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 'GRACCO' O DELLA RESISTENZA COMUNISTA COME AMOR DI PATRIA

 

Recensione di "E' ancora Resistenza" a due anni dalla morte di Angiolo Gracci

 

----- Ferdinando Dubla -----

 

Il testo curato da Nuova Unità sceglie alcuni temi che hanno contraddistinto l’impegno politico di ‘Gracco’, in particolare negli ultimi anni. Gli interventi, infatti, sono divisi in capitoletti: antimperialismo e antifascismo, contro la repressione, per la difesa della Costituzione, stragismo, sul partito e sulla storia dei comunisti. Sono, come si vede, di una stringente attualità, anche quando affrontano nodi storici come Portella delle Ginestre e Piazza Fontana. C’è però, sullo sfondo, un filo comune alla riflessione di Angiolo Gracci che attraversa l’intera sua personalità e dunque il suo operato: solo il processo rivoluzionario invererà  il moto risorgimentale e renderà compiuti i compiti della guerra partigiana di liberazione. Credo sia evidente, da questi scritti, la lettura gramsciana degli avvenimenti che Angiolo ha sempre operato nei fatti, lontano dall’imbalsamazione accademica che alcuni tentano fingendo di innalzare la figura di Gramsci oltre il suo proprio orizzonte comunista, in verità fuori dalle sue effettive radici di classe. E insieme a Gramsci, Gracci considerava maestro di vita e di ideali Pietro Secchia, di cui (vedi il suo intervento al Convegno di Carrara del 2002, a cui fummo invitati congiuntamente) ammirava la fermezza nei principi coniugata con il pragmatismo organizzativo del fare che solo sostanzia la coerenza ideologica.

La lettura in successione di questi interventi di Gracci sono anche vere e proprie lezioni rivolte, più che a anziani militanti come lui, alle nuove generazioni:

-        non è possibile disgiungere l’antifascismo dall’antimperialismo;

-        le classi dominanti borghesi tradiscono esse stesse gli ideali illuministi e lo jus derivante formalmente da questi (vedi il caso di Silvia Baraldini), quando sono in gioco i corposi interessi materiali e i privilegi di classe;

-        lo spirito resistenziale vive nella Costituzione, possibile strumento di emancipazione delle classi subalterne (dunque non solo, come la lettura togliattiana, risultato della sintesi politico-ideale delle varie anime della Resistenza, ma la più efficace arma di lotta attiva contro l’imperialismo e i diritti delle masse lavoratrici);

-        l’eversione delle classi dominanti è storicamente la causa dei peggiori delitti contro il popolo italiano;

-        bisogna con lena tessere la trama per la rifondazione del partito comunista di quadri e di massa, che con coraggio faccia i conti con le insufficienze del passato e che con altrettanto coraggio si apra alle nuove sfide della modernità.  Questa rifondazione è urgente, ma se si vogliono salvaguardare i principi e farli vivere nel tumulto contemporaneo seguito alla caduta del socialismo nell’Unione Sovietica, non può essere vittima degli stessi errori del passato. Un solo esempio: il centralismo democratico è stato sostituito da un leaderismo esasperato e una personalizzazione della politica che sono contrari a ogni prassi realmente comunista. Ma quanta interpretazione in questo senso, storicamente, è stata data allo stesso centralismo democratico, causa di storture nel rapporto dirigenti-diretti? Proprio la lezione di Secchia, come quella di Mao, da questo punto di vista, va recuperata in pieno: la lotta di classe attraversa anche le organizzazioni proletarie, ma queste non possono chiudersi nell’autoreferenzialità e nel ghetto dell’isolamento dalla realtà esterna della lotta sociale. In parole povere, bisogna fare sempre i conti con le asperità del presente, non adeguandole ai disegni teoretici delle perfette architetture dell’ideale astratto.

 

E c’è poi l’altro tema caratteristico della biografia di ‘Gracco’, che più volte mi è capitato di discutere direttamente con lui (in riferimento alla questione meridionale come questione nazionale irrisolta): quello dell’amor di patria. Gracci era convintissimo che la cultura nazionalistica e fascistoide della destra nascondesse un vuoto della sinistra su questa questione. Il paradosso storico è che la sovranità del nostro paese è stata salvaguardata proprio dal movimento partigiano d’avanguardia; la destra l’aveva ceduta alla bestia hitleriana, i moderati all’alleato anglo-americano. E le classi dirigenti continuano a vendere le stesse indipendenza e dignità nazionale con l’occupazione delle basi militari USA e NATO sul nostro territorio. Di quale amor di patria, dunque, va cianciando la destra? Una bolsa e vuota retorica di parole che nei fatti nasconde un vero e proprio tradimento. Ma anche la sinistra, su questo, ha delle reticenze. Non della sinistra borghese si tratta, che anzi sposa l’ottica moderata delle compatibilità della realpolitik, ma della sinistra rivoluzionaria che, definendosi internazionalista, non comprende che l’amore per il proprio popolo e i suoi destini (questo è l’«amor di patria» per ‘Gracco’)è il primo, ma necessario passo, per guardare al mondo intero e sperare di vincere contro l’imperialismo. E su questo ‘Gracco’ indica l’esempio della lotta del martoriato popolo palestinese.

Ecco perché leggendo queste pagine molti gauchistes continueranno a irridere lo stile risorgimentale della prosa di Angiolo, continuando a non comprendere, invece, una delle più profonde lezioni della nostra Resistenza:

“Indipendenza, sovranità e libertà del proprio Paese precedono e condizionano ogni altro bene collettivo e individuale, così come dignità e fierezza nazionali non sono necessariamente attributi di comportamenti e velleità imperialiste, né, tantomeno, sinonimo automatico ed esclusivo di fascismo.” (commemorazione dell’eccidio di Malga Zonta, pag.23)

 

 

Angiolo Gracci: E’ ancora Resistenza –

raccolta di alcuni interventi del compagno Angiolo Gracci -“Gracco”,

a cura di Nuova Unità

ed. Antinebbia, € 8

 

 

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