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TORNARE ALLA COSTITUZIONE PER SUPERARE IL BERLUSCONISMO E RIPRISTINARE LA DEMOCRAZIA

  Intervista ad Oliviero Diliberto

----- a cura di Gianni Montesano -----

 

Bisogna tornare alla Costituzione, al rispetto delle regole come fondamento della democrazia, per avviare un percorso di uscita dal berlusconismo con il suo strascico di corruzione morale e materiale e il degrado della vita pubblica. In questo contesto occorre lavorare su tre livelli: una grande alleanza democratica, una sorta di CLN contro questa destra autoritaria e populista; la federazione della sinistra come progetto politico e, infine ma fondamentale, il rafforzamento del Pdci. Su questi temi e su una ricognizione delle modalità con cui la federazione si presenta alle prossime regionali si sofferma in questa intervista il segretario dei Comunisti italiani Oliviero Diliberto, iniziando, però, da una questione dolorosa: la sospensione delle attività de La Rinascita, il settimanale del partito.

D – Iniziamo con un tema che ci sta a cuore, La Rinascita della sinistra sospende le pubblicazioni dopo la decisione di Tremonti di erogare solo i fondi per il 2009.

R - Io mi auguro che possa essere ripristinato il diritto soggettivo nel corso di quest’anno. Fino a quando non vi è la certezza dei fondi non possiamo proseguire nell’attività editoriale che è andata avanti sino adesso grazie al finanziamento pubblico. Ne approfitto per ringraziare davvero di cuore tutte le compagne i compagni che hanno lavorato nel giornale, d’altronde non disponendo nemmeno più del finanziamento per il partito dobbiamo procedere, contro la nostra volontà, a provvedimenti di risparmio molto pesanti proprio per consentire al partito di proseguire la sua opera.

D – il problema informazione è complesso; non si è mai vista una campagna elettorale senza spazi di approfondimento in Rai.

R .- lo stato dell’informazione e della comunicazione è a livello comatoso. La programmazione televisiva ha solo lo scopo di rendere ottusi e incoscienti i nostri concittadini. Basta vedere i programmi del pomeriggio, quelli dedicati ad un pubblico che ha meno strumenti critici, ebbene quei programmi rappresentano il trionfo di una Italia che non esiste. Un mondo dove vale solo il successo individuale, e tutto è collegato soltanto all’apparire.

L’informazione politica è stata cancellata. Per non parlare dei telegiornali dove semplicemente non ci sono più le notizie. Una manipolazione sistematica, con un paradosso doppio per noi. L’informazione complessiva è in questo stato, ma anche in quelle trasmissioni con una maggiore connotazione democratica noi siamo stati ugualmente esclusi, una doppia censura nei nostri confronti. Ciò è dovuto alla necessità di far trionfare il pensiero unico del capitalismo. Non mi sogno di dire che tra centrodestra e centrosinistra non ci sono differenze, mai detto e mai dirò che sono pari, ma dal punto di vista degli assetti di mercato e della politica estera, penso all’Afganistan, c’è l’esigenza diffusa di oscurare una forza come la nostra.

D – A proposito di informazione, è passata quasi sotto traccia l'attacco violentissimo sull’art.18, un colpo al cuore per i diritti dei lavoratori.

R – In questo caso anche la stampa democratica è stata molto poco vigile, eppure il provvedimento è in discussione da tempo, è una norma che fa comodo a tutti i padroni, e non solo a quelli di destra. Il colpo finale al principio di tutela del lavoro. Finito il contratto nazionale, finito il tempo indeterminato, adesso si punta alla libertà di licenziamento.

La federazione della sinistra ha lanciato una campagna di mobilitazione, auspico che aderiscano anche altre forze politiche e soprattutto che la CGIL faccia sino in fondo la sua parte perché questo è un provvedimento micidiale per i lavoratori.

D – Torniamo al clima complessivo di questi giorni. Un’ondata di scandali senza precedenti, il caos sulle liste. Insomma ancora una volta la questione morale è all’ordine del giorno.

