LA PIATTAFORMA DEL '64

IL PROGRAMMA STORICO DEI MARXISTI-LENINISTI ITALIANI

Dal nr.1 di NUOVA UNITA' 

(marzo 1964)  

Presentiamo in questa pagina stralci di un documento storico: la piattaforma che, con il titolo di "Proposte", i marxisti-leninisti italiani pubblicarono sul nr.1 di Nuova Unità, nel marzo 1964 e che costituì la base per la costituzione, due anni dopo, del Partito Comunista d'Italia (marxista-leninista)[vedi scheda di R.Niccolai in PCd'I m-l]. Lo riproponiamo non per esigenze di memorialistica, pure importante per noi comunisti, ma perchè questa piattaforma può costituire un mattone documentario per un'esigenza rimasta ancora insoluta, benchè siano cambiati modi e forme del dominio e modi e forme dell'antagonismo proletario (la situazione storica concreta e determinata è mutata, così come deve aggiornarsi l'analisi di fase): la ricostruzione del partito dei comunisti marxisti leninisti del nostro paese. La stringente attualità del documento è proprio in quella improrogabile esigenza. 


  1-     LE CRISI SONO INEVITABILI

(..)

La contraddizione fondamentale tra classe operaia e capitale ha assunto nuove forme e nuovi aspetti: ma non è diminuita, anzi si è fatta più acuta. Lo sviluppo industriale ha accresciuto i ranghi del proletariato, lo sviluppo delle grandi imprese, la sua concentrazione, il progresso tecnico, la sua qualifica produttiva e sociale, la maggiore occupazione, la sua forza contrattuale. Malgrado ciò la classe operaia non riesce a migliorare sensibilmente la sua quota di appropriazione del reddito nazionale, è costretta a subire nuove, più raffinate e più pesanti forme di sfruttamento nelle fabbriche, e la sua autonomia sociale e politica è ogni giorno più violentata dal capitale con le più perfezionate forme di pressione psicologica. Di fatto la classe operaia oggi, nonostante la partecipazione dei socialisti al governo, ha molto meno potere di quanto ne avesse nell’immediato dopoguerra.

(..)

Proprio qui nel nostro Paese le possibilità di sviluppare le battaglie per il socialismo, verso il naturale sbocco rivoluzionario, sono maggiori e più vicine che in qualsiasi altro paese occidentale. Proprio qui le condizioni obiettive, che sempre in ultima analisi determinano la possibilità degli sviluppi politici, sono tali da aprire al proletariato la possibilità di assolvere un ruolo non secondario nel quadro delle lotte del movimento comunista internazionale.

 

2-     MARXISMO-LENINISMO E REVISIONISMO

(..)

Alle critiche dei marxisti-leninisti, i revisionisti non hanno avuto validi argomenti per rispondere. Essi hanno solo cercato, a partire dall’VIII Congresso del PCI, di confondere le idee dando una interpretazione del tutto deformata della questione delle “vie nazionali” al socialismo.

(..)

La rinuncia al marxismo-leninismo come unica ideologia dei membri del partito della classe operaia, è stata riconosciuta nello statuto del partito coll’ammettere come membri elementi di ogni tendenza ideologica e con l’abbandono di ogni lotta contro le ideologie antimarxiste all’interno del partito. Oggi perciò le più sfacciate posizioni revisioniste sono affermate ed imposte senza possibilità di critica. I dirigenti revisionisti del PCI non hanno neppure saputo iniziare una battaglia ideologica contro il deleterio revisionismo di sinistra dei trotzkisti, verso il quale, negli ultimi anni, una aliquota crescente di giovani e di operai si è lasciata attrarre a seguito dell’abbandono della via della rivoluzione da parte dei revisionisti di destra del PCI. Questi ultimi hanno anzi di fatto collaborato e continuano a collaborare in varie istanze con i trotzkisti nella lotta contro i marxisti-leninisti ed hanno persino concesso ai trotzkisti “entristi” di acquisire posizioni dirigenti anche in altre istanze del partito.

Queste deviazioni si sono riflesse, nelle file del PCI, nella estinzione dello studio dei classici del marxismo sia nei gruppi di studio delle cellule e delle sezioni, sia nelle scuole di partito. L’educazione ideologica e lo sviluppo del livello di coscienza politica dei membri del partito, non sono più considerati come compiti fondamentali della vita di partito. Singoli compagni che hanno preso iniziative per affermare apertamente i principi del marxismo-leninismo, criticare l’involuzione revisionista e diffondere i documenti dei partiti fratelli, sono stati oggetto di repressioni disciplinari fino all’espulsione dal partito. Le sedi del partito e delle organizzazioni culturali e di massa da esso promosse, sono state aperte come tribune per la propaganda di ideologie, anche le più estranee, contrarie alla classe operaia.

