabilità del rapporto di lavoro [le famose flessibilità e mobilità decantate dal pensiero (e dall’azione) unico].
Ora, il mobbing e le sue conseguenze portanno pur essere ‘regolate’ per legge e i lavoratori avranno un’arma legale in più per lottare per i propri diritti. Ma ciò non risolverà il problema alla radice, come non dobbiamo stancarci di ripetere noi comunisti: cambiano i temini, cambiano le forme e i modi, ma la sostanza è sempre quella descritta e analizzata da Marx: lo sfruttamento capitalista si abbatte definitivamente abbattendo definitivamente i padroni e rendendoli sì flessibili e mobbizzati, ma dalla classe operaia che conquista il potere politico. Il termine mobbing, mutuato dall’etologia, indica il comportamento aggressivo praticato nei confronti di un individuo della stessa specie allo scopo di isolarlo. Ma i padroni, sono della nostra stessa specie?

questo articolo è stato pubblicato sul nr.0/1 di Democrazia Popolare



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