linea Rossa
(nr.17 - ottobre/novembre 2000)

 

TEORIA E MEMORIA STORICA

Gramsci e l'organizzazione come 'passaggio' per l'egemonia

Nell'area comunista è aperto il dibattito su quale partito comunista nel XXI secolo: rileggere e interpretare correttamente l'elaborazione di Gramsci sull'organizzazione e connetterla a quella di Pietro Secchia significa legarsi agli stessi strumenti teorico-pratici (prassi materialista) che hanno reso grande il PCI nell'epoca del suo radicamento di massa e della sua efficacia politica

----- Ferdinando Dubla -----

Il leninismo di Gramsci gli permette, nei 'Quaderni', di considerare il tema dell'organizzazione in chiave moderna, connesso ad uno dei 'passaggi' cruciali per l'egemonia e di criticare i modelli sociologici borghesi come 'modernizzazione apparente' per la passivizzazione delle masse: “Per fare la guerra ci vogliono gli eserciti, e nella misura in cui la teoria di Gramsci vuole essere una preparazione operativa per la rivoluzione, è chiaro che egli si preoccupa della natura e dell’organizzazione del suo esercito: il partito.”  [E.J.Hobsbawm,1974]
E qui è innanzitutto il discrimine: mentre l'organizzazione borghese moderna del 'partito politico' costituisce una delle  formazioni storiche privilegiate per la riproduzione del consenso, funzionale anche a processi pre-moderni come il cesarismo e il bonapartismo, dunque connessi alle forme di 'rivoluzione passiva', l'organizzazione proletaria moderna, seguendo la traccia leniniana traducibile in Occidente, legandosi al problema della transizione, deve essere resa funzionale all'attivizzazione delle masse, al loro protagonismo storico, ciò che si sostanzierà come radicamento popolare del principale degli strumenti dell'organizzazione, il partito comunista, con la direzione della classe operaia. In breve, la costruzione dell'egemonia passa dall'organizzazione del conflitto sociale, della lotta di classe, nel partito che sviluppa il processo rivoluzionario in forme specifiche e lo indirizza verso il socialismo. Il partito, 'intellettuale collettivo', si misura dunque con la capacità di dirigere e organizzare. E' il principale strumento della costruzione dell'egemonia proletaria, non il solo: si pensi all'importanza, per Gramsci, delle organizzazioni sindacali, degli istituti della formazione, degli impianti culturali complessivi, ecc., dell'intero impianto sovrastrutturale; anche per questo  i processi non si svolgono meccanicamente secondo modelli precostituiti (il sindacato promuove e dirige le lotte nei luoghi di lavoro, il partito organizza le masse e le politicizza tramite la formazione dei quadri come avanguardie coscienti - il modello rischierebbe così di non tener conto proprio delle forme della 'transizione', cioè della costituzione di una 'società civile' che nel capitalismo dell'epoca americanista e fordista  sviluppa i propri modi di essere in tipologie affatto lineari).
La nozione di 'organizzazione', così, sostanzia come una colonna portante quello di 'egemonia': che diventa, da questo punto di vista, il dirigere-organizzare scegliendo strategie e mezzi secondo fini consapevoli. E' l'organizzazione che vuole coincidenza di 'mezzi e fini' "e che si può parlare di volere un fine solo quando si sanno predisporre con esattezza, cura, meticolosità, i mezzi adeguati, sufficienti e necessari". Il controllo delle azioni, dell'attuazione effettiva e concreta delle iniziative, "è altrettanto necessario che lo studio delle idee.(..) nell'organizzare è compreso il 'verificare' o controllare."  [A.Gramsci: Quaderni dal carcere (Q.14)]