(..)

Dirigenti comunisti che non sanno più dare ai militanti i fondamenti chiari di pensiero per la loro azione politica, che non sanno più ispirare nel proletariato la convinzione e la certezza della conquista di una società nuova senza classi e senza sfruttatori, che minano l’unità ideologica in seno al movimento comunista internazionale, non sono più in grado di guidare la classe operaia e le masse a battaglie vittoriose anche nelle più favorevoli condizioni storiche che si possono presentare. Con le loro posizioni i dirigenti revisionisti del PCI, ponendosi contro i principii del marxismo-leninismo e fuori del movimento comunista internazionale, hanno completamente abdicato alla loro funzione storica di guida del proletariato italiano. (..)

 

3. STRATEGIA E TATTICA DEL RIFORMISMO

 

Parallelamente alle deviazioni ideologiche si è manifestata nel PCI una crescente incapacità di valutare la situazione e di tracciare correttamente le grandi linee di sviluppo delle lotte rivoluzionarie in Italia, nel quadro di quelle mondiali.

Sul piano interno, essendo state erroneamente sopravvalutate le capacità di stabilizzazione del mondo capitalista, scartata l’ineluttabilità di gravi e profonde crisi sociali e politiche anche all’interno del blocco occidentale e perdute di vista le debolezze del capitalismo nel nostro Paese, si è impostata una strategia riformista che ha privato la classe operaia italiana di ogni prospettiva rivoluzionaria e la sta giorno per giorno disarmando di fronte agli scontri parziali e generali con la classe al potere.

La vocazione riformista di una parte del gruppo dirigente del PCI con alla testa Togliatti, che aveva avuto modo di manifestarsi negli anni di profonda crisi politica e sociale del primo dopoguerra si è completamente dispiegata e definita nell’ultimo decennio di stabilizzazione capitalista e soprattutto dopo il XX Congresso del PCUS. (..)

Questa linea politica riformista non può essere accettata dal proletariato italiano. La nostra epoca è quella del passaggio dal capitalismo al socialismo sul piano mondiale, e compito dei rivoluzionari è quello di accelerare con ogni mezzo la vittoria del sistema socialista nel nostro e in tutti gli altri Paesi. La classe operaia, guidata dal partito leninista, può e deve acuire, attraverso la sua azione e le sue lotte, le contraddizioni e le conseguenti crisi politiche e sociali intrinseche al sistema capitalista, e determinare progressivamente l’avvento di condizioni obiettive che facilitino il loro sviluppo e la conquista di posizioni di forza fino alla battaglia decisiva della rivoluzione socialista vittoriosa.

Come sul piano interno va pertanto respinta l’utopistica e menzognera strategia riformista che ha prevalso nel PCI, fondata sul presupposto della possibilità di instaurare il socialismo mediante la conquista dello Stato borghese dal di dentro, per via parlamentare e nel rispetto della legalità borghese; così sul piano internazionale va respinta la strategia fondata nel presupposto della possibilità della conquista dell’indipendenza e della libertà da parte dei Paesi soggetti, attraverso le organizzazioni internazionali create dall’imperialismo.

Fino ad oggi l’esperienza storica ha dimostrato che senza dure lotte, che hanno sempre portato a scontri più o meno violenti fino allo scontro armato, non è mai stato possibile per il proletariato conquistare il potere ed instaurare il socialismo. Perciò tutte le illusioni riformiste di un democratico e pacifico sviluppo della società, nei vari Paesi ed anche in Italia, verso il socialismo devono essere combattute a fondo. Esse non sono il frutto di una “originale e creativa” elaborazione del marxismo-leninismo, ma di una deviazione dalle sue vie maestre.