R - L’impressione ormai è che il criterio fondamentale sia la normalità della illegalità. C’è una corruzione talmente ramificata e talmente estesa che si fa fatica a dire “è uno scandalo” perché credo sia un sistema in piena regola. Quindici anni di berlusconismo hanno completamente delegittimato l'idea che il diritto vada rispettato. Anche la vicenda delle liste elettorali è indicativa. Quando il presidente del Senato dice che sulle liste (i casi Lazio e Lombardia) occorre guardare alla sostanza e non alla forma, dice che le regole sono un optional; è un dato enorme, è il segno che è inutile mettere le regole: se uno ha la legittimazione popolare può fare ogni cosa. E ‘ il pensiero autoriatrio di Berlusconi: non fa i processi perché ha il consenso; il Pdl non raccoglie le firme perché ha i voti, si ha l’impressione non di vivere in Europa, culla del diritto e della cultura, ma in un paese del Sudamerica degli anni settanta; non quelli di oggi dove, invece, le sinistre vincono le elezioni.

Inoltre nel PdL c'è uno scontro violentissimo che, non si può escludere, potrebbe portare alla fine anticipata della legislatura e al tentativo di Berlusconi di impedire che i poteri forti trovino una nuova leadership di destra che sia più presentabile, ma questo dipende molto da come saranno i risultati delle elezioni regionali.

D – Veniamo alle elezioni regionali. Il quadro con cui la federazione della sinistra si presenta al voto è a dir poco frastagliato. Abbiamo in alcune regioni il centrosinistra classico, in altre allargato all’Udc, in altre ancora corriamo da soli, o per scelta o per esclusione.

R – Abbiamo scelto di allearci con il centrosinistra là dove ci fossero le condizioni per battere le destre e, dove possibile, abbiamo siglato patti di governo. In alcune regioni il patto di governo non è stato realizzabile, penso al Piemonte, ma penso soprattutto al Lazio dove valuto tutt'ora una scelta sbagliata quella di Emma Bonino, ma la federazione ha scelto di appoggiarla. La linea è chiara: si fanno accordi larghi per la democrazia e si siglano intese per il governo dei territori dove vi sono le condizioni di praticabilità. Vi sono poi alcune regioni dove ci presentiamo da soli. In alcuni casi in base ad una pregiudiziale ideologica anticomunista. Nel caso di Penati in Lombardia è un atto di follia, una scelta non giustificata dall’accordo con l’Udc. Trovo scandaloso che in Lombardia una forza come Sinistra e Libertà abbia accettato la pregiudiziale anticomunista. Nelle Marche la nostra esclusione è gravissima, abbiamo governato per anni con il centrosinistra e ci hanno messo fuori perché l’Udc ha posto la condizione: o noi o loro. E il PD ha preferito Casini invece che noi in un contesto dove non si rischiava certo di perdere e dove la federazione non aveva posto veti sull’Udc. Segnalo che nelle Marche SeL ha scelto coerentemente di stare con noi in una coalizione tutta di sinistra.

Poi c’è il caso Campania dove abbiamo deciso noi di non partecipare all'alleanza. La logica di CLN contro Berlusconi in quel caso non funziona. Il candidato De Luca ha affermato in tutti i modi che lui incarna i migliori valori della destra. Sono due destre che si confrontano. Non potevamo starci. Anche lì la cosa bizzarra è la scelta di SeL di appoggiare un uomo di destra. In Campania corriamo da soli e cerchiamo di catalizzare l’insoddisfazione di tantissimi elettori di centrosinistra che hanno manifestato l’esigenza di avere pulizia. Noto che Di Pietro appoggia De Luca, in barba ai suoi proclami sulla necessità di tenere lontani gli inquisiti dalle liste. La questione, dal mio punto di vista, non è il rinvio a giudizio di De Luca visto che fino a che non è condannato è innocente, ma che De Luca si dichiara di destra, ha dato il manganello ai vigili urbani di Salerno (città di cui è sindaco) contro gli immigrati. Insomma è politicamente inaccettabile.