Gramsci era partito, nel Quaderno 2 (limitatamente a ciò che gli era permesso di leggere nelle condizioni carcerarie, non bisogna mai dimenticarlo, ma questa volta non a caso) dalla critica al sociologismo di Roberto Michels e le tendenze oligarchiche della democrazia moderna, secondo cui il bisogno dell'organizzazione e le tendenze presenti nella psicologia umana, individuale e collettiva, rendono evanescente ogni discorso sulla connotazione di classe. Tant'è che esiste una 'borghesia' all'interno stesso del movimento operaio e delle sue rappresentanze politiche. Ciò, scrive Gramsci, accade materialmente "quando nell'organizzazione c'è scissione di classe: ciò è avvenuto nei sindacati e nei partiti socialdemocratici: se non c'è differenza di classe la questione diventa puramente tecnica - l'orchestra non crede che il direttore sia un padrone oligarchico."
Per un partito comunista la questione che si pone dunque, è quella di dirigenti e diretti che condividano la necessità dell'organizzazione della lotta di classe, ciò che va appunto oltre lo 'schematismo sociologico', come lo chiama Gramsci e non si pone certo in termini meccanici di composizione sociale di classe del partito nei suoi quadri e nella sua direzione complessiva, sebbene sia un dato questo che per quantità debba supportare la qualità. Inoltre nella sua riflessione Gramsci avverte che per la conquista dello Stato c'è la necessità di strutturarsi come formazione centralizzata: "(..)bisogna però osservare che altra è la democrazia di partito e altra la democrazia nello Stato: per conquistare la democrazia nello Stato può essere necessario - anzi è quasi sempre necessario - un partito fortemente accentrato (..)" [A.Gramsci, (Q.2)]
Insomma, la categoria di 'burocratismo', senza analisi di classe, è insussistente, e organizzazione, senza della quale non è possibile l'esercizio della direzione e dell'egemonia, non è 'burocratismo', che si supera attraverso la partecipazione attiva dei diretti alla direzione e alla gestione non delegata del controllo dei risultati della direzione. Nel partito comunista, che costruisce l'egemonia proletaria, la formazione dei quadri è rivolta sia all'assunzione piena del ruolo di avanguardie per l'organizzazione della lotta di classe (in tutte le sue forme), sia, appunto, al "controllo" dei concreti ed effettivi risultati nell'incedere del processo rivoluzionario.
Rifiutando decisamente l'eguaglianza direzione del partito=direzione della società, Gramsci rivendica la democraticità del centralismo nel partito di classe, ciò che solo permette l'organizzazione/direzione - controllo dei risultati concreti dell'azione politica - egemonia; e la natura democratica dello Stato nel socialismo, come annullamento della dualità dirigenti-diretti e annullamento dello Stato.
Il comunismo si connota come 'società regolata', regolata anche da una metodologia organizzativa superiore all''anarchia' funzionale all'accentramento, ai 'capi carismatici' che escono fuori dal cilindro della borghesia capitalista.
In questo senso, non c'è comunismo senza organizzazione e nelle fasi della lotta di classe, con modalità differenti per la 'guerra di movimento' e 'guerra di posizione', organizzazione è già rivoluzione, cioè possibilità di apertura e sviluppo del processo rivoluzionario.
L'organizzazione di classe del proletariato - il partito - è a sua volta organizzazione collettiva che persegue fini e scopi condivisi, il tramite tra dirigenti e diretti è la coscienza di classe, è la scelta stessa dei 'mezzi' (tattica) con cui si perseguono quegli stessi fini (strategia). L'organizzazione come direzione ed esercizio dell'egemonia delle classi subalterne è critica al concetto e alla prassi dell'organizzazione borghese, così come si concepisce e si struttura dalla Rivoluzione francese e dalla dottrina di Hegel sui partiti e le associazioni 'trama privata' dello Stato. Gramsci, nel Quaderno 1, riferito al costituzionalismo borghese, scrive:

"Governo col consenso dei governati, ma col consenso organizzato, non generico e vago quale si afferma nell'istante delle elezioni: lo Stato ha e domanda il consenso, ma anche 'educa' questo consenso con le associazioni politiche e sindacali, che però sono organismi privati, lasciati all'iniziativa privata della classe dirigente."

Lo stesso concetto di Marx dell'organizzazione, rileva Gramsci, pur con un acuto "senso delle masse", risentiva della propria particolare esperienza storica dell'epoca e dunque "rimane ancora impigliato tra questi elementi: organizzazione di mestiere, clubs giacobini, cospirazioni segrete di piccoli gruppi, organizzazione giornalistica". [Q.1]
Le classi dirigenti borghesi esercitano il dominio tramite l'organizzazione del consenso passivo delle classi subalterne, ciò che permette 'rivoluzione passiva', 'rivoluzione senza rivoluzione', trasformazioni interne agli assetti della classe dominante e 'passivizzazione delle masse', eterodirezione, riproduzione ideologica in chiave reazionaria del 'senso comune', infine 'il sovversivismo dall'alto delle classi dirigenti': non è mai esistito "un dominio della legge (sfera formale del diritto, ndr), ma solo una politica di arbitrii e di cricca personale o di gruppo (materialità dell'egemonia borghese, ndr)."
[A.Gramsci, Q.3]
La costruzione dell'egemonia, uno dei cui 'passaggi' cruciali è costituito dall'organizzazione, della lotta di classe e dello strumento della definitiva emancipazione delle masse popolari, non può prescindere dalla trasformazione che questo 'passaggio' richiede alle classi subalterne: da massa ad esercito politico organicamente predisposto. Gramsci lo indica analizzando il 'teorema delle proporzioni definite' ripreso dai Princìpi di economia pura, opera del 1889 rieditata nel 1931 di Maffeo Pantaleoni, che tenta di legare, in termini neopositivistici, all'economia politica le leggi della chimica organica:

"(..) I corpi si combinano chimicamente soltanto in proporzioni definite e ogni quantità di un elemento che superi la quantità richiesta per una combinazione con altri elementi, presenti in quantità definite, resta libera; se la quantità di un elemento è deficiente per rapporto alla quantità di altri elementi presenti, la combinazione non avviene che nella misura in cui è sufficiente la quantità dell'elemento che è presente in quantità minore degli altri". [M.Panteleoni, Principii di Economia Pura, Treves, Milano, 1931]

Con l'avvertenza che questo 'teorema' può impiegarsi produttivamente nella 'scienza dell'organizzazione', se si fa salvo il suo valore 'schematico e metaforico', perchè gli aggregati umani non possono essere studiati e analizzati meccanicamente nè misurati matematicamente,  Gramsci annota:

"Si potrebbe servirsi metaforicamente di questa legge per comprendere come un 'movimento' o tendenza di opinioni, diventa partito, cioè forza politica efficiente dal punto di vista dell'esercizio del potere governativo; nella misura appunto in cui possiede (ha elaborato al suo interno) dirigenti di vario grado e nella misura in cui essi dirigenti hanno acquisito determinate capacità. (..) Perciò si può dire che i partiti hanno il compito di elaborare dirigenti capaci, sono la funzione di massa che seleziona, sviluppa, moltiplica i dirigenti necessari perchè un gruppo sociale definito (che è una quantità 'fissa', in quanto si può stabilire quanti sono i componenti di ogni gruppo sociale) si articoli e da caos tumultuoso diventi esercito politico organicamente predisposto." [A.Gramsci, Q.13]

Il passaggio da massa, indistinta e priva di coscienza di classe, ad esercito politico organicamente predisposto, massa popolare guidata dal partito di classe, richiede un prerequisito indiscutibile: elevare la capacità dei quadri (coscienza+organizzazione) per formare dirigenti capaci di incidere sulla quantità (organizzazione/direzione=egemonia). Nel dopoguerra, Secchia cercherà (nonostante la scarsa conoscenza diretta della riflessione gramsciana) di rendere operativo questo schema, in particolare ponendo la centralità della cellula alla base dell’organizzazione e del suo concreto esercizio dal basso verso l’alto e viceversa,  paragonandolo a quello del plotone nell’esercito, il cui compito è di “realizzare obiettivi tattici” formando  “dei comunisti coscienti, attaccati al partito, disciplinati”.  [Pietro Secchia, 1946]
Il legame con le masse non stempera l'identità di classe dello strumento-partito se si afferma la doppia valenza che molti hanno individuato come pedagogica, ma che in effetti è formativa come tutti i mezzi che mirano all'emancipazione, individuale e collettiva: è la società, le classi che determinano i partiti, questi formano i quadri che elevano la formazione delle classi stesse; per un partito comunista ciò è essenziale, una traduzione del principio marxista della determinazione della coscienza da parte dell' 'essere sociale'.
E la qualità dei quadri non si misura dalla capacità astratta di perorare la causa idealmente intesa, ma dall'effettiva capacità di guidare le masse nell'azione politico-sociale, qualità dell'avanguardia, appunto, nel fuoco delle contraddizioni di classe e in direzione del socialismo.
Il nuovo tipo di intellettuale nasce da qui: 'organico' alla classe e all'organizzazione di classe, è dentro la classe come organizzatore della trasformazione qualitativa nella costruzione del processo rivoluzionario, per l'egemonia, dalla massa 'tumultuosa' all'esercito disciplinato coscientemente alla realizzazione dei fini-obiettivi: la congruità delle strategie si misura dalla realizzazione operativa di obiettivi immediati e intermedi, non dall'idea che se ne fa chi la stabilisce.  D'altra parte, non aveva già lavorato Gramsci, su questa base, ai tempi dell''Ordine Nuovo'? Val la pena riflettere ancora, da questa prospettiva, su uno dei passi più giustamente celebri del Q.12 scritto nel 1932 ('Per la storia degli intellettuali' ):