 

4. LA CONCEZIONE DEL PARTITO E LE MASSE

  (…)

Al concetto del partito marxista – leninista di avanguardia proletaria dotata di alta consapevolezza politica e delle più alte doti di carattere, e devota alla causa anche nelle prove più dure, si è sostituito quello di un partito la appartenenza al quale non è più condizionata da nessun rigoroso requisito di classe, di ideologia, di carattere e di fedeltà. Il Partito è stato trasformato in una macchina amministrativa-elettorale sempre più simile al modello dei maggiori partiti socialdemocratici e del Partito Laburista inglese.  (…)

 Il reclutamento dei nuovi tesserati viene oggi di fatto realizzato fra gli strati più oscillanti della società italiana (piccola borghesia di città e di campagna) anziché tra le forze più rivoluzionarie della classe operaia. Molti dei più eroici combattenti della lotta antifascista, della guerra di Spagna, della resistenza partigiana, delle battaglie politiche e sindacali del dopoguerra, sono stati di proposito allontanati dai posti di maggiore responsabilità e sostituiti da giovani piccolo-borghesi , legati a questa od a quella personalità, sovente carrierista o comunque non sufficientemente provati nelle lotte più dure. La partecipazione di un gran numero di dirigenti in posizione minoritaria alle istituzioni borghesi ha creato, in questo clima, le condizioni per il loro distacco dalla classe operaia e sovente per la loro corruzione.

Il principio del centralismo democratico è stato sostituito da un paternalismo burocratico nel quale da una parte la democrazia interna di partito ed il dibattito ideologico e  politico interno sono stati completamente soffocati, e dall’altra la disciplina di partito è stata del tutto allentata. L’equivoco, il compromesso e l’irresponsabilità si sono sostituiti alla chiarezza, alla decisione, alla responsabilità. L’attivismo per il reclutamento indiscriminato, per la diffusione commerciale della stampa di partito, per la propaganda e le formalità elettorali, è diventato l’ossessione dominante della vita di partito. Nel partito di massa di tipo nuovo le ideologie, la mentalità, il costume inculcati da secoli di dominio borghese e clericale nelle masse, hanno avuto il sopravvento sulla ideologia, la mentalità ed il costume comunista. Nei rapporti tra partito e masse i revisionisti italiani hanno trasformato la politica leninista delle alleanze in una politica di progressiva abdicazione ai propri principii ed alle proprie posizioni di fronte ai veri e presunti loro alleati.

(….)

La lotta per l’affermazione delle tesi leniniste sul partito, la cui applicazione sola ha permesso il trionfo della rivoluzione socialista in un certo numero di paesi, è oggi, insieme alle battaglie per una ideologia ed una strategia e tattica marxista –leninista , un compito urgente dei rivoluzionari italiani. Essa deve portare alla ricostituzione del reparto d’avanguardia della classe operaia italiana, capace, per la selezione di classe dei suoi membri, per la loro tempra ideologica, politica e morale, per la loro dedizione incondizionata alla causa del proletariato, per l’applicazione di un centralismo democratico autenticamente leninista e per una vita di partito militante in ogni campo, di portare la classe operaia, i contadini e tutto il popolo italiano alla rivoluzione ed al socialismo. Requisiti essenziali per l’appartenenza al partito leninista dovranno essere:  primo l’accettazione da parte degli iscritti dei principi fondamentali del marxismo – leninismo e cioè il riconoscimento della inevitabilità della lotta di classe, della dittatura del proletariato e l’adesione piena all’internazionalismo proletario; secondo, l’iniziativa ed il lavoro rivoluzionario per la attuazione conseguente dei principi stessi. Il principio del centralismo democratico dovrà trovare applicazione e garanzia mediante una lotta incessante contro le manifestazioni burocratiche, con una giusta politica di quadri, ed attraverso il potere di iniziativa e di controllo da parte delle organizzazioni periferiche. Nell’individuare e nel consolidare le alleanze della classe operaia, il nuovo partito dovrà cercare la soluzione corretta dei seguenti problemi, la cui errata impostazione ha costituito la manifestazione principale degli errori e della degenerazione opportunistica del P.C.I.

(….)

Il nuovo partito marxista leninista della classe operaia italiana dovrà smantellare totalmente la tattica rinunciataria teorizzata ed attuata nei confronti delle organizzazioni di massa dei lavoratori, dei giovani, dei partigiani, delle donne, ecc.. I comunisti marxisti-leninisti dovranno battersi per conquistare la più larga influenza in tutte le organizzazioni di massa e per affermarvi le proprie posizioni politiche, introducendovi instancabilmente i temi, le iniziative e le parole d’ordine anticapitalistiche ed antimperialistiche. Ciò vale in modo particolare per i sindacati. In nessun caso l’unità d’azione sindacale, necessaria ed auspicabile, dovrà essere pagata al prezzo altissimo, ed alla lunga rovinoso, della rinuncia allo smascheramento dei dirigenti sindacali di qualsiasi corrente subordinati ai padroni, al governo borghese, alla Chiesa cattolica ed alle centrali sindacali internazionali asservite alla borghesia imperialistica.