D – Nella definizione delle alleanze sembra che ogni territorio sia andato per conto proprio. Tensioni e asprezze dentro il PD, localismi e personalismi.

R – è la diagnosi che abbiamo fatto nell’ultima riunione di direzione. Sembra la fine dei partiti nazionali così come li abbiamo conosciuti sino ad oggi.

Il particolarismo e il localismo sono entrati anche nella testa della sinistra. Non parliamo del PD che è una specie di confederazione dove le guerre interne provocano danni incalcolabili, che non ricadono solo sul PD ma su tutto lo schieramento di centrosinistra. Noi non siamo immuni. E quando dico noi intendo la Federazione e anche il nostro partito.

Come Comunisti italiani reggiamo più di altri per la struttura del partito e per la sua caratteristica comunista tradizionale, ma non c’è dubbio che le spinte locali sono presenti anche al nostro interno. Tutto ciò è anche la conseguenza della regionalizzazione. Questa idea dei governatori che a me ha sempre dato molto fastidio.

D – nell’ultima direzione hai parlato di una prospettiva di lavoro del Pdci su tre cerchi concentrici: la grande alleanza per la democrazia, la federazione della sinistra e il partito. Vogliamo approfondire questo punto?

R – Sono convinto che alla luce della crisi economica, della crisi istituzionale, della crisi morale e di legalità che sta scuotendo l’Italia si debba tornare alla Costituzione, bisogna tornare alle regole, tornare al rispetto per le persone e per i loro diritti individuali e collettivi, che sono le cose elementari di una democrazia. Per fare questo e per mettere fine al capitolo del berlusconismo abbiamo più volte affermato che siamo disponibili a partecipare ad una sorta di CLN con chi ci sta. Tale ipotesi non prevede un accordo di governo. Lo abbiamo già sperimentato sulla nostra pelle, tanto più oggi con rapporti di forza meno felici rispetto al governo Prodi quando, in una diversa situazione, non siamo riusciti a condizionare il governo per ottenere risultati tangibili per la nostra gente. Questo livello di azione politica prevede quindi un accordo per la democrazia e per le regole.

Poi c’è la federazione. Noi abbiamo proposto la costruzione di un unico grande partito comunista e della sinistra ma non è stato possibile. Abbiamo oggi il livello federativo a cui bisogna lavorare con grande energia, anche perché se alle ultime elezioni europee abbiamo preso il 3.4% dobbiamo avere la consapevolezza che o stiamo insieme o scompariamo, a maggior ragione con leggi elettorali che hanno sbarramenti sempre più alti. Certo vedo un processo molto farraginoso nel funzionamento della federazione e vedo con preoccupazione una tempistica tropo dilazionata nel tempo, ma noi continueremo su questa strada.

Infine il terzo livello. Siccome parliamo, appunto, di federazione e non di partito unico, dobbiamo continuare a costruire e rafforzare il Pdci. I segnali, per quanto la cosa possa apparire in controtendenza, sono incoraggianti. Sui territori vedo una grande presenza di giovani. Il nostro partito ha avuto una media del 25% di tessere giovanili, ma è un fenomeno in crescita ed entusiasmante, nelle iniziative di partito vi sono tante facce nuove, tanti giovani che hanno voglia di impegnarsi in politica e che rappresentano una bella iniezione di fiducia. L’ho detto nelle due assemblee della federazione, quella di luglio e quella di dicembre: ritengo sia indispensabile un forte rinnovamento dei gruppi dirigenti della sinistra. Ben vengano i giovani, dunque, perché c’è bisogno di intelligenze che non siano rivolte al passato ma che guardino al futuro.

Da: Organizzazione PDCI [mailto:organizzazione@comunisti-italiani.org]
Inviato: venerdì 5 marzo 2010 14.13