"Nel mondo moderno l'educazione tecnica, strettamente legata al lavoro industriale anche il più primitivo o squalificato, deve formare la base del nuovo tipo di intellettuale. Su questa base ha lavorato l' 'Ordine Nuovo' settimanale per sviluppare certe forme di nuovo intellettualismo e per determinarne i nuovi concetti, e questa non è stata una delle minori ragioni del suo successo, perchè una tale impostazione corrispondeva ad aspirazioni latenti e era conforme allo sviluppo di forme reali di vita. Il modo di essere del nuovo intellettuale non può più consistere nell'eloquenza, motrice esteriore e momentanea degli affetti  e delle passioni, ma nel mescolarsi attivamente alla vita pratica, come costruttore, organizzatore, 'persuasore permanentemente' perchè non puro oratore - e tuttavia superiore allo spirito astratto matematico; dalla tecnica-lavoro giunge alla tecnica-scienza e alla concezione umanistica storica, senza la quale si rimane 'specialista' e non si diventa 'dirigente' (specialista+politico)."

Dall'astrazione logica, dall'interpretazione, alla trasformazione rivoluzionaria reale, concreta, in un' attualizzazione tutta operativa del Marx dell'XI glossa a Feuerbach. E in un'estrema  attualizzazione della lezione leninista e dell'Ottobre, rivendicata e costruita nel periodo ordinovista così come in quello carcerario, vero 'pendant' dell'intera riflessione gramsciana nei suoi aspetti organici: e organizzazione non è dato sociologico (o meramente sociologico) se ritorna in più luoghi come funzionale alla produzione e alla 'società regolata', regolazione della produzione e dell'economia:

"Gramsci condivide entusiasticamente - anche per il suo antigiacobinismo giovanile - l'idea leniniana secondo cui la costruzione del socialismo può avvenire solo attraverso la partecipazione attiva e consapevole delle masse, di tutti i lavoratori, e non per opera di gruppi ristretti. (..) Gramsci assume anche, pienamente e fino in fondo, l'affermazione, che corre drammaticamente, enfatizzata dalla pressione dell'emergenza, lungo tutto lo scritto leniniano, secondo cui il nuovo Stato è, prima di tutto, organizzazione e riorganizzazione dell'economia: senza tale organizzazione economica il potere del proletariato rischia di essere travolto. E' a partire da questa nuova consapevolezza del ruolo fondamentale dell'organizzazione della produzione e dell'economia che nel periodo ordinovista (1919/20) Gramsci proporrà con forza estrema, e, in alcuni momenti, con estrema unilateralità, l'idea della produzione come momento fondante della sovranità." [A.Catone,1995]