 

(…) Il partito marxista leninista dovrà respingere ogni forma di pacifismo borghese, tendente a perpetuare l’oppressione e l’ingiustizia, e dovrà proporre alle masse non la neutralità ma l’attiva solidarietà  con i paesi socialisti e con i popoli appressi, nel quadro di un operante internazionalismo proletario.

 

5. LA LOTTA PER IL MARXISMO-LENINISMO

(..) Oggi appare chiaro che una fase della storia della classe operaia italiana sta per finire, ed una nuova si sta aprendo. La questione che si pone è se dovremo assistere ad una fase storica in cui il PCI, sotto la direzione di Togliatti, Longo, Paletta, Amendola ed altri dirigenti revisionisti, si trasformerà definitivamente in un elefantiaco partito socialdemocratico, che si troverebbe nuovamente impotente, come dopo la prima guerra mondiale, a resistere al fascismo ed alla reazione aperta, oppure se i comunisti italiani saranno capaci di ricostituire il loro partito, che sia in grado con la sua ideologia, con la sua politica e con la sua organizzazione di rialzare la bandiera della rivoluzione e di guidare le masse alla vittoria negli anni di crisi che si prospettano. Questa è la scelta davanti alla quale oggi si trovano i comunisti italiani e la maggioranza del proletariato che li ha seguiti. Di fronte a questa scelta nessuna esitazione è possibile. I marxisti-leninisti sono oggi chiamati ad assolvere il compito storico di unirsi sul piano nazionale in un grande movimento per la costruzione del partito marxista-leninista della classe operaia italiana.

(..)

In ogni località e sul piano nazionale la direzione provvisoria del movimento dovrà essere assicurata nelle mani di marxisti-leninisti che hanno dato prova del loro impegno con le loro posizioni ideologiche e soprattutto con la loro azione politica e organizzativa, di agitazione e di propaganda, e che sono indiscutibilmente al di fuori del controllo e delle pressioni dei dirigenti revisionisti. La esperienza storica ci insegna che nessun capo politico, anche della classe operaia, che abbia imboccato una volta la strada della capitolazione, è mai tornato indietro. Per questo, se siamo certi che alcuni compagni dirigenti del PCI non verranno meno alle loro responsabilità, siamo altrettanto convinti che nel suo insieme il gruppo dirigente del PCI non rivedrà mai spontaneamente le sue posizioni. Questa è la ragione per cui il nuovo partito che dovrà sorgere dal movimento non potrà fare a meno non solo di assumere una ideologia e di impostare una strategia ed una tattica nuova marxista-leninista, ma anche di creare un nuovo corpo di quadri marxisti-leninisti. (..)

I marxisti-leninisti sono consapevoli che nell’attuale situazione del nostro Paese la lotta politica per il trionfo delle loro posizioni sarà complessa, difficile e di non breve durata. Se l’indirizzo revisionista e riformista del gruppo dirigente del PCI rallegra i nemici di classe, l’indirizzo dei marxisti-leninisti li preoccupa gravemente. Inoltre è già stato provato che certi dirigenti revisionisti, per difendere le loro posizioni ed il loro prestigio, non hanno avuto scrupolo di servirsi di ogni mezzo: dalle blandizie, alle denigrazioni, alle minacce. Ma se tutto ciò da una parte creerà delle difficoltà, dall’altra costituirà la più solida garanzia che il nuovo partito marxista-leninista che sorgerà dall’attuale movimento sarà il risultato non di manovre al vertice di politicanti opportunisti, ma di ineluttabile necessità storica, della maturazione di profonde convinzioni, dell’esperienza delle lotte politiche e di classe in tutti i settori, di opera di costruzione dalle fondamenta. Questa è la strada che hanno percorso i partiti che hanno saputo guidare i lavoratori alla rivoluzione ed alla conquista del potere, ed i marxisti-leninisti italiani sono decisi a seguirli fino in fondo.

Uniamoci compagni di tutta Italia in un grande Movimento nazionale sotto la vittoriosa bandiera del marxismo-leninismo!

-         Per la costituzione del nuovo Partito rivoluzionario della classe operaia italiana!

-         Per trasformare le lotte di classe nelle fabbriche e nelle campagne in lotte per il potere!

-         Per combattere a fondo contro la truffa del centro-sinistra e contro il potere di ogni governo reazionario!

-         Per indirizzare la lotta per la pace contro l’imperialismo aggressore capeggiato dagli Stati Uniti d’America!

 

 

Da Nuova Unità, anno 1 nr.1, marzo 1964

 



La piattaforma del '64 sarà integralmente ripubblicata dalla Nuova Editrice Oriente 

 

ritorna al Materiale documentario-Linea Rossa