L'organizzazione per Gramsci, che non rifiuta la modalità con cui vanno strutturandosi i partiti comunisti sul modello dell'esperienza bolscevica, modello poi piegato alle esigenze staliniane a livello internazionale, è metodo e sistema, che si sostanzia di una forte volontà condivisa e di un progetto condiviso, nel partito comunista espresso con la linea politica e l'adesione cosciente ricercata intorno ad essa. Ma metodo e sistema, non devono rimandare alla coercizione senza consenso, cioè al principio d'autorità che crea scolastici dogmatici tra l'altro completamente insussistenti nell'azione pratica. Metodo e sistema sono la via alla massima libertà e alla creatività di una disciplina che è tutt'altro che ottusa, 'supino accoglimento di ordini', ma coscientemente appresa e applicata è punto dirimente nel lavoro di massa e di partito, in cui marxianamente l'educatore deve essere educato. Anche per la disciplina, e di rimando verso l'organizzazione di tipo centralista del partito, che però si sviluppa in senso squisitamente democratico, non vale l'astrattezza della formulazione, ma la sua sperimentazione attiva. Volendo schematizzare: se la linea politica è sbagliata, oppure non trova verifica nell'applicazione operativa, il centralismo funziona come burocratismo verticistico che rende l'intero organismo degradato e ammazza la democrazia. Per Gramsci, la sua coerenza anche in carcere lo dimostra, non c'è disciplina coatta che possa fermare il pensiero creativo. E il marxismo, il leninismo, l'deologia e la prassi proletaria e rivoluzionaria, o sono creativi o non sono affatto.
 
 

Dall’elaborazione gramsciana alla prassi dei comunisti italiani e l’esperienza di Pietro Secchia

Il partito è educatore collettivo, luogo di formazione orientato all'azione e non in senso ideologicamente pedagogico, se postuliamo il rapporto educativo modo di essere dell'ideologia, ma nel senso più pregnante di luogo ove forgiare gli strumenti per l'analisi di classe e una prassi storicamente efficace, in quanto rivoluzionaria. Ed è l'analisi guidata da princìpi che sostanziano i fini (con obiettivi di breve, medio e lungo periodo), che può rendere lo strumento duttile, flessibile e creativo, in una connessione stretta tra tattica e strategia, con un'intelligenza collettiva creativa, appunto, che non è mai opportunismo. Già il 2 luglio del 1925 Gramsci annotava in un fondo dell'Unità che "il compagno Lenin ci ha insegnato che per vincere il nostro nemico di classe, che è potente, che ha molti mezzi  e riserve a sua disposizione, noi dobbiamo sfruttare ogni incrinatura nel suo fronte e dobbiamo utilizzare ogni alleato possibile. (..)". Non la setta passiva autogratificante, dunque, ma un organismo di massa caratterizzato da disciplina liberamente scelta, in cui la necessità è vincolo per la libertà:

" Come deve essere intesa la disciplina, se si intende con questa parola un rapporto continuato e permanente tra governati e governanti che realizza una volontà collettiva? Non certo come passivo e supino accoglimento di ordini, come meccanica esecuzione di una consegna (..) ma come una consapevolezza e lucida assimilazione della direttiva da realizzare. La disciplina limita l'arbitrio e l'impulsività irresponsabile, per non parlare della fatua vanità di emergere (..) La disciplina è un elemento necessario di ordine democratico, di libertà." [A.Gramsci, Q.14]

Se l'unità politica del/nel partito è il prodotto dell'organizzazione materiale della classe e dei suoi alleati verso gli obiettivi della sua reale liberazione (che è l'emancipazione definitiva dalle catene dello sfruttamento capitalistico) e dell'unitarietà dell'analisi scientifica della società, dei suoi movimenti, della sua struttura, del suo processo complessivo, allora anche i tentativi della classe borghese dominante di 'sovversivismo dall'alto' e di 'rivoluzione passiva', troveranno il suo antagonista irriducibile nell'organizzazione strutturata del partito comunista, come partito rivoluzionario, di classe e di massa.
L'elaborazione gramsciana permette al concetto di organizzazione di uscire dalle secche del sociologismo borghese e di ancorarsi al modello di formazione e sviluppo del partito comunista: questo perde tuttavia il suo alone metafisico, di totem fideistico a cui tutto delegare/sacrificare, se lo si ricongiunge alla sua genesi di strumento-azione, organizzazione dell'antagonismo di classe, quando, in breve, il partito si fa attraversare e attraversa le regioni della lotta di classe in funzione propulsiva, attiva, funziona da avanguardia delle masse popolari (perchè è il tramite tra la classe e il popolo), le disciplina coscientemente in rapporto al rafforzamento stesso della coscienza di classe dei quadri (e la coscienza di classe si rafforza tra le masse, perchè è tra le masse che si genera la lotta di classe, diretta dalla classe operaia e  dai produttori salariati). Insomma, seguendo uno schema metodologico-didattico, posto che:
TATTICA+STRATEGIA=LINEA POLITICA;
ORGANIZZAZIONE INTERNA=CENTRALISMO DEMOCRATICO
(che perde però di senso se non è intimamente connesso con la proiezione e verifica esterne, antivirus dell'opportunismo e del carrierismo burocratico),
Questo schema, mai esplicitato in questa forma naturalmente nella più complessa e articolata riflessione gramsciana, da cui comunque lo si evince, è certamente all'interno della tradizione terzinternazionalista, sebbene assolutamente fuori delle sue degenerazioni, che non sono le stesse, per intendersi, di quelle denunciate in modo strumentale e paradossale dalla cultura borghese. E' lo schema di riferimento e di lavoro organizzativo anche di Pietro Secchia, che cercherà, nelle maglie di una tattica e di una strategia politica (la 'linea') da lui condivisa ma non scelta (nella rottura/continuità tra il partito semiclandestino e clandestino al 'partito nuovo' della 'svolta di Salerno') di renderlo operativo negli anni che vanno dall'immediato dopoguerra (1945) agli anni della sua emarginazione politica dal Partito Comunista Italiano guidato da Palmiro Togliatti (1954), nel periodo cioè in cui il dirigente comunista di Biella è alla guida del settore 'Organizzazione', uno dei più potenti nella tradizione dei comunisti non solo italiani. Secchia conosce poco l'elaborazione gramsciana (anche se proprio in quegli anni avrà modo di rifletterci sopra in progressione con la pubblicazione dell'edizione 'togliattiana' dei 'Quaderni dal carcere'), anche se si è formato ed è stato profondamente influenzato dai suoi scritti dell''Ordine Nuovo' (nelle sue ricostruzioni storiche, infatti, come ad esempio nell'opera Le armi del fascismo, pubblicata da Feltrinelli nel 1971, abbondanti sono le citazioni del Gramsci ordinovista, quasi del tutto assenti quelle dei 'Quaderni'). L'esperienza prerequisita di Secchia, nel 1945, è quella del combattente proletario e del dirigente nella Resistenza di matrice comunista; se Engels aveva studiato appassionatamente l'arte militare (dunque un importante settore dell'arte dell'organizzazione), Secchia cerca di fare diretta esperienza di essa seguendo il motto di Luigi Longo, combattente nelle brigate internazionali di Spagna, che 'il moto si apprende camminando'. Anche Secchia studia in carcere e al confino l'arte militare, ma per lui ha la stessa influenza che ha per Gramsci la lettura del 'teorema delle proporzioni definite' di M.Pantaleoni: spunti di riflessione teorica, ma ciò che conta è la sperimentazione e verifica concreta, è la concreta prassi rivoluzionaria. Ed in lui così si fondono, mirabilmente, le lezioni di Engels, di Lenin e di Gramsci, proprio sulla concretissima arte dell'organizzazione. Ed è vera e propria arte, sia in senso classico che moderno, in quanto, se organizzazione è concetto che, come s'è scritto, rimanda a metodo e sistema, il concetto di arte rimanda non ad una meccanica esecuzione stereotipata di leggi e principi fissi, ma ad una creatività soggettiva che rende lo strumento organizzativo flessibile, flessibile perchè e in quanto aderente alla realtà sociale e storicamente determinata; aderente e adeguata, l'organizzazione mira a modificare la realtà, marxianamente, non ad interpretarla o solo ad interpretarla, ne è condizionata, ma non si piega ad essa diluendosi, dileguandosi, ciò che è, al contrario, funzionale all'opportunismo deteriore e all'annacquamento dei princìpi.

Stralcio rimaneggiato dall'opera in cantiere dello stesso autore Da Gramsci a Secchia - Il primato dell'organizzazione nella costruzione del PCI del dopoguerra (1945/1951)


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La concezione gramsciana del Partito Comunista